Consumo di suolo, ISPRA: in Italia perdiamo 8 mq di terreno al secondo

Ogni secondo l'Italia perde 8 mq di suolo. Solo negli ultimi 3 anni, ne abbiamo divorato altri 720 kmq, un'area pari alla somma dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo. È quanto emerge dal nuovo rapporto Ispra sul consumo di suolo, che ha esaminato l'avanzata del cemento per la prima volta con un Report che ne ha ricostruito l'andamento dal 1956 al 2012

Ogni secondo l’Italia perde 8 mq di suolo. Solo negli ultimi 3 anni, ne abbiamo divorato altri 720 kmq, un’area pari alla somma dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo. È quanto emerge dal nuovo rapporto Ispra sul consumo di suolo, che ha esaminato l’avanzata del cemento per la prima volta con un Report che ne ha ricostruito l’andamento dal 1956 al 2012.

Il 2012 è stato un anno particolarmente difficile. Si è passati da poco più di 21.000 kmq del 2009 ai quasi 22.000 del 2012. In percentuale è ormai perso irreversibilmente il 7,3% del nostro territorio.

Il consumo di suolo non accenna dunque a rallentare nonostante la crisi che ha frenato le costruzioni. In realtà, spiega l’Ispra, il consumo di suolo non è solo colpa dell’edilizia ma nel nostro paese si divora terreno anche per costruire infrastrutture, che insieme agli edifici ricoprono quasi l’80% del territorio artificiale (strade asfaltate e ferrovie 28% – strade sterrate e infrastrutture di trasporto secondarie 19%), seguite dalla presenza di edifici (30%) e di parcheggi, piazzali e aree di cantiere (14%).

L’immagine che segue mostra il suolo consumato a livello regionale negli anni ’50 e nel 2012.

suolo consumato 50 2014

Dove. Su base regionale, sono Lombardia e Veneto a detenere il primato negativo, con oltre il 10%, di copertura artificiale. Seguono Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia, tutte con una percentuale di suolo coperto di cemento che va tra l’8 e il 10%.

consumo suolo ispra2014

Su base comunale, le città più cementificate d’Italia rimangono Napoli (62,1%), Milano (61,7%), Torino (54,8%), Pescara (53,4%), Monza (48,6%), Bergamo (46,4) e Brescia (44,5).

Conseguenze. È ormai noto a tutti che il consumo di suolo ha conseguenze sui cambiamenti climatici ed è strettamente legato con le frane e le alluvioni che sempre più spesso si abbattono sul paese. Ma non solo. Ridurre il terreno agricolo ha conseguenze negative anche sull’acqua e sulla capacità di produzione agricola. Nel trienno dal 2009 al 2012, tenendo presente che un suolo pienamente funzionante immagazzina acqua fino a 3.750 tonnellate per ettaro – circa 400 mm di precipitazioni – a causa dell’impermeabilizzazione l’Italia ha perso una capacità di ritenzione pari a 270 milioni di tonnellate d’acqua che, non potendo infiltrarsi nel terreno, deve essere gestita. Con costi non solo ambientali ma anche economici, già quantificati.

Uno studio del Central Europe Programme ha stimato che per ogni ettaro di suolo consumato, occorre sborsare 6.500 euro solo per la parte relativa al mantenimento e la pulizia di canali e fognature. In questo modo, il costo della gestione dell’acqua non infiltrata in Italia dal 2009 al 2012, è stato stimato intorno ai 500 milioni di euro.

A danno anche della produzione agricola nazionale. Ipotizza l’Ispra che se i 70 ettari di suolo perso ogni giorno fossero coltivati esclusivamente a cereali, nel periodo 2009-2012 avremmo impedito la produzione di 450.000 tonnellate di cereali, con un costo di 90 milioni di euro ed un ulteriore aumento della dipendenza italiana dalle importazioni.

L’immagine che segue mostra invece quali sono le aree italiane, in particolare le città segnate in rosso, che hanno i più gravi problemi a causa dell’eccesso di impermeabilizzazione. Milano, Roma, Torino, Napoli quelle più evidenti:

tabella imperm consumo suolo

L’82 per cento dei Comuni italiani ha parte del territorio a rischio frane ed alluvioni anche a causa del consumo di suolo che con la cementificazione ha ridotto la capacità di ritenzione idrica dei terreni,” ha commentato Coldiretti. “Oggi in Italia 5 milioni di cittadini vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 comuni hanno parte del territorio ad elevato rischio di frana o alluvione, anche per la mancanza di una adeguata pianificazione territoriale. Su un territorio reso più fragile da consumo di suolo si abbattono i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire”.

Secondo l’associazione, inoltre, ogni giorno viene sottratta terra agricola pari a 400 campi da calcio (288 ettari), abbandonati o occupati dal cemento che non riesce ad assorbire la violenta caduta dell’acqua.

È ora di dire basta al consumo di suolo e di iniziare quella strada del cambiamento che si chiama rigenerazione urbana, un nuovo modo di concepire e tutelare il territorio, gli spazi urbani in chiave sostenibile puntando sulla riqualificazione edilizia, energetica e antisismica del patrimonio esistente. La prima scelta indispensabile da fare è quella di abolire la legge Obiettivo con il suo infinito elenco di strade e autostrade, perché le ‘grandi opere’ che servono all’Italia sono già nelle città e nella mobilità su ferro“, ha aggiunto Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente.

Per leggere il rapporto completo clicca qui

Francesca Mancuso

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