Neanche l'ombra di un accordo a Durban. Kyoto 2 brancola nel buio. Ma secondo il Ministro Clini occorre puntare sulla cooperazione internazionale. E intanto gli indignados ambientalisti scendono in piazza
E fu sera e fu mattina. Durban, terzo giorno di lavori in Sudafrica, ma poco ancora si è mosso verso un nuovo accordo vincolante che possa sostituire il Protocollo di Kyoto che, ricordiamo, scadrà nel 2012. Anzi. Il raggiungimento del cosiddetto Kyoto 2 sembra ancora parecchio lontano. Ma una cosa è appena stata decisa in quel di Durban: la sede della prossima Conferenza mondiale sul Clima, la Cop18, che si svolgerà in Qatar, dal 26 novembre al 7 dicembre 2012.
La scelta del luogo del prossimo summit sul clima è stata annunciata ieri, dopo aver ricevuto l’approvazione anche dei Paesi Asiatici. Perché il Qatar? Non a caso, si tratta del Paese che emette più CO2 pro-capite (53,4 tonnellate all’anno, tre volte quelle di un americano e 10 quelle di un cinese). Nel frattempo, i Paesi ALBA, ossia Venezuela, Cuba, Bolivia, Ecuador, Honduras, Nicaragua, Dominica, Saint Vincent e Grenadine, Antigua e Barbuda, hanno mostrato la loro preoccupazione riguardo alla mancanza di un dopo Kyoto e spingono per trovare alla svelta un nuovo accordo valido almeno fino al 2020, invitando però i Paesi sviluppati ad assumersi le proprie responsabilità riguardo alle maggiori emissioni del passato.
Ma la crisi che ha colpito anche i cosiddetti Paesi Ricchi sicuramente sarà un ulteriore freno. Così, risulta ormai chiaro che paesi come gli Stati Uniti, ma anche la Cina e India ormai divenute il primo e il quarto produttore mondiale di gas serra, dovranno sottoscrivere gli accordi che, si spera, verranno siglati a Durban, entro il prossimo weekend. Ne è convinta l’Europa, che ne ha fatto conditio sine qua non. Se tutti i Paesi non saranno vincolati dal nuovo accordo, anche l’Ue farà un passo indietro. Come dire, tutti per uno.
Inoltre, i delegati presenti a Durban dovranno anche interrogarsi e decidere sull’istituzione dell’ormai famoso Fondo verde per il clima, pari a 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere le economie emergenti. Neanche il secondo obiettivo sarà di facile raggiungimento.
A Durban infatti, il WWF, l’Oxfam, e l’International chamber of shipping (che rappresenta oltre l’80% della flotta mercantile mondiale) hanno proposto il taglio delle emissioni di gas serra derivanti dal traffico marittimo internazionale (pari al 3% del totale), chiedendo all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) una nuova regolamentazione attraverso incentivi e norme globali.
Anche il Ministro dell’ Ambiente Corrado Clini, si è pronunciato riguardo agli accordi di Durban ed in particolare sulla posizione della Cina che si sarebbe detta pronta ad assumere gli impegni con l’Italia per una visione comune. “Le relazioni bilaterali– ha detto Clini – potrebbero essere un nuovo modo di affrontare i negoziati. I cinesi sono interessati a un partenariato con l’Italiabasato sul tentativo di far convergere su aspetti settoriali un impegno comune“.
Inoltre, sottolinea Clini, la Cina ha già investito 50 miliardi di dollari all’anno in fonti alternative e guida la classifica mondiale, mentre gli Stati Uniti investono soltanto 17 miliardi l’anno: “Gli Usa a Copenaghen avevano preso l’impegno per la riduzione del 17% di CO2 rispetto al 2005” continua il Ministro dell’Ambiente, ma senza esito, così come fallimentare è stato anche “l’impegno finanziario del Fondo Verde“.
La ricetta proposta dal Ministro Clini passa dunque per “un partenariato tra economie sviluppate ed economie emergenti per un’economia globale ‘decarbonizzata’ basata su regole condivise, sulla cooperazione tecnologica, misure e incentivi globali a favore di energie e tecnologie a basso tenore di carbonio“.
“La domanda di energia – spiega Clini – cresce soprattutto nei paesi che stanno uscendo dal sottosviluppo (dalla Cina al Sudafrica, dall’India al Brasile, dal Messico all’Indonesia) e nessuno può chiedere a questi paesi di bloccare la propria crescita economica. D’altra parte l’aumento della domanda di energia può essere disgiunto dall’aumento delle emissioni sviluppando e usando fonti energetiche e tecnologie a basso contenuto di carbonio a cominciare dalle rinnovabili“.
E come tutti i grandi eventi, non poteva mancare a Durban un movimento di ribellione, stile indignados. Si chiama Occupy COP17 ed è un movimento sudafricano di protesta che a Durban è sceso in piazza dando vita ad assemblee pubbliche dove discutere sulle soluzioni per combattere il riscaldamento globale.
E la protesta degli indignati passa anche per il web, da Facebook e Twitter, così come sul web è stata lanciata la nuova campagna di ActionAid, che in occasione della Conferenza di Durban, ha sottolineato come i cambiamenti climatici potrebbero condannare alla fame altri 50 milioni di persone entro il 2020.
L’augurio è che la decisione possa essere presa entro il 9 dicembre, ultimo giorno di lavori in Sudafrica. In caso contrario, l’appuntamento è rinviato al 2012 in Qatar. Ma a quel punto, a prescindere da qualunque catastrofica profezia Maya, per il pianeta potrebbe essere già troppo tardi.
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