Il Climate Change Performance Index 2025 rivela che l'Italia è in forte ritardo sulle performance climatiche, mentre la Danimarca, l'Olanda e il Regno Unito guidano la classifica. Il mondo arranca nella lotta al cambiamento climatico e la COP29 deve dare una scossa, ma la bozza di accordo presentata dall'Azerbaijan è stata definita "inaccettabile" dall'Ue
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L’Italia non brilla per la sua azione climatica. Lo rivela il Climate Change Performance Index 2025 (CCPI), presentato alla COP29 di Baku, che colloca il nostro Paese al 43° posto su 63 Paesi analizzati. Una posizione deludente che conferma il ritardo dell’Italia nella lotta al cambiamento climatico e la quasi totale mancanza di progressi rispetto allo scorso anno, quando il Bel Paese era precipitato al 44° posto, perdendo ben 15 posizioni.
A pesare sul risultato sono diversi fattori: il rallentamento nella riduzione delle emissioni di gas serra, una politica climatica nazionale inadeguata e un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) poco ambizioso. “L’Italia continua ad avere una visione miope sul fronte energetico”, ha spiegato in una nota il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani. “Si affida ancora a false soluzioni come la CCS (cattura e stoccaggio del carbonio) e il nucleare, che faranno solo perdere tempo e risorse, invece di puntare decisamente sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica”.
Secondo il CCPI, l’Italia ha tutte le carte in regola per ridurre le emissioni di almeno il 65% entro il 2030. Il Paris Compatible Scenario elaborato da Climate Analytics indica che il nostro Paese potrebbe raggiungere questo obiettivo puntando sul 63% di rinnovabili nel mix energetico e sul 91% nel mix elettrico entro il 2030, per arrivare al 100% di rinnovabili nel settore elettrico nel 2035. Questo permetterebbe all’Italia di raggiungere la neutralità climatica già nel 2040 e di vincere la sfida della duplice crisi, energetica e climatica.
Ma per imboccare questa strada, è necessario un cambio di rotta deciso, che abbandoni le false soluzioni del passato e investa con convinzione nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, snellendo al contempo gli iter autorizzativi per i nuovi impianti.
Il podio vuoto: nessuno fa abbastanza
Un dato significativo del CCPI è che le prime tre posizioni della classifica sono rimaste vuote anche quest’anno. Questo significa che, nonostante i progressi in alcuni Paesi, nessuno sta facendo abbastanza per affrontare l’emergenza climatica e mantenere il riscaldamento globale entro la soglia critica di 1.5 °C.
“È un segnale preoccupante”, spiega Jan Burck, uno degli autori del rapporto. “Nonostante la continua e rapida crescita delle rinnovabili, la corsa contro il tempo continua. Ancora troppi Paesi prolungano l’uso dei combustibili fossili, soprattutto del gas, e le loro politiche climatiche non sono abbastanza ambiziose”.
La Danimarca guida la classifica, ma il mondo arranca
Al quarto posto, in testa alla classifica, si conferma la Danimarca, grazie alla significativa riduzione delle emissioni e allo sviluppo delle rinnovabili. Seguono Paesi Bassi e Regno Unito, che hanno fatto significativi passi avanti nelle loro politiche climatiche. In particolare, il Regno Unito ha scalato molte posizioni rispetto allo scorso anno, grazie a una politica climatica ed energetica più ambiziosa.
In coda alla classifica troviamo Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili, come Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Iran. La Cina, oggi maggior responsabile delle emissioni globali, scende al 55° posto, mentre gli Stati Uniti rimangono stabili al 57°.
L’Unione europea si posiziona a metà classifica, al 17° posto, con performance differenziate tra i vari Paesi membri. Sedici Paesi si collocano nella parte medio-alta della classifica, come la Germania, che però mostra un rallentamento nei progressi.
COP29: l’Ue boccia la bozza di accordo
Intanto, alla COP29 di Baku, l’Unione Europea ha espresso forte preoccupazione per la bozza di accordo presentata dalla presidenza azera. “Il testo è chiaramente inaccettabile”, ha dichiarato il commissario europeo all’Energia, Wopke Hoekstra. “Sulla mitigazione, non possiamo fare finta che la precedente COP non sia mai avvenuta”.
The text currently on the table at @COP29_AZ is clearly unacceptable as it lacks the ambition we need. pic.twitter.com/ZA0dFD7tTN
— Wopke Hoekstra (@WBHoekstra) November 21, 2024
La bozza di accordo, che definisce il nuovo obiettivo di finanziamento per il clima (NCQG), non offre un compromesso soddisfacente tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo. L’Ue chiede maggiore chiarezza sulla quantità e la provenienza dei fondi destinati ad aiutare i Paesi più vulnerabili ad affrontare gli impatti del cambiamento climatico.
“Sul lato finanziario”, ha aggiunto Hoekstra, “quello che dobbiamo fare è garantire di avere una infrastruttura molto migliore. Abbiamo bisogno di più chiarezza anche sul finanziamento del settore pubblico per l’adattamento, su quali elementi dobbiamo tenere in conto per arrivare a un numero che abbia significato”.
Cosa non va nella bozza?
Secondo l’Ue, la bozza presentata dall’Azerbaijan presenta diverse criticità:
- Mancanza di ambizione: il testo non riflette l’urgenza di accelerare l’azione per il clima e non si allinea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
- Vaghezza sugli impegni finanziari: la bozza non specifica la cifra complessiva del nuovo obiettivo di finanziamento e non chiarisce quali Paesi dovranno contribuire e in che misura.
- Scarsa attenzione ai Paesi vulnerabili: il testo non offre garanzie sufficienti sul sostegno ai Paesi in via di sviluppo per l’adattamento ai cambiamenti climatici e per affrontare le perdite e i danni causati dagli eventi estremi.
- Elementi fuori tema: la bozza include elementi che non sono pertinenti al NCQG, come sussidi, misure di risposta e riforme di bilancio.
In sintesi, l’Ue ritiene che la bozza sia “sbilanciata, inattuabile e inaccettabile” e chiede alla presidenza azera di rivedere il testo, aumentando l’ambizione e la chiarezza sugli impegni finanziari.
“Potrei per favore esortarvi a intensificare la leadership?”, ha chiesto Hoekstra ai delegati della COP29. “Guardiamo il mondo. Guardiamo cosa sta succedendo fuori da questa stanza, in termini di disastri climatici: in Africa, Asia, Americhe, Europa, Medio Oriente e, soprattutto, tra i nostri amici che vivono sulle piccole isole, principalmente nei Caraibi e nel Pacifico”.
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