Sulle Alpi e gli Appennini manca la neve. Dalla Francia all’Austria passando per l’Italia, erba e fango hanno preso il posto dei candidi manti bianchi. A essere a rischio è sì la stagione sulle piste da sci, ma anche – ovvio – la salute delle montagne e dei ghiacciai, con effetti non così difficili da immaginare per la fornitura di acqua e le coltivazioni. Uno scenario del tutto nuovo e inaspettato? Assolutamente no. Parola di Luca Mercalli
A chiusura di un anno segnato da una gravissima siccità e con le temperature record fin dal 1800, non bisognava scomodare chicchessia per prevedere anche solo che sì, la stragrande maggioranza di questo inverno sarebbe stato caratterizzato da una quasi totale mancanza di neve. Roba che si sa da almeno tre decenni. Eppure sembra essere, ancora una volta, una sorpresa che ha colto tutti impreparati.
La durata della neve al suolo sull’Europa centrale e sulla regione alpina si è accorciata in media di circa 9 giorni per decennio tra il 1971 e il 1994. E questo non lo si dice ora, ma nel 2008 in uno studio sui cambiamenti climatici sulla montagna piemontese. In Valle d’Aosta, dal 1850 a oggi i ghiacciai si sono ridotti della metà e a quota 1500 metri la fusione primaverile della neve è anticipata di circa 15 giorni rispetto ad inizio 1900. E questo non lo si dice ora, ma nel 2006 nello studio Saperi alpini: un cairn per un futuro rinnovabile.
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Tutto prevedibile e previsto, insomma, Professor Mercalli.
Esatto, tutto questo non è una novità. Anche l’anno scorso dicevamo le stesse cose, quando c’è stato un minor innevamento sulle Alpi. Di fatto, questa non è altro che una tendenza che va avanti da anni e di cui i ricercatori avvertono da almeno 30 anni. È dagli anni ’90 che si dice che il riscaldamento globale renderà l’innevamento sempre meno continuo e sempre più intermittente, con ricadute sull’industria del turismo invernale e sulla disponibilità di acqua.
Quindi i problemi sono due sostanzialmente?
Il turismo invernale subito, è chiaro che è un problema di questa stagione, e invece a lungo termine – se mancherà anche la neve primaverile, dal momento che sulle Alpi può nevicare fino a tutto maggio – avremo nuovamente gravi problemi di acqua. In Pianura Padana soprattutto, perché è ovvio che la neve è la riserva idrica per l’estate, sia sulle Alpi che sull’Appenino.
La neve che fonde poi lentamente tra maggio e luglio alimenta i fiumi e le falde. Veniamo già da un anno di estrema siccità, se ne dovessimo fare un altro consecutivo, temo una siccità davvero complessa.
È giusto preoccuparsi dello sci in questo momento allora?
Certo, e anche in questo caso per lo sci sono tutti avvertimenti che già 30 anni venivano dati da tutti gli organismi che si occupano di montagna e non solo in Italia. In Austria, in Francia, in Svizzera, già si diceva che non bisogna puntare tutto lo sviluppo economico di queste aree sullo sci, ma si deve diversificare e offrire altre cose. Lo sci è un ottimo sport quando c’è la neve, ma quando non c’è? Ecco che servono alternative e un investimento culturale. C’erano 30 anni di tempo per farlo, non è stato fatto e quando arriva l’emergenza si piange, dando la colpa a qualcun altro e chiedendo i fondi allo Stato.
Queste cose sono state tutte dette e scritte in tutti i rapporti della climatologia mondiale degli anni scorsi. Io stesso ho scritto articoli sulla mancanza di neve e quando ho fatto incontri con i responsabili delle stazioni sciistiche mi ridevano in faccia: bastava un anno con la neve e sembrava che tutto fosse tornato a posto.
Impressive comparison of #GranSasso, #Abruzzo, view on Jan. 5th 2022 and 2023 as seen by #Copernicus #Sentinel2 showing a worrysome lack of #snow this year. #ClimateEmergency
Il Gran Sasso da satellite: a confronto il 5 gennaio 2022 e 2023. #Italia #Italy @Giulio_Firenze pic.twitter.com/OpZ1YsVmJW
— ADAM Platform (@PlatformAdam) January 9, 2023
A proposito, il 28 dicembre scorso il Consiglio di Ministri, su proposta del Ministro per la Protezione Civile, aveva già prorogato lo stato di emergenza idrica in nove Regioni e aggiungendone una decima, le Marche. Quindi non si potrà dire che nessuno sapeva.
Quando bisogna fare le Olimpiadi a Cortina spendiamo miliardi e costruiamo ogni genere di impianto che poi non sarà più usato, se invece chiediamo di finanziare percorsi di sviluppo diverso della montagna allora non va mai bene e finiamo con i continui stati di emergenza.
Perché mettiamo miliardi per fare le Olimpiadi sapendo già che il futuro della neve è molto precario e non mettiamo gli stessi soldi per fare uno sviluppo della montagna diverso, per esempio per ristrutturare le borgate che se ne cadono a pezzi?
Che estate ci aspetta?
Non si può dire, non ci sono elementi per fare una previsione. Da qui a 15 giorni tutto può cambiare e le possibili nevicate tardive, tra marzo e maggio, possono essere comunque benefiche per le risorse idriche. Rimane comunque il rischio di vivere un altro anno molto siccitoso e quello che più dovrebbe preoccupare è il fatto che questa tendenza riguarderà i prossimi anni.
Ogni anno registriamo qualche nuovo record, quindi direi che il rapporto tra riscaldamento globale e anomalie termiche è ormai ampiamente provato.
Intanto, la transizione ecologica dovrebbe essere la cosa più importante del mondo, ma adesso si parla solo di guerra e di armi…
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