L’aumento delle temperature sta sciogliendo lo strato di permafrost, causando danni all’industria petrolchimica del paese
L’aumento delle temperature provocato dalla combustione degli incendi e dei combustibili fossili sta sciogliendo lo strato di permafrost, causando danni all’industria petrolchimica del paese
Negli ultimi 45 anni, le temperature in Russia sono aumentate 2.5 volte più velocemente rispetto alla media mondiale. Ciò ha provocato, oltre ai fenomeni climatici estremi degli ultimi anni, anche lo scioglimento dello stato di permafrost su cui si trovano i 2/3 del paese – con conseguenze destabilizzanti per gli impianti di estrazione di petrolio e gas che si trovano sul territorio, che hanno costretto le compagnie petrolifere ad investire milioni di dollari nella prevenzione dei possibili danni alle infrastrutture.
Le temperature più calde e lo scioglimento del permafrost, inoltre, stanno liberando nell’atmosfera il metano finora intrappolato dal ghiaccio, che finisce per dare vita a incendi altrimenti inspiegabili. Solo quest’anno gli incendi in Russia hanno bruciato oltre 65.000 miglia quadrate di territorio, e nei due mesi di luglio e agosto – quelli maggiormente colpiti dal fenomeno – è stata prodotta una quantità di CO2 maggiore a quella prodotta dall’intera Germania in un anno. Gli scienziati parlano di una vera e propria ‘bomba ad orologeria’: maggiore sarà l’aumento delle temperature, dovuto a inquinamento ed incendi, maggiore sarà lo scioglimento del permafrost e il rilascio nell’atmosfera di metano, che aumenterà ulteriormente l’incidenza degli incendi. Oltre al rischio incendi, bisogna considerare che il metano è un gas serra dal potere riscaldante molto più forte rispetto al diossido di carbonio – la sua presenza nell’atmosfera comporta quindi un aumento delle temperature ancor più consistente.
Uno studio recentemente pubblicato ha sfruttato le immagini satellitari per misurare gli effettivi livelli di metano nell’atmosfera siberiana: è emerso che l’ondata di caldo anomalo registrata nel 2020 (che ha visto le temperature medie salire di ben 11°C sopra la media) è stata responsabile delle emissioni di metano lungo due formazioni rocciose nel Bacino di Yenisei-Khatanga (nel Circolo Polare Artico), situato a diverse centinaia di miglia di distanza.
Gli scienziati lanciano l’allarme: la dispersione di metano nell’ambiente dovuta allo scioglimento del permafrost è in anticipo di circa 70 anni rispetto alle previsioni. Si stima che l’Artico possa perdere l’89% del suo permafrost entro il 2100, rilasciando nell’atmosfera metano e altri gas e distruggendo gli impianti estrattivi e la centrale elettrica nucleare della Siberia. Il cambiamento climatico sta avvenendo ad un ritmo molto più veloce di quello previsto e una delle sue conseguenze – la perdita di ghiaccio nelle regioni polari – concorre a peggiorare i danni già gravi provocati dall’aumento delle temperature e dall’innalzamento del livello dei mari.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonti: PNAS / Wall Street Journal
Ti consigliamo anche: