Era il 1995 quando i Paesi delle Nazioni Unite si riunirono a Berlino per la prima conferenza sul clima. Quell'evento segnò una svolta cruciale e una presa di consapevolezza sull'urgenza di intraprendere delle azioni per salvare il Pianeta. Da allora, ogni anno, la COP è diventata un appuntamento molto atteso, ma finora in circa 30 anni gli impegni assunti e portati a termine sono stati pochi e irrisori. Puntualmente non facciamo che perderci in discorsi triti e ritriti e ripetere "bisogna agire prima che sia troppo tardi" come un mantra. La COP28 si rivelerà l'ennesimo flop o sarà la volta buona?
I riflettori del mondo sono puntati su Dubai. Proprio qui, negli Emirati Arabi Uniti, oggi è stata inaugurata la COP28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il vertice, che vede la partecipazione di oltre 190 Paesi, ma anche scienziati, Ong e aziende, terminerà il prossimo 12 dicembre.
La speranza è che possa concludersi con accordi concreti in grado di mitigare gli ingenti danni causati al Pianeta dall’inquinamento legato alle dalle attività umane, anche se la partenza non è stata delle migliori, anzi. È più probabile che la COP28 si riveli l’ennesimo buco nell’acqua, dato che da decenni le potenze mondiali ribadiscono che “bisogna agire prima che sia troppo tardi”, senza trasformare le parole in azioni davvero forti ed efficaci.
L’edizione di quest’anno è all’insegna dei paradossi: a presiederla è, infatti, il sultano Al Jaber, CEO della ADNOC, la compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti (Paese, che da quanto rivelato da un’inchiesta, starebbe sfruttando il forum esclusivamente per promuovere accordi a favore delle sue società di petrolio e gas), mentre tutti gli sponsor – eccetto uno su 20 – non si stanno impegnando a tagliare le loro emissioni di gas serra, aderendo agli obiettivi Onu. Inaspettatamente, però, nel giorno di apertura è già stata adottata la decisione storica di rendere operativo il fondo Loss and Damage (Perdita e danni) destinato ai Paesi più poveri e vulnerabili alla crisi climatica.
Leggi anche: Così gli Emirati Arabi si ripuliscono l’immagine prima della COP28
Si potrebbe pensare che la storia di questi summit sia piuttosto recente, in realtà non è così. Bisogna tornare indietro di un trentennio, esattamente al 1992, quando a Rio de Janeiro venne stipulata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in inglese United Nations Framework Convention on Climate Change da cui l’acronimo UNFCCC o FCCC), ovvero un trattato internazionale che puntava alla riduzione delle emissioni dei gas serra, causa principale del riscaldamento globale.
Diversi anni prima, nel 1968, era stata la Svezia a chiedere la convocazione di una conferenza internazionale in materia di tutela dell’ambientee. Così, nel 1972, si tenne la Conferenza di Stoccolma, a cui parteciparono gran parte dei membri delle Nazioni Unite, le agenzie specializzate ONU ed altre organizzazioni internazionali. Si trattò di un primo importante passo che portò il mondo a prendere consapevolezza sull’impatto ambientale delle azioni umane e che favorì la nascita del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change), un organismo scientifico che approfonisce, valuta e riassiume gli studi più recenti per comprendere le dinamiche relative alla crisi climatica e le migliori strategie per adattarsi.
Leggi anche: COP28, tutto quello che devi sapere sulla conferenza sul clima di Dubai
Quando e dove si svolse la prima COP
La prima COP ebbe luogo tre anni dopo, nel 1995, a Berlino. A presiedere il summit fu Angela Merkel, eletta da poco ministra dell’Ambiente in Germania. Nel corso di questa edizione, i delegati degli Stati partecipanti espressero i loro timori sull’adeguatezza delle azioni ad adempiere gli obblighi della Convenzione.
Questi furono espressi in una dichiarazione che prese il nome di “Mandato di Berlino”, che stabiliva una fase di analisi e ricerca della durata di due anni per negoziare una serie di interventi più efficaci dal punto di vista sia economico che ambientale. Durante la COP di Berlino vennero istituiti due importanti organismi: l’Sbsta (Subsidiary body of scientific and technological advice), un organo che si riunisce almeno due volte l’anno per fornire consigli in ambito scientifico, tecnologico e metodologico; e l’Sbi (Subsidiary body of implementation), che monitora se le parti stiano effettivamente applicando le decisioni e gli impegni presi. Da quel momento in poi le conferenze delle Nazioni Unite sul clima si svolsero con cadenza annuale.
Le edizioni più importanti che hanno segnato una svolta
In gran parte dei casi le COP che sono state organizzate non hanno portato a negoziati realmente utili e in grado di incidere per mitigare i cambiamenti climatici. Tuttavia, alcune edizioni hanno segnato degli importanti punti di svolta. Vediamo brevemente quali:
- COP3 di Kyoto (1997): la terza edizione è stata fondamentale per l’adozione del Protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale che imponeva obblighi vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra (in media del 7% rispetto ai livelli del 1990) ai Paesi industrializzati. Tale documento ha segnato un importante passo avanti nella lotta ai cambiamenti climatici, stabilendo un precedente per la cooperazione internazionale.
- COP15 di Copenaghen (2009): la COP che si svolse in Danimarca nel 2009 si rivelata significativa perché ha coinvolto attivamente anche i Paesi in via di sviluppo e emergenti. Nell’accordo finale si fa riferimento a un Fondo Verde per il clima: in questo modo gli Stati più ricchi e industrializzati hanno previsto di destinare 30 miliardi di dollari l’anno tra il 2010 e il 2012 e 100 miliardi di dollari a partire dal 2020 alle nazioni più povere e maggiormente minacciate dai cambiamenti climatici. Tuttavia, l’accordo sottoscritto è stato più una dichiarazione politica, non vincolante.
- COP21 di Parigi (2015): la COP21 è forse l’edizione più nota in assoluto, che segna un momento storico. Per la prima volta, quasi tutti i Paesi del mondo si sono impegnati a limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, sforzandosi di non superare i 1,5 °C. Inoltre, l’accordo di Parigi stabilì che i Paesi avrebbero dovuto rivedere e rafforzare i loro impegni ogni cinque anni.
- COP26 di Glasgow (2021): nel corso del summit che si è svolto a Glasgow nel 2021 le parti hanno esaminato i progressi compiuti in relazione agli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi e hanno dato vita e hanno deciso di raddoppiare i fondi internazionali per le azioni di adattamento, soprattutto nei Paesi più vulnerabili; inoltre, nell’accordo finale vengono incoraggiati (dunque in maniera non vincolante) i Paesi a comunicare lo stato di avanzamento degli sforzi di ridurre le emissioni nazionali e adattarsi alla crisi climatica (NDCs) ogni cinque anni
La COP28 di Dubai, che “puzza” di petrolio, greenwashing e paradossi, probabilmente è quella meno promettente della storia. Ma, essendoci pochissime aspettative, potrebbe riservare qualche sorpresa. O almeno è quello che ci auguriamo…
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Leggi anche: