Conferenza di Copenhagen 2009: il giorno decisivo per salvare il clima

Ultimo giorno a Copenhagen: le speranze riposte su Obama e sulla nuova bozza redatta nella notte.

Si è lavorato tutta la notte a Copenhagen per cercare di non far naufragare un vertice che da più parti è considerato destinato al fallimento. Così, dopo le dichiarazioni di ieri del segretario di Stato Hillary Clinton che, a sorpresa, ha preceduto l’arrivo alla conferenza del presidente Barack Obama, atteso per oggi, con la quale ha garantito che gli Stati Uniti contribuiranno al fondo di aiuti per i Paesi poveri in via di sviluppo con 100 miliardi di dollari entro il 2020, a ridare fiato e speranze alla Conferenza sul clima, la nuova bozza d’accordo redatta nell’extra-vertice notturno che verrà presentato oggi a oltre 100 leader del mondo.

E in una corsa affannata contro il tempo che stringe, il “clima dell’ultimo giorno” si fa carico di aspettative. Si attende l’arrivo del neo premio Nobel per la pace e si confida in lui, ma, nonostante la bozza di documento redatta nella notte dagli sherpa che è già stata sottoposta all’esame degli esperti di clima di 26 diversi paesi e che verrà oggi vagliata dai “grandi del mondo”, lo spettro del “nulla di fatto” è dietro l’angolo.

Anche perché il documento che il premier danese Lars Loekke Rasmussen, succeduto in questi giorni a Connie Hedegaard, alla presidenza della conferenza ONU, metterà oggi sul tavolo delle trattative, secondo le anticipazioni delle fonti che hanno partecipato alle consultazioni notturne, non fa accenno agli obiettivi per i tagli delle emissioni dei Paesi industrializzati.

Il testo che ovviamente potrebbe subire ancora dei cambiamenti, prevede un pacchetto di aiuti ai Paesi più vulnerabili, che partendo da 10 miliardi di dollari all’anno tra il 2010 e il 2012, passerà a 50 miliardi di dollari annualmente fino al 2015, per poi arrivare a 100 miliardi entro il 2020, oltre che stabilire la soglia di due gradi Celsius per l’aumento delle temperature. I tagli alle emissioni, dunque, dovranno essere conseguenti a tale obiettivo, un obiettivo però che non mette a riparo le piccole isole che rischiano di essere sommerse dall’innalzamento del livello dei mari causato dallo scioglimento dei ghiacciai, le quali avevano chiesto una soglia massima di 1,5 gradi.

Tanto più che proprio oggi è trapelato uno studio shock delle Nazioni Unite il quale mostra come, nel caso in cui si firmasse un accordo alle condizioni attuali, il Pianeta rimarrebbe comunque a rischio, in quanto le offerte di riduzione delle emissioni di CO2 ora sul tavolo delle trattative, porterebbero ad un aumento di 3 gradi le temperature mondiali che si tradurrebbe in 170 milioni di persone vittime delle inondazioni e 550 milioni della fame.

Ma c’è comunque ottimismo e buona volontà, come trapela dal capo di stato svedese che detiene il turno della presidenza UE Fredrik Reinfeldt, che detiene la presidente di turno dell’Ue: “Abbiamo tentato di dare un ombrello politico all’accordo” gli intensi lavori andati avanti fino a notte fonda e definiti da Rasmussen “utili e fruttuosi“. Di frutti, però, è ancora presto parlare, anche perché oggi bisognerà fare i conti con Cina e India, barricate sulle loro posizioni in cui, se da una parte si mostrano disponibili a misure volontarie per rallentare le emissioni, dall’altra hanno più volte espresso il loro dissenso a consentire ispezioni esterne per verificare il rispetto degli impegni.

E proprio dalla Cina, principale produttore al mondo di gas serra, ieri sono arrivati i principali colpi di scena, chiudendo dapprima le porte ai negoziatori e definendo l’accordo “impossibile”, per poi tornare a far sperare con le parole del premier di Pechino Wen Jiabao che nella conferenza stampa di ieri pomeriggio, ha dichiarato di esser pronto ad accettare un “accordo equilibrato, giusto e ragionevole“.

E proprio dal premier cinese comincerà la serie di incontri di Barack Obama previsti per oggi. Al Presidente statunitense che qui a Copenhagen si gioca la faccia, verrà chiesto di alzare la posta in gioco e aumentare i tagli di emissioni proposti che, come abbiamo visto, se rapportati ai valori del 1990 corriponderebbero solo al 3%. Obama oltre a Wen Jiabao incontrerà, a partire da stamane, anche il presidente russo Dmitri Medvedev e quello brasiliano Ignacio Lula da Silva.

Il tempo stringe, anche se da più parti si profila il differirsi del termine della Conferenza di un giorno, mancano poche ore per salvare il mondo.

Simona Falasca

Guarda il video del Guardian sull’arrivo di Obama a Copenhagen

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