L’insostenibile tristezza della neve artificiale: l’Italia costretta a usarla su ben il 90% delle piste

È S.O.S neve nella nostra penisola: il 90% delle piste da sci vengono innevate artificialmente, mentre gli impianti dismessi o temporaneamente chiusi sono centinaia. Non possiamo più continuare a optare per la neve finta: i costi economici e sull'ambiente sono diventati insostenibili.

La neve naturale in Italia? È diventata – ahinoi – una merce rara. A causa dell’aumento globale delle temperature nevica sempre più raramente, persino in pieno inverno e quest’anno la situazione si è rivelata particolarmente drammatica su Alpi, Appennini e Etna.

Il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli per il nostro Paese, oltre che il secondo più caldo in Europa; negli gli ultimi anni i maggiori incrementi di temperatura si sono registrati proprio nell’arco alpino. E a mali estremi si ricorre a estremi rimedi, ovvero alla neve artificiale, che viene utilizzata addirittura nel 90% delle nostre piste da sci. Ma non è affatto una soluzione sostenibile oltre che economica, visto che vengono sperperati soldi pubblici.

A fotografare questa allarmante situazione il nuovo report di Legambiente “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica”, presentato un paio di giorni fa a Torino.

Leggi anche: Record assenza di neve: mai così poca sulle Alpi negli ultimi 600 anni (e quella artificiale è un grandissimo controsenso)

Dipendiamo troppo dalla neve artificiale (ed è una pessima notizia)

In base agli ultimi dati disponibili, l’Italia si configura come uno dei Paesi alpini che dipendono maggiormente dalla neve artificiale. Come anticipato questa è presente nel 90% delle piste, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%), mentre il caso più virtuoso è rappresentato dalla Germania, dove le piste innevate artificialmente sfiorano quota 25%.

neve artificiale

@Legambiente

A preoccupare è l’elevato numero di bacini idrici artificiali presenti in montagna che si trovano in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l’innevamento con neve finta: sono ben 142 quelli mappati sul territorio italiano per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari per una superficie totale pari a circa 1.037.377 mq.

Il triste primato spetta al Trentino Alto-Adige, che conta 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini. Invece, nel Centro Italia, l’Abruzzo è quello che ne conta di più, ovvero 4.

bacini innevamento artificiale

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Troppi gli impianti dismessi o chiusi temporaneamente

La nostra penisola pullula poi di impianti ormai abbandonati o non più funzionanti. Nel 2023 quelli dismessi toccano quota 249, mentre quelli temporaneamente chiusi sono 138.

Tra i casi simbolo spiccano quello di Gressoney-la Trinité (AO), dove l’ex sciovia era utilizzata per lo sci estivo e lo snowboard. Qui lo skilift è stato dismesso a causa della fusione del ghiacciaio.

Infine, le strutture sottoposte a “accanimento terapeutico”, ovvero quelle che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, sono addirittura 181.

impianti sci dismessi

@Legambiente

Quest’anno il monitoraggio di Legambiente include anche altre categorie: cioè gli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, che rappresentano quei casi che con le loro aperture “a rubinetto” rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore. In questi  sono 84. Invece, gli edifici fatiscenti toccano quota 78. Infine per la categoria “smantellamento e riuso” i casi censiti sono 16.

Il pesantissimo impatto ambientale ed economico della neve artificiale

Optare per la neve artificiale non è afatto una buona soluzione per più di un motivo. Ciò implica un consumo di risorse naturali preziose, in particolare suolo e acqua. Secondo quanto stimato da Legambiente, considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di m³: praticamente il consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti!

Per non parlare della questione economica. L’innevamento artificiale richiede , infatti, sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione. Il costo della produzione di neve artificiale sta lievitando sempre di più, passando dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023.

La crisi climatica sta accelerando la sua corsa: la fusione repentina dei ghiacciai alpini che raccontiamo con la nostra campagna Carovana dei ghiacciai, l’emergenza siccità mai finita dalla scorsa estate che non sta dando tregua al nostro Paese, l’aumento delle temperature e degli eventi estremi, sono tutti codici rossi e campanelli d’allarme che il nostro Pianeta ci sta inviando. – sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Al ministro del Turismo Daniela Santachè, che questo inverno ha avviato un tavolo tecnico per l’emergenza legata alla mancanza di neve in Appennino, torniamo a ribadire che avrebbe più senso investire risorse nell’adattamento e non nell’innevamento artificiale.

Con un clima sempre più caldo, nei prossimi anni andremo incontro a usi plurimi dell’acqua sempre più problematici e conflittuali. Per questo è fondamentale che nella lotta alla crisi climatica l’Italia cambi rotta mettendo in campo politiche più ambiziose ed efficace, aggiornando e approvando entro la fine di marzo il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, e rindirizzando meglio i fondi del PNRR.

A rischio le Olimpiadi Milano-Cortina

Le conseguenze della crisi climatica sul settore turistico e sportivo quest’anno sono state allarmanti. Nella stagione sciistica 2022-2023 per la prima volta nella storia dello sci nel calendario di Coppa del mondo, da inizio stagione a fine febbraio 2023, sono state cancellate e/o rinviate per il comparto maschile 8 gare su 43 e 5 gare femminili su 42 a causa dello scarso innevamento e delle temperature troppo elevate.

Nel report di Legambiente si fa riferimento anche alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. A tre anni dall’inizio dell’attesissimo evento sportivo, si prospettano diversi rischi, ritardi e ombre all’orizzonte.

Se da una parte i cantieri delle infrastrutture considerate essenziali-indifferibili risultano già essere in ritardo, dall’altra parte – fa notare l’associazione – la costruzione di queste opere sarà soggetta a “procedure accelerate”, rischiando di sacrificare così le necessarie valutazioni sugli impatti ambientali e sanitari. Manca ancora un completo cronoprogramma e questo rende molto difficile stabilire se e quali opere verranno effettivamente concluse in tempo per i giochi olimpici e quali saranno realizzate solamente per “stralci”. Per non parlare del rischio di infiltrazioni mafiose.

Queste incertezze spingono sempre più le “Olimpiadi a costo zero” verso ulteriori finanziamenti pubblici. Considerando le recenti dichiarazioni degli esponenti del comitato organizzatore relative ad opere come la Pista da bob “Eugenio Monti” di Cortina, l’Ice Rink di Pinè, il PalaItalia di Milano, sarebbe già previsto un incremento dei costi fino al 40%. In pratica si prevede il superamento della soglia dei 4 miliardi complessivi entro l’inizio dei Giochi.

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Fonte: Legambiente 

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