Tonno e merluzzo sempre più contaminati da mercurio a causa del riscaldamento globale

Gli oceani sono sempre più caldi e l'aumento di temperatura incide sui livelli di mercurio presente nei pesci di cui l'uomo si nutre

Le attività umane hanno triplicato i livelli di mercurio negli oceani dalla Rivoluzione industriale a oggi e i pesci di cui l’uomo si nutre sono sempre più contaminati da metilmercurio, composto neurotossico.

Circa l’80% del mercurio inorganico emesso nell’atmosfera da fonti naturali e umane viene depositato nell’oceano, dove alcuni microrganismi lo convertono in metilmercurio, una forma organica di mercurio.

Una recente ricerca ha analizzato i livelli di metilmercurio nelle acque del Golfo del Maine nell’Oceano Atlantico e nei pesci che fanno parte della nostra dieta, tra cui merluzzo, tonno rosso e pesce spada.

I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti negli ultimi 30 anni e studiato il contenuto dello stomaco dei grandi predatori marini scoprendo che sono i pesci più grandi ad accumulare quantità maggiori di metilmercurio.

Questo dipende da diversi fattori. In primo luogo, è noto che il metilmercurio si accumula lungo la catena alimentare, quindi nei pesci in cima alla catena si riscontrano concentrazioni maggiori di questo composto.

Il fatto di essere in cima alla catena alimentare non spiegava del tutto perché i livelli fossero così alti. In parte, la quantità di mercurio nell’organismo dei pesci dipende anche dalle dimensioni della loro bocca, poiché dimensioni maggiori della bocca si traducono nella possibilità di nutrirsi di prede più grandi, che hanno accumulato più metilmercurio. Ma anche questo non è sufficiente a spiegare concentrazioni così elevate di mercurio.

L’intuizione venne a una delle autrici dello studio, Amina Schartup, ispirandosi a una fonte improbabile: il nuotatore Michael Phelps.

“Stavo guardando le Olimpiadi e i commentatori televisivi parlavano di come Michael Phelps consumasse 12.000 calorie al giorno durante la competizione”, ha ricordato Schartup.
“Ho pensato che sono sei volte più calorie di quelle che consuma abitualmente un maschio medio. Se fossimo pesci, saremmo esposti a concentrazioni di metilmercurio sei volte maggiori”

Quindi un fattore determinante sull’accumulo di metilmercurio nei pesci sono le calorie bruciate dagli animali: pesci che nuotano più velocemente e per lunghe distanze non aumentano la loro massa corporea in modo da diluire la quantità di mercurio accumulato.

In questo, la temperatura dell’acqua gioca un ruolo importante, poiché il riscaldamento dell’acqua determina una maggiore spesa energetica usata dai pesci per nuotare e, di conseguenza, livelli più alti di mercurio nel loro corpo.

Le acque del Golfo del Maine hanno subito un rapido riscaldamento negli ultimi anni, portando a un aumento dei livelli di mercurio nel tonno rosso del 3,5% all’anno.

Sulla base dei dati a disposizione, i ricercatori prevedono che un un aumento di 1 grado centigrado della temperatura dell’acqua porterà a un aumento del 32% dei livelli di metilmercurio nel merluzzo e a un aumento fino al 70% del pesce cane.

Questi dati sono preoccupanti perché più di tre miliardi di persone nel mondo si nutrono di questi pesci, che rappresentano una fonte di esposizione al metilmercurio.
L’esposizione umana a questo composto è stata associata a deficit neurocognitivi a lungo termine nei bambini, effetti che persistono nell’età adulta.

È dunque fondamentale agire a tutela dell’ecosistema marino per diminuire la concentrazione di metilmercurio nelle acque e nei pesci.
Per farlo, dobbiamo ridurre l’uso di combustibili fossili e l’estrazione mineraria, le due principali attività che incidono sulla temperatura dell’acqua e sui livelli di mercurio nell’oceano.

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Tatiana Maselli

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