Diffamare i climatologi che raccontano la verità può costare caro ai negazionisti: sentenza storica con risarcimento da 1 milione di dollari

Lo scienziato del clima Michael Mann riceverà un risarcimento di più di 1 milione di dollari dopo aver vinto una causa per diffamazione contro due blogger scrittori, Mark Steyn, collaboratore della National Review, e Rand Simberg

Non si è in realtà mai fermato nel sostenere, tra le altre cose, che il riscaldamento globale fa sì che le ondate di calore siano sempre più lunghe, più frequenti, e che le temperature saranno più elevate e su aree più estese rispetto a quanto accadeva in passato. Un parere che gli è costato anche una causa.

Già, perché circa 12 anni il climatologo Michael Mann dovette fare i conti con due scrittori conservatori che lo paragonarono, per le sue dimostrazioni sul riscaldamento globale, a “un molestatore di bambini”. Mann intentò una causa e oggi, in una sentenza storica, il verdetto unanime della Corte Superiore del Distretto di Columbia è stato deciso da una giuria composta da sei membri dopo un processo durato quattro settimane.

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Loro, Mark Steyn e Rand Simberg, sono stati entrambi giudicati colpevoli di diffamazione per aver rilasciato false dichiarazioni con “cattiveria, disprezzo, cattiva volontà, vendetta o intento deliberato di nuocere“.

In una dichiarazione pubblicata sull’account X di Mann, uno dei suoi avvocati ha dichiarato:

È anche una grande vittoria per la verità e per gli scienziati di tutto il mondo che dedicano la propria vita a rispondere a domande scientifiche vitali che influiscono sulla salute umana e sul pianeta.

La mazza da hockey di Mann

Mann ha raggiunto la notorietà dopo aver ricostruito le tendenze della temperatura globale su un periodo di 1.000 anni in un paio di articoli pubblicati nel 1998 e nel 1999. Quel lavoro includeva quello che divenne noto come il “grafico a mazza da hockey” (“hockey stick”) – un grafico che descrive un graduale calo delle temperature per gran parte del millennio scorso, seguito da un forte picco nel ventesimo secolo, dopo che la rivoluzione industriale ha aumentato le emissioni di gas serra.

Mostrò allora che le temperature medie nell’emisfero settentrionale sono cambiate poco per 900 anni, fino a quando non hanno iniziato a salire rapidamente graduale calo delle temperature per gran parte del millennio scorso. Il lavoro diede a Mann, allora alla Penn State University e ora all’Università della Pennsylvania, un’ampia visibilità.

mazza hockey mann

©New Scientist

 

Il grafico della mazza da hockey è diventato un simbolo dell’interferenza umana nel sistema climatico ed è stato riprodotto da molti altri, incluso il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. In più, è stato incluso in un rapporto di un comitato climatico delle Nazioni Unite nel 2001 e una sua versione è stata inclusa nel documentario sul cambiamento climatico di Al Gore, vincitore dell’Oscar nel 2006, An Inconvenient Truth.

Ma a causa del suo lavoro, Mann è diventato presto un bersaglio di critiche da parte dei negazionisti della scienza del clima.

Le e-mail di Mann e di altri scienziati sono trapelate nel 2009 in un incidente noto come “Climategate”, con i negazionisti del clima che sostenevano che Mann avesse manipolato i dati. Le indagini di Penn State e altri, compreso un esame delle e-mail da parte dell’Associated Press, non hanno invece mai riscontrato alcun uso improprio dei dati da parte di Mann.

Indipendentemente da ciò, nel 2012, il thinktank Competitive Enterprise Institute, pubblicò un post sul blog di Rand Simberg che confrontava le indagini della Penn State University sul lavoro di Mann con il caso di Jerry Sandusky, un ex assistente allenatore di football (condannato per aver aggredito sessualmente più bambini).

Si potrebbe dire che Mann sia il Jerry Sandusky della scienza del clima, tranne per il fatto che invece di molestare i bambini, ha molestato e torturato i dati, scrisse Simberg. Mentre un altro scrittore, Mark Steyn, in seguito fece riferimento all’articolo di Simberg nel suo articolo sulla National Review, definendo la ricerca di Mann “fraudolenta”.

Mann ha citato in giudizio sia gli uomini che i loro editori. Nel 2021 un giudice ha respinto i due mezzi di informazione come imputati, affermando che non potevano essere ritenuti responsabili, ma le accuse contro le persone sono rimaste.

Simberg e Steyn hanno sostenuto che stavano semplicemente esprimendo la loro opinione.

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