Lo studio legale ambientale ClientEarth, in qualità di azionista, ha intentato una causa contro il consiglio di amministrazione della compagnia petrolifera britannica presso l’Alta corte di Inghilterra per presunta incapacità di gestire adeguatamente i rischi associati alla emergenza climatica. Shell aveva recentemente riportato il suo profitto annuo più alto di sempre di quasi 40 miliardi di dollari
Ancora beghe processuali per Shell che, dopo essere stata trascinata dinanzi all’Alta corte di Londra da quasi 14mila persone di due comunità nigeriane accusata di essere responsabile del “devastante inquinamento” delle loro fonti d’acqua, ora si trova a fare i conti con l’associazione di diritto ambientale ClientEarth in una causa legale unica nel suo genere.
L’accusa è rivolta nello specifico a 11 membri del consiglio di amministrazione, colpevoli di una scorretta e “imperfetta” gestione del rischio climatico e di non essere riusciti ad attuare una strategia di transizione energetica in linea con il punto di riferimento degli Accordi di Parigi del 2015.
Shell potrebbe realizzare profitti record ora a causa delle turbolenze del mercato globale dell’energia, ma la scrittura è sul muro per i combustibili fossili a lungo termine, ha dichiarato Paul Benson, avvocato senior di ClientEarth, che tra l’altro di Shell possiede anche una piccola quota in qualità di azionista.
Secondo ClientEarth, insomma, il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio non solo è inevitabile, ma sta già avvenendo. Eppure il Consiglio persiste con una strategia di transizione che è fondamentalmente errata, lasciando l’azienda seriamente esposta ai rischi del cambiamento climatico.
E si legge ancora nella nota:
Per garantire che l’azienda rimanga competitiva nei mercati energetici del futuro, poiché Paesi e clienti in tutto il mondo scelgono energia più economica e più pulita, significa che Shell deve allontanarsi dai combustibili fossili verso un modello di business alternativo.
Ma stiamo sostenendo che il piano che il consiglio di amministrazione della Shell ha attualmente per fare questo cambiamento è semplicemente irragionevole.
Perché? Non riesce a fornire la riduzione delle emissioni necessaria per mantenere gli obiettivi climatici globali a portata di mano e continua con la produzione di combustibili fossili per i decenni a venire. Ciò legherà l’azienda a progetti e investimenti che rischiano di diventare non redditizi man mano che il mondo ripulirà i suoi sistemi energetici.
Ciò mette a rischio la redditività commerciale a lungo termine dell’azienda e minaccia anche gli sforzi per proteggere il pianeta, aumentando ulteriormente il rischio per l’azienda.
Shell, dalla sua, dice non accettare le accuse e vede in quello di ClientEarth un tentativo di “ribaltare la politica del consiglio di amministrazione”. La compagnia, che punta a diventare un’azienda a zero emissioni nette entro il 2050, ha affermato in buona sostanza di essere piuttosto in linea con gli obiettivi climatici di Parigi.
Staremo a vedere.
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Fonte: ClientEarth
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