Gli allevamenti intensivi sono i maggiori responsabili della crisi ecologica che stiamo vivendo. Il report del WWF
Gli allevamenti intensivi sono i maggiori responsabili della crisi climatica che stiamo vivendo. Alla vigilia del Pre Summit Food, il WWF pubblica il report “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne” e lancia il monito: ‘bisogna mangiare di meno’.
Di tutti i sistemi umani che utilizzano a proprio beneficio le risorse naturali, il maggior responsabile della crisi ecologica è quello alimentare. Secondo il WWF, al primo posto c’è la filiera della carne soprattutto perché da soli, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, utilizzano circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi.
Gli animali commerciati o allevati insostenibilmente sono, inoltre, pericolose fonti di malattie zoonotiche, gravi minacce per il Pianeta e per la nostra stessa specie. Il report che si inserisce appunto all’interno della campagna Food4Future per ridurre drasticamente il consumo di carne e chiedere maggiore trasparenza di etichette e maggiori regole per allevamenti integrati nel ciclo biologico naturale, mostra dati ben precisi. Vediamo nel dettaglio.
Il Pianeta è in continua evoluzione, tanto che negli ultimi 50 anni i consumi di carne hanno subito un netto incremento a livello globale.
“Oggi nel mondo il 70% della biomassa di uccelli è composto da pollame destinato all’alimentazione umana. Solo il 30% sono invece uccelli selvatici. Ogni anno vengono macellati a scopo alimentare 50 miliardi di polli, di cui circa il 70% allevati in maniera intensiva. Tra i mammiferi, le proporzioni sono ancora più impressionanti: il 60% del peso dei mammiferi sul Pianeta è costituito da bovini e suini da allevamento, il 36% da umani e appena il 4% da mammiferi selvatici”, si legge nel report.
Che significa questo? Per essere più chiari che oggi la quantità di carne prodotta è quasi cinque volte maggiore di quella dei primi anni ‘60: in media nel mondo oggi si consumano 34,5 kg di carne a testa l’anno, ma con grandi differenze tra i Paesi. In Italia il consumo medio è di quasi 80 kg a testa quando 60 anni fa, erano appena 21 kg.
“La nostra stessa sopravvivenza su questo Pianeta ci pone oggi l’obbligo – prima che sia troppo tardi – di ripensare il nostro sistema alimentare globale a partire dagli allevamenti intensivi. Oggi se vogliamo dare un futuro al Pianeta non basta più pensare ad abbattere le emissioni di CO2 dobbiamo ridurre le “emissioni” del sistema food che sono deforestazione, perdita di biodiversità, inquinamento e distruzione di ecosistemi”, spiega Isabella Pratesi, direttore Conservazione di WWF Italia.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, li documentiamo ogni giorno. C’è la questione ambientale e quella legata alla salute umane. La maggior parte delle malattie infettive, secondo WWF, sarebbe trasmessa dagli animali. C’è poi, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, i cambiamenti climatici, la distruzione di habitat prioritari, tra cui le foreste e le savane per fare posto a pascoli e monocolture destinate a produrre mangimi animali, l’alterazione dei cicli bio-geochimici, la resistenza agli antibiotici: sono tutti fenomeni che dimostrano concretamente a che livello di insostenibilità sia giunto l’attuale sistema zootecnico.
“È un dato di fatto che oltre il 50% degli antibiotici utilizzati globalmente è destinato all’allevamento animale e al settore veterinario, rappresentando un fattore di rischio per la selezione e diffusione di batteri resistenti. Oggi, in Europa 1/3 delle infezioni è causato da batteri resistenti agli antibiotici . Purtroppo, il nostro Paese detiene il triste primato nel contesto europeo, della mortalità per antibiotico-resistenza con il 30% dei decessi totali dovuti a batteri resistenti”, si legge ancora nel report.
Un altro notevole impatto degli allevamenti è quello sul cambiamento climatico. Nel comparto agricolo, tra i maggiori responsabili della produzione di gas serra ci sono gli allevamenti intensivi che generano il 14,5% delle emissioni totali. Le emissioni di azoto causate dagli allevamenti sono un terzo di quelle prodotte dall’uomo. A livello europeo, la produzione agricola è responsabile del 12% delle emissioni di gas serra: la maggior parte di queste emissioni – oltre il 60% – deriva dagli allevamenti, in particolare dal bestiame bovino. Inoltre, in Italia gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di inquinamento da polveri sottili, preceduti solo dal riscaldamento degli edifici.
La crescente domanda di carne e derivati animali degli ultimi decenni ha determinato anche l’espansione incontrollata delle colture per mangimi, influenzando tutto il sistema agricolo mondiale. Ogni anno, un miliardo e mezzo di tonnellate di mangimi, tra cui principalmente soia e mais, entra negli allevamenti intensivi di tutto il mondo. La soia ha avuto negli ultimi 20 anni un’esplosione produttiva che non ha precedenti nella storia dell’agricoltura ed è tra i maggiori responsabili della deforestazione planetaria.
Nel 2019, a livello globale, la produzione di carni (bovine, ovine, avicole e suine) è ammontata a 337 milioni di tonnellate, prodotte prevalentemente in sistemi intensivi. La carne suina rappresenta tipicamente oltre un terzo della produzione mondiale, il pollame il 39% e la carne bovina il 21%. L’Italia, con 23 milioni di capi allevati, è quarta in classifica in UE per numero complessivo di capi. Ogni 100 abitanti, ci sono circa 11 mucche, 14 maiali, 11 pecore e 1,75 capre. Nei Paesi sviluppati si consumano circa 70 kg pro-capite annui di carne contro i 27 kg dei Paesi in via di sviluppo. Non solo carne, negli ultimi 50 anni anche il consumo medio di latte è aumentato del 90% e quello delle uova del 340%.
“Serve attuare una transizione ecologica dei metodi di allevamento e delle pratiche agricole eliminando logiche rivolte al profitto che vedono sempre più animali allevati e prezzi sempre più bassi”, spiega Eva Alessi, responsabile Sostenibilità di WWF Italia.
Dal 26 al 28 luglio a Roma ci sarà il Pre-Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari, in cui si parlerà soprattutto di sostenibilità. “È necessario – chiosa il report -che l’UE e l’Italia elimino i sussidi agli allevamenti intensivi e sostengano aziende agricole che producono con metodi biologici e estensivi”.
Fonte: WWF
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