La neve sui monti europei è sempre meno, e molti impianti sciistici sono costretti a chiudere i battenti: cosa ci aspetta per i prossimi anni?
Un inizio anno decisamente anomalo – almeno dal punto di vista climatico: le temperature sempre più alte e la quasi totale assenza di neve in diverse regioni dell’Europa hanno imposto la chiusura di numerose piste da sci e di resort che attendevano con ansia la stagione invernale per provare a recuperare le perdite dovute ai mesi bui della pandemia da Covid-19.
Come si può osservare dalle immagini aeree, dove avrebbero dovuto esserci distese di neve ora si possono vedere solo erba e fango. Da Chamonix in Francia a Innsbruck in Austria, passando per i massicci appenninici del centro Italia: in buona parte dell’Europa la neve è solo un ricordo, mentre i termometri registrano il gennaio più caldo di sempre con temperature che superano i 20°C anche nella (un tempo) fredda Germania.
Il servizio meteorologico svizzero parla di un clima quasi estivo, con temperature che un tempo erano tipiche del mese di giugno. Neanche l’altitudine garantisce più temperature rigide, che potrebbero far resistere la neve artificiale sparata dai cannoni.
Anche a 1.500 metri di quota sulle Alpi svizzere le temperature insolitamente alte, le forti piogge (che provocano un aumento dei livelli di umidità e delle temperature) e l’assenza di neve hanno portato i proprietari di impianti sciistici a chiudere le piste al pubblico.
La Francia, dopo aver vissuto il suo anno più caldo di sempre, ha iniziato l’anno in negativo nei suoi impianti sciistici. L’inizio della stagione era stato piuttosto positivo, grazie all’ondata di freddo registrata a metà dicembre che aveva portato con sé tanta neve. Purtroppo però, con l’aumento delle temperature e l’arrivo di piogge calde, molti impianti hanno chiuso i battenti.
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Piste chiuse e zero neve vogliono dire, per albergatori e operatori del settore, pochi turisti e un futuro incerto dal punto di vista economico. Alcune strutture stanno rimodulando la propria offerta per adattarsi al clima che cambia – offrendo, per esempio, percorsi escursionistici estivi o attività di immersione nella natura.
Gli amanti delle vacanze sulla neve dovranno quindi rassegnarsi a sciate sempre più sporadiche negli anni che verranno? Pare proprio di sì. Uno studio condotto dall’università svizzera di Basilea ha provato a immaginare quanto costerà, dal punto di vista economico e dei consumi d’acqua, utilizzare la neve artificiale per compensare la mancanza di quella vera e tenere aperti gli impianti sciistici.
Secondo i risultati, l’uso della neve artificiale può effettivamente garantire una stagione sciistica di 100 giorni, almeno nelle parti più alte del comprensorio sciistico (a partire dai 1.800 metri di quota), ma a precise condizioni meteorologiche.
Non deve essere né troppo caldo né troppo umido, altrimenti non ci sarà abbastanza raffreddamento per evaporazione perché l’acqua spruzzata si congeli nell’aria e cada sotto forma di neve – spiegano gli autori dello studio. – L’aria calda assorbe più umidità e quindi, man mano che gli inverni diventano più caldi, diventa anche sempre più difficile o impossibile produrre neve tecnicamente.
Anche la quantità di acqua necessaria a produrre neve artificiale aumenterà sempre più con il progredire della crisi climatica: si passerà dagli attuali 300 milioni di litri necessari oggi agli oltre 540 milioni di litri d’acqua per il 2100 – un quantitativo idrico massiccio, soprattutto se pensiamo che il mondo sta andando incontro a fenomeni siccitosi sempre più importanti.
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Fonti: The Guardian / Università di Basilea
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