In Italia la neve è sempre meno, ma è boom di impianti sciistici: il report che dovrebbe farci riflettere

Sulle Alpi e sugli Appennini la neve sta diventando una rarità, ma "fioccano" gli impianti sciistici che utilizzano neve artificiale. Sono 150 i nuovi progetti che minacciano i siti naturalistici protetti del nostro Paese

Settimana bianca in Italia? Sì, ma con neve artificiale. Quella vera infatti sta diventando un miraggio nel nostro Paese. Un altro dei tanti effetti collaterali della crisi climatica. Nelle aree alpine le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale, e la neve al suolo nell’ultimo decennio ha subito un costante decremento, lasciando sempre più spazio a sterpaglie aride.

E questo scenario è destinato a peggiorare, visto che per le nostre montagne gli esperti prevedono un incremento della temperatura tra i 2 e i 3°C  entro il 2050. A fotografare questa situazione per niente rassicurante è il nuovo report annuale di Legambiente, dal titolo “Nevediversa”, che affronta la questione del turismo sciistico in Italia, accendendo i riflettori sulle sfide imposte dai cambiamenti climatici.

Nevediversa 2022: i dettagli del report

Se da un lato la neve vera è diventata una rarità nel Bel Paese, dall’altro “fioccano” gli impianti sciistici con neve artificiale. Attualmente sono almeno 150 i nuovi progetti (la maggior parte dei quali prevede l’ampiamento dei comprensori sciistici) che mettono a rischio i siti naturalistici protetti a livello europeo che fanno parte di Rete Natura 2000.

nevediversa2022

@Legambiente

Dall’indagine emerge un quadro problematico, con numerose proposte di impiantistica a quote molto basse, in contesti dove la neve sarà sempre più rara e gli inverni sempre più brevi, con il rischio concreto che, i buoni intendimenti delle direttive europee per la tutela di aree di grande pregio naturalistico e la loro estensione dall’attuale 22% al 30%, vengano clamorosamente disattesi. – si legge nel report – A complicare il tutto c’è l’arrivo imminente dei fondi europei previsti dal PNRR: da tempo auspicati ma che, in un clima di poca chiarezza e di insufficiente controllo, possono trasformarsi in un facile volano per la realizzazione di progettazioni molto impattanti. Tra questi il progetto di ampliamento del demanio sciabile del Passo del Tonale, promosso dal Comune di Ponte di Legno che prevede un investimento di 60-65 milioni di euro, in parte finanziati dalla Regione Lombardia e quello per l’ampliamento del comprensorio sciistico dei Monti Sibillini, a cui sono destinati ben 65.292.000 di euro, una parte rilevante e abbondante delle risorse messe a disposizione dal CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo) e dal Fondo Complementare Aree Sisma. Il paradosso, soprattutto nel caso marchigiano, sta proprio nel fatto di prevedere un investimento così alto per il turismo dello sci, in una regione non di certo famosa per i comprensori sciistici, in cui la vetta più alta supera di poco i 2.000 metri di altitudine. Questi solo alcuni degli esempi in cui, i promotori e gli amministratori italiani, attuano scelte dettate da interessi di parte, sacrificando la tutela della biodiversità.

Mentre diversi impianti sciistici puntano ad ampliarsi, il futuro è sempre più incerto per ben 135 strutture a causa di vari fattori: assenza di neve, problemi di gestione ed economici.

A rischio le future Olimpiadi invernali

Il rapporto di Legambiente affronta anche il tema dei Giochi olimpici invernali che si terranno dal 6 al 22 febbraio 2026 a Milano e Cortina d’Ampezzo, rivolgendo particolare attenzione ad alcune opere piuttosto impattanti, ad esempio gli impiatti per il bob. Per le Olimpiadi 2026, infatti, verrà realizzata ex novo una struttura da bob, su iniziativa delle istituzioni regionali con il sostegno del CONI.

A nulla sono servite proposte alternative di utilizzare l’esistente anello di Innsbruk. – sottolinea il report – Legambiente, a tal proposito, riflette sulle vicende dell’eredità di Torino 2006, allo scopo di indurre ad un ripensamento sulle scelte intraprese riportando anche i dati ricavati da breve indagine sulla situazione degli impianti per il bob nel mondo, che elencano ben 9 anelli dismessi, oltre a un buon numero di impianti ridotti a un uso esclusivamente turistico.

L’assenza di neve desta preoccupazione per il futuro dei Giochi Olimpici invernali. Quelle che si sono concluse a Pechino qualche settimana fa sono state le prime a svolgersi quasi interamente su neve artificiale, data la scarsità di precipitazioni. E negli anni a venire sarà sempre peggio. Infatti, secondo una ricerca realizzata dall’Università di Waterloo, pubblicato su Current Issues in Tourism, se non ci dovesse essere una riduzione importante delle emissioni di gas serra, nel 2080 soltanto Sapporo (capoluogo di Hokkaido, in Giappone) resterebbe l’unica località su 21 (quelle che in precedenza hanno ospitato l’evento sportivo) in grado di ospitare le Olimpiadi invernali.

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Fonte: Legambiente 

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