I coltivatori di riso di Fukushima puntano sull’innovazione per sopravvivere, 10 anni dopo il disastro

Per far ripartire la coltivazione del riso nella prefettura di Fukushima, in Giappone, si punta anche sull'innovazione

Sono passati quasi 10 anni dal disastro di Fukushima, quando un terremoto e il conseguente tsunami provocarono uno degli incidenti nucleari più disastrosi della storia, paragonabile a quello di Chernobyl. Da allora, faticosamente, le popolazioni locali inizialmente sfrattate dalle loro case e città hanno cercato di rimettersi in piedi e di far ripartire anche l’agricoltura locale, basata essenzialmente sulla produzione di riso.

Solo 6 anni dopo il disastro, la semina del riso per la vendita commerciale è ripartita a Iitate, nella prefettura di Fukushima. Era il maggio del 2017 quando gli agricoltori infilarono le loro mani nella terra che avevano amato e curato fino al disastro. E da allora si sono messi all’opera cercando anche di superare le reticenze relative alla possibile presenza di radiazioni nel suolo, sperando di trasmettere la tradizione della coltivazione del riso di Fukushima alla generazione successiva. E per farlo hanno fatto ricorso anche alle nuove tecnologie.

Alcune speranze sono riposte su un marchio di riso originale sviluppato nella prefettura. Prima del 2011, quando si verifictò il disastro nucleare nella centrale di Daiichi, il raccolto annuale di riso a Fukushima raggiungeva 445.700 tonnellate (2010). L’anno successivo scese a 353.600 tonnellate e da allora è rimasto intorno a 350.000-380.000 tonnellate. Sebbene le esportazioni di riso coltivato a Fukushima siano aumentate negli ultimi anni grazie alle misure di promozione del governo nazionale, le spedizioni a Hong Kong, ad esempio, sono precipitate a 2,6 tonnellate nell’anno fiscale 2019 dalle 100 tonnellate del 2010.

Tutto il riso prodotto a Fukushima doveva essere sottoposto a controlli per il cesio e per le altre sostanze radioattive residue al fine di garantirne la sicurezza. Nel 2020, il riso del marchio originale “Fuku, Warai” è stato raccolto per la prima volta dopo 14 anni di sviluppo dal Fukushima Agricultural Technology Center. Delle 37 tonnellate totali raccolte, i produttori ne hanno vendute 16,8 tramite Internet e negozi nell’area metropolitana di Tokyo, superando la previsione di vendita di 15 tonnellate.

La prefettura di Fukushima prevede di consentire solo agli agricoltori certificati dal programma Good Agriculture Practice e ad altri produttori selezionati di impegnarsi nella coltivazione del nuovo marchio di riso, al fine di garantire qualità e credibilità.

“Sono orgoglioso di produrre riso sicuro e protetto”, ha detto Shiroyuki Terasawa, 70 anni, l’unico produttore del nuovo marchio di riso nella regione costiera di Hamadori nella prefettura di Fukushima. “Voglio che tutti sappiano che il riso coltivato a Fukushima è gustoso.”

Secondo un funzionario del governo prefettizio di Fukushima, coloro che inizialmente avevano abbandonato l’agricoltura sono tornati negli ultimi anni, in parte grazie alla creazione di società agricole.

Droni e dispositivi GPS per la coltivazione del riso

Terasawa ha anche fondato una società e ha avviato la cosiddetta agricoltura intelligente, utilizzando droni e dispositivi GPS, su terreni agricoli su larga scala.

“Sebbene lo scenario e l’ambiente siano cambiati rispetto a prima del disastro, voglio rimanere attivo nell’agricoltura finché vivo” ha detto.

Anche i giovani stanno riscoprendo l’amore per questa coltura, come Ami Endo che oggi ha 23 anni e ne aveva appena 10 durante il disastro. Il ragazzo ha frequentato un istituto tecnico agricolo e ha deciso di lavorare nel settore aiutando il padre a riprendere le loro coltivazioni, impresa riuscita nel 2019.

Un mix di tradizione e innovazione grazie al quale i coltivatori sperano di rialzarsi in piedi, promettendo un prodotto controllato e sicuro.

Fonti di riferimento: TheJapanTimes

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