In soli 40 anni la neve è diminuita fino al 75 per cento in Trentino Alto Adige

Nei fondovalle la mancanza di neve ha cambiato del tutto la percezione dell’inverno, con un aumento delle temperature medie e picchi fino a 3 gradi. Il motivo? Fa troppo caldo, tanto che le precipitazioni rimangono per lo più sotto forma liquida, soprattutto alle quote più basse, perché non fa abbastanza freddo per trasformarsi in neve...

Sempre meno neve in Trentino. Un gruppo di ricerca di Eurac Research, in collaborazione con l’Università di Trento, ha racimolato tutti i dati storici sulle precipitazioni nevose messi a disposizione dalle Provincie autonome e dal lavoro dell’associazione Meteo Trentino Alto Adige e li ha interpretati in relazione alle fasce di quota e ad altri parametri climatici.

Dai risultati pubblicati sull’International Journal of Climatology emerge come, in generale, i trend delle nevicate dal 1980 al 2020 siano negativi praticamente in tutto il Trentino Alto Adige, con picchi fino a meno 75%.

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I dati più negativi si registrano a inizio e fine stagione, mentre soltanto in pieno inverno, tra gennaio e febbraio, e attorno ai 2mila metri di quota, le nevicate sono stabili o addirittura in crescita in poche stazioni di misurazione come quelle dei passi Rolle e Tonale, che registrano un aumento attorno al 15%.

Del 75% nella città di Bolzano e del 46% a Trento, tanto è diminuita tra il 1980 e il 2020 la neve fresca accumulata per stagione, cioè la somma dei centimetri di neve che cadono tra ottobre e aprile. Ma se nei capoluoghi di provincia la mancanza di neve è sotto gli occhi di tutti oramai da anni – tanto che le rare nevicate occupano spesso le prime pagine dei giornali – a preoccupare di più i ricercatori sono i numeri negativi di altre località.

A San Candido le nevicate sono diminuite del 26 per cento, a Andalo del 21 per cento e a Rabbi del 29 per cento, spiegano riferiscono Giacomo Bertoldi e Michele Bozzoli, idrologi di Eurac Research. L’impatto visivo è meno forte perché parliamo di posti dove l’accumulo medio di neve fresca rimane comunque sopra il metro, ma queste diminuzioni hanno conseguenze gravi per le falde acquifere, la disponibilità di acqua e dunque tutte le attività umane che ne hanno bisogno.

La causa di tutto ciò? La crisi climatica, ovvio

L’aumento medio della temperatura nelle 18 stazioni che abbiamo selezionato è di 1,54 gradi – continuano i ricercatori. Per il caldo le precipitazioni rimangono per lo più sotto forma liquida, soprattutto alle quote più basse, perché non c’è abbastanza freddo per trasformarsi in neve.

Se si guarda alle precipitazioni stagionali in quarant’anni ovunque sono aumentate, ma per lo più sotto forma di pioggia, e questo aspetto è solo parzialmente rassicurante. Infatti, anche se statisticamente non sembrano aumentare gli inverni secchi come questo o il precedente – e questo è indispensabile per avere abbastanza acqua – il passaggio da neve a pioggia ha conseguenze negative non solo per le attività sciistiche. La neve è fondamentale perché protegge i ghiacciai e il terreno ostacolando l’evaporazione e, sciogliendosi lentamente in primavera, ricostituisce gradualmente le riserve di acqua. Senza neve, insomma, il rischio siccità è maggiore.

neve trentino

©Eurac Research

neve trentino

©Eurac Research

Anche i pochi casi di trend positivi delle nevicate, a quote attorno o superiori ai 2.000 metri, sono da ricondurre al fatto che, nonostante un aumento della temperatura, è ancora sufficientemente freddo perché le precipitazioni avvengano sottoforma di neve. Per esempio, anche se ai passi Rolle e Tonale le temperature sono cresciute in media rispettivamente di circa 1,5 e 2,3 gradi, l’aumento delle precipitazioni ha portato a un aumento dell’accumulo di neve fresca rispettivamente del 16 e 17%.

Fonte: International Journal of Climatology

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