Greta Thunberg lancia un nuovo appello a favore della tutela dell'ambiente e torna a scagliarsi contro i leader politici mondiali: "Negano, ritardano attivamente il cambiamento e distraggono l'elettorato"
Parole, parole, parole e poche, anzi pochissime, azioni concrete contro la crisi climatica. Per la giovanissima attivista svedese Greta Thunberg la classe politica sta rimandendo a guardare mentre il nostro Pianeta è ogni giorno più agonizzante.
Viviamo in uno stato di emergenza: la crisi climatica, ecologica e di sostenibilità è la più grande minaccia che l’umanità abbia mai affrontato. – torna a ribadire la fondatrice del movimento Fridays for Future in un articolo apparso sulla rivista britannica The New Statesman – Per troppo tempo abbiamo ignorato gli effetti e ora ne stiamo vivendo le conseguenze.
Venti dei 21 anni più caldi dall’inizio dei monitoraggi nel 1850 si si sono concentrati in questo secolo. Si ritiene che le temperature eccezionalmente calde e fredde sperimentate in tutto il mondo (le temperature in Gran Bretagna hanno superato i 40°C per la prima volta a luglio) causate dal riscaldamento globale contribuiscano a cinque milioni di morti umane in un anno. Il mondo naturale è devastato: assistiamo alla rapida perdita di specie e alla distruzione di interi ecosistemi. Questa è una catastrofe umanitaria per coloro che stanno vivendo, non solo per coloro che verranno dopo di noi.
E no, non basteranno a salvarci dalla devastante crisi climatica gli irrisori impegni assunti dai vari Stati e nel corso degli ultimi summit internazionali, fra cui la COP26. Si tratta di un’illusione a cui non possiamo permetterci di credere.
Occorre fare decisamente di più, come sottolineato da Greta Thunberg che aggiunge:
Gli gli impegni attuali (e desolatamente privi di ambizione) dei governi si basano su numeri profondamente imperfetti e sottostimati: un’indagine del Washington Post ha rilevato un divario fino al 23% nelle nostre emissioni globali annuali, per il quale nessun Paese sembra essere responsabile. Di fronte a questa minaccia esistenziale, i leader politici mondiali negano, ritardano attivamente il cambiamento e distraggono l’elettorato. Piuttosto che unirsi per combattere la crisi, la comunità globale si sta frammentando mentre si combattono guerre e grandi potenze competono per il controllo delle scarse risorse e del territorio.
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Le responsabilità del Regno Unito nella lotta all’inquinamento
Nell’articolo scritto per il settimanale The New Statesman l’attivista 19enne si è poi soffermata sulle responsabilità attribuite alla Gran Bretagna, che nel corso dei secoli si è distinto per i suoi elevati livelli di inquinamento ma anche per la sua spietata politica coloniale.
In quanto Paese che ha avviato la rivoluzione industriale, in quanto inquinatore ereditario e brutale colonizzatore, il Regno Unito ha la responsabilità speciale di fornire una leadership morale e politica sulla crisi climatica (visto che fino al 1882, più della metà delle emissioni cumulative mondiali di carbonio provenivano dalla sola Gran Bretagna).
Tuttavia, la nazione non sta mostrando di avere a cuore la questione climatica e di voler impegnarsi concretamente a favore del Pianeta. Il piano politico del primo ministro britannico, Liz Truss – che la scorsa settimana ha rassegnato le dimissioni dopo 6 settimane di governo – ha messo in allarme gli ambientalisti.
Per far fronte all’aumento delle bollette provocate dalla crisi energetica, l’ex premier britannica aveva proposto di sfruttare ulteriormente i combustibili fossili, invece di investire nelle rinnovabili.
“Truss ha chiesto “crescita, crescita, crescita” , ma cosa significa ciò quando contrappone l’economia alle persone, alla natura e al clima?” si domanda Greta Thunberg.
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Fonte: The New Statesman
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