Questo è il primo articolo di un giornale a parlare di riscaldamento globale e a collegarlo, già 110 anni fa, alle fonti fossili

È passato più di un secolo da quando erano già più o meno chiari gli effetti delle attività dell’uomo. Ma, a causa di due guerre mondiali che hanno catalizzato l’attenzione altrove, del lassismo e della malafede, siamo praticamente ancora ai blocchi di partenza

Era il 14 agosto del 1912 quando un piccolo giornale della Nuova Zelanda pubblicò un breve articolo in cui si annunciava che l’uso globale del carbone stava  influenzando la temperatura del Pianeta. Sono passati 110 anni fa e praticamente quell’articolo lì oggi ora famoso, condiviso sul web centinaia di volte come uno dei primi pezzi tra i media che imputava alle attività antropiche gli sbalzi del clima (anche se in realtà era una ristampa di un pezzo pubblicato in una rivista mineraria del New South Wales circa un mese prima).

Cosa è successo nel frattempo? A tentare di dare una risposta è Linden Ashcroft, docente di scienze del clima e di comunicazione scientifica dell’Università di Melbourne, che in un lungo articolo su The Conversation snocciola dati e interessanti teorie.

Quello di 110 anni fa è in realtà un pezzo di poche righe in cui l’autore spiegava che le fornaci di tutto il mondo al tempo stavano bruciando 2 miliardi di tonnellate di carbone ogni anno e che, una volta bruciato questo carbone, si andava poi a unire all’ossigeno causando la formazione di 7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nei cieli ogni anno, aumentando le temperature.

L’effetto può essere considerevole in pochi secoli, scriveva l’autore.

Il piccolo paragrafo del giornale neozelandese pubblicato nel 1912 si basava probabilmente sugli esperimenti rudimentali della scienziata americana e attivista per i diritti delle donne Eunice Foote che mostrarono come l’anidride carbonica e il vapore acqueo possono assorbire il calore, che, se aumentato, può influenzare la temperatura della terra (sappiamo quindi della relazione tra i gas serra e la temperatura terrestre da almeno 150 anni). Ma si basava anche su un articolo apparso sulla rivista Popular Mechanics che riprendeva a sua volta uno studio di Svante Arrhenius alla fine del XX secolo. Nel 1896, infatti, svolse calcoli per capire quanto sarebbe cambiato il livello di temperatura del mondo se le quantità di anidride carbonica in atmosfera fossero raddoppiate. Quando lo studio venne reso pubblico, il livello di CO2 nell’atmosfera era di 295 parti per milione di molecole d’aria.

Le idee di Arrhenius erano generalmente considerate marginali, il che significa che non molte persone le prendevano sul serio. Quando iniziò la prima guerra mondiale, l’argomento perse slancio. Il petrolio iniziò la sua ascesa, mettendo da parte tecnologie promettenti come le auto elettriche – che nel 1900 detenevano un terzo del nascente mercato automobilistico statunitense – a favore degli sviluppi tecnologici dei combustibili fossili e degli obiettivi militari.

L’effetto Callendar

Il cambiamento climatico indotto dall’uomo è forse riemerso negli anni ’30 del ‘900. Fu allora che l’ingegnere britannico Guy Callendar raccolse osservazioni meteorologiche da tutto il mondo e scoprì che, di fatto, le temperature erano già aumentate.

Non solo Callendar è stato il primo a identificare chiaramente una tendenza al riscaldamento e a collegarla ai cambiamenti nell’anidride carbonica atmosferica, ma ha anche smascherato l’importanza della CO₂ rispetto al vapore acqueo, un altro potente gas serra.

clima articoli

I risultati del 1938 di Guy Callendar confrontati con i recenti calcoli dell’andamento della temperatura globale, come pubblicato nell’ultimo rapporto di valutazione dell’IPCC. IPCC AR6 WG1

Proprio come l’articolo del 1912, Callendar ha predetto che il mondo sarebbe stato solo 0,39℃ più caldo entro l’anno 2000, piuttosto che 1℃ che invece abbiamo osservato. Tuttavia ha attirato l’attenzione dei ricercatori, innescando un intenso dibattito scientifico. Ma alla fine degli anni ’30, il mondo tornò in guerra e le scoperte di Callendar passarono rapidamente in secondo piano rispetto alle battaglie e alla ricostruzione.

Fu solo durante gli anni ’50, quando fu istituito l’International Geophysical Year, che gli scienziati  cominciarono ad eseguire vere indagini sul clima terrestre a livello globale e sempre più stazioni di monitoraggio atmosferico furono costruite, anche ai poli, e furono lanciati i primi satelliti artificiali.

Sempre più dati cominciarono ad essere disponibili, eppure l’ombra lunga dello scetticismo non si è mai veramente arrestata e lo vediamo bene al tempo di oggi, in cui una nemmeno tanto latente forma di negazionismo fa il paio con ritardi abissali in fatto di politiche decisionali.

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Fonte: The Conversation

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