Evidenti segnali di crollo della Corrente del Golfo: un altro allarme arriva dalla scienza. Potrebbe essere il punto di non ritorno
Evidenti segnali di crollo della Corrente del Golfo: un altro allarme arriva dalla scienza. Potrebbe essere il punto di non ritorno
Evidenti segnali di crollo della Corrente del Golfo: un altro, l’ennesimo, allarme arriva dalla scienza, stavolta dalla Potsdam Institute of Climate Impact Research (Germania), che punta il dito sui cambiamenti climatici. E che potrebbe davvero essere il punto di non ritorno.
La Corrente del Golfo (Atlantic Meridional Overturning Circulation, AMOC) è un sistema che sistema di correnti oceaniche che trasporta acque superficiali calde verso l’Atlantico settentrionale, un meccanismo importante per la ridistribuzione del calore e cruciale per il clima del mondo.
È così potente che, anche a latitudini molto elevate, le zone esposte ad essa manifestano temperature sensibilmente più alte dei corrispondenti interni (basta verificare la differenza, anche in inverno, tra quelle di città della costa norvegese artica occidentale con quelle di città a pari latitudini in Finlandia).
Bruschi rallentamenti di questo complesso sistema possono innescare eventi climatici estremi in tutto il globo, tra cui un improvviso aumento del livello del mare a livello locale nonchè cambiamenti nella posizione delle principali piogge e delle zone climatiche aride.
Precedenti studi avevano già suggerito un graduale indebolimento negli ultimi decenni, ma le stime del punto critico di transizione restavano incerte.
Nella ricerca appena pubblicata è stato messo a punto un indicatore di preallarme in grado di rilevare segnali di allerta precoce e purtroppo significative indicazioni sono già scattate su otto indici AMOC indipendenti, basati su dati di temperatura della superficie del mare e di salinità provenienti da tutto il bacino dell’Oceano Atlantico fino a 150 anni fa.
Questi risultati rivelano prove empiriche spazialmente coerenti che dimostrano come, nel corso del secolo scorso, l’AMOC potrebbe essersi evoluto da condizioni relativamente stabili a un punto vicino a una transizione critica
scrive Niklas Boers, autore del lavoro.
Non è un fenomeno iniziato da poco tempo in realtà: la ricerca ha riscontrato infatti una quasi completa perdita di stabilità nell’ultimo secolo e in generale è noto che il rallentamento è in atto da almeno 1600 anni. Tuttavia la nuova analisi mostra che la corrente potrebbe essere vicina al completo stop. Una catastrofe climatica, nemmeno più “solo” una crisi.
I segni di destabilizzazione già visibili sono qualcosa che non mi sarei aspettato e che trovo spaventoso – spiega Boers a The Guardian – É qualcosa che non possiamo [permettere] che accada.
Cosa fare?
L’unica cosa da fare è mantenere le emissioni il più basse possibile – tuona il ricercatore – La probabilità che questo evento di altissimo impatto accada aumenta con ogni grammo di CO2 che immettiamo nell’atmosfera.
Perché, in effetti, in realtà non sappiamo quale livello di CO2 possa innescare un collasso dell’AMOC.
Questi segnali di stabilità decrescente sono preoccupanti – fa eco David Thornalley, che aveva condotto una precedente analisi a febbraio di quest’anno – Ma non sappiamo ancora se si verificherà un collasso o quanto potremmo esservi vicini.
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Viviamo nell’incertezza del domani – è vero – ma possiamo vivere consapevoli che le azioni di oggi possono avere ricadute sul futuro.
Il lavoro è stato pubblicato su Nature Climate Change.
Fonti di riferimento: The Guardian / Nature Climate Change
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