Miliardi di dollari di finanziamenti che sono come benzina sul fuoco e acuiscono sempre più la crisi climatica, secondo gli esperti
Miliardi di dollari di finanziamenti che sono come benzina sul fuoco e acuiscono sempre più la crisi climatica, secondo gli esperti
L’industria dei combustibili fossili beneficia di sussidi per un valore di 11 milioni di dollari ogni minuto, secondo l’analisi shock appena condivida dal Fondo Monetario Internazionale (IMF). La produzione e la combustione di carbone, petrolio e gas hanno ricevuto finanziamenti per circa 5,9 trilioni di dollari nello scorso anno, e nessun paese ha stabilito un prezzo per il combustibile sufficiente a coprire per intero i suoi costi ambientali: questo, secondo gli esperti, non fa altro che acuire gli effetti della crisi climatica – in un momento storico in cui è più che mai necessario ridurre drasticamente le emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Stabilire dei prezzi per i combustibili fossili che riflettano i loro reali costi ambientali potrebbe effettivamente contribuire a ridurre le emissioni di CO2 di più di un terzo, secondo IMF – e questo rappresenterebbe un importante passo in avanti verso la riduzione dell’aumento delle temperature globali entro +1,5°C (come stabilito dagli Accordi di Parigi sul clima): in pratica, se il mondo pagasse in denaro le conseguenze ambientali dell’uso dei combustibili fossili, potrebbe ridurne il consumo e impattare meno sull’ambiente. L’adesione a regole comuni nel mercato dei combustibili fossili, che permetterebbero di dare un giusto prezzo all’inquinamento, è anche uno degli obiettivi della COP26; la fine dei sussidi all’industria fossile risparmierebbe inoltre la morte di quasi un milione di persone all’anno in conseguenza dell’aria inquinata e farebbe aumentare i guadagni dei governi.
Ci sarebbero enormi benefici derivanti da questa riforma dei prezzi, quindi la posta in gioco è molto alta – dichiara Ian Parry, autore del report. – Alcuni paesi sono restii ad alzare i prezzi dell’energia perché pensano che questo possa danneggiare la popolazione più povera. Invece è proprio il tenere bassi i prezzi dei combustibili che rappresenta un modo improduttivo di aiutare i più deboli, perché la maggior parte dei benefici finiscono comunque nelle mani dei più ricchi. Sarebbe meglio destinare le risorse per aiutare direttamente le persone povere e vulnerabili.
Vedere 50 nazioni impegnate nel raggiungimento del traguardo emissioni zero entro la metà del secolo e più di 60 riforme dei prezzi dei combustibili fossili in giro per il mondo è un segnale incoraggiante, ma ricordiamoci che stiamo semplicemente scalfendo la superficie e che molto deve essere ancora fatto per risolvere la crisi climatica.
Si pensi che già nel 2009, il G20 aveva concordato nell’abolire i sussidi ai combustibili fossili (lo stesso aveva fatto il G7 nel 2016, impegnandosi ad eliminarli del tutto entro il 2025), ma ben poco è stato fatto da allora: nel luglio scorso, un report aveva mostrato che i paesi del G20 avevano finanziato i combustibili fossili addirittura con trilioni di dollari dal 2015 (anno degli Accordi di Parigi per la neutralità carbonica).
Il report diffuso dal Fondo Monetario Internazionale dimostra che i prezzi dei combustibili fossili sono stati, nello scorso anno, circa il 50% più bassi dei loro reali costi ambientali per il 99% del carbone, il 52% del diesel e il 47% del gas metano. Cinque sono i paesi al mondo responsabili dei due terzi dei sussidi: Cina, Stati Uniti, Russia, India e Giappone. Se non si interviene subito, con una regolamentazione mirata, tali sussidi potrebbero arrivare all’esorbitante cifra di 6,4 trilioni di dollari nel 2025. Intanto i paesi del G20, da soli, rilasciano nell’atmosfera quasi l’80% delle emissioni di gas serra totali – ecco perché più di 600 multinazionali (fra cui Ikea, Volvo, Siemens, Unilever), riunite nell’associazione We Mean Business Coalition, hanno chiesto proprio ai leader di questi paesi di eliminare i sostegni economici ai combustibili fossili entro il 2025.
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Fonte: IMF
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