La Groenlandia fiaccata da un’ondata di calore record, la più intensa degli ultimi 44 anni

In pochi giorni il continente ghiacciato ha perso miliardi di tonnellate d'acqua - con conseguenze che si paleseranno la prossima estate

La Groenlandia si sta sciogliendo sempre più. Contrariamente a quella che sarebbe la tendenza del mese di settembre, che dovrebbe avvicinare le temperature a quelle più fredde dell’inverno, il continente ghiacciato sta registrando un evento di scioglimento di fine stagione a dir poco insolito, superando per la prima volta il punto di fusione nel pomeriggio del 3 settembre scorso.

Condizioni di alta pressione atmosferica localizzate all’estremità sud-orientale della Groenlandia, unite all’aria aria più calda lungo la costa occidentale della Groenlandia e della baia di Baffin, hanno creato il mix ideale per l’anomalo fenomeno di scioglimento, iniziato il 2 settembre.

scioglimento groenlandia

@National Snow and Ice Data Service

L’ondata di calore registrata nei giorni scorsi dagli scienziati non ha precedenti negli ultimi 44 anni – da quando hanno avuto inizio le osservazioni nella regione. Nel momento di massima espressione dell’evento, ovvero il 3 settembre, più di un terzo della calotta glaciale (il 36% della superficie, corrispondente a circa 600.000 chilometri quadrati) mostrava segni di fusione superficiale.

L’evento di caldo estremo è stato accompagnato da forti piogge che hanno contribuito ad acuire i livelli di scioglimento del ghiaccio: l’acqua, a contatto con il ghiaccio o la neve, ne velocizza la fusione. Ad oggi, il 2022 si classifica al ventesimo posto nella classifica degli anni in cui la Groenlandia ha subito le maggiori perdite in termini di superficie ghiacciata – ma l’anno non è ancora finito.

Lo scioglimento del ghiaccio provocato dalle alte temperature ha come conseguenza principale, ovviamente, un aumento della massa d’acqua liquida che finisce nell’oceano. Si stima che, a partire dall’inizio dell’ondata di caldo (2 settembre), la calotta della Groenlandia abbia raggiunto uno scioglimento di 5,6 miliardi di tonnellate di acqua al giorno, con un picco di 12 miliardi di tonnellate nel giorno più caldo (3 settembre).

Nei giorni successivi, il carico d’acqua finita in mare si è abbassato a 7,7 e 6,6 miliardi di tonnellate (rispettivamente il 4 e il 5 settembre). Il 3 settembre è stato il giorno di deflusso più alto dell’anno e uno dei dieci più alti dal 1950 ad oggi.

Un evento di fusione e deflusso tanto intenso è ancor più eccezionale se si pensa che, in questo periodo dell’anno (ovvero l’inizio del mese di settembre), l’energia proveniente dalle radiazioni solari è molto bassa. Eventi del genere si verificano solitamente a luglio (con eventi record registrati nel 2012 e nel 2019).

Al picco di calore di inizio mese hanno fatto poi seguito condizioni più fredde, che hanno favorito il ricongelamento della parte superiore del manto nevoso che aveva iniziato a sciogliersi. Questa alternanza di scongelamento e ricongelamento è responsabile della presenza di cristalli di ghiaccio all’interno del manto stesso.

Quali conseguenze avrà ciò sulla salute della calotta ghiacciata? I cristalli di ghiaccio sono impermeabili e la loro presenza riduce la capacità del manto nevoso di trattenere a sé l’acqua del disgelo quando si presenterà una nuova ondata di calore – promuovendo un deflusso più diffuso e un ricongelamento meno locale.

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Fonte: National Snow and Ice Data Center

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