COP28, “senza petrolio torniamo nelle caverne”: tutta la verità sulle affermazioni del sultano Al Jaber

COP28 giorno quinto: nella giornata dedicata alla finanza, al commercio e, soprattutto, all’uguaglianza di genere, permane l’ombra della forte commistione tra interessi fossili e politica, tanto che Sultan Ahmed Al Jaber si dice convinto che “nessuna scienza” dimostrerebbe che abbandonare i combustibili fossili manterrà l'aumento delle temperature entro 1,5 gradi. Ma quando l'ha detto? E in contesto? Facciamo chiarezza

“Terremoto alla Cop”, “Bufera alla Cop”, così titolano molti giornali, italiani ed esteri, nelle ultime ore, in merito alle parole del Sultan Ahmed Al Jaber, presidente della COP28.

Non esiste evidenza scientifica che, per mantenere il riscaldamento globale sotto 1.5 gradi, si debbano eliminare le fonti fossili”. Questa, in particolare, la frase incriminata. Una gravissima affermazione, in contrasto con tutti i report dell’Ipcc e tutta la comunità scientifica, che però non è stata pronunciata alla Cop28.

Così rispondeva, il 21 novembre scorso, Sultan Ahmed Al Jaber alle incalzanti domande di Mary Robinson, ex inviata speciale delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico (intervista ripresa ieri da The Guardian, da cui è partito il copia incolla su tutti i giornali), durante un evento online organizzato da SHE Changes Climate.

13 giorni fa, Sultan Ahmed Al Jaber, messo alle strette dalla Robinson, ha parlato in quella occasione solo di “possibili soluzioni” e mai di una urgenza concreta di dire addio alle fossili. Anzi, ha rincarato la dose sostenendo che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili non consentirebbe lo sviluppo sostenibile “a meno che non si voglia riportare il mondo nelle caverne.

Leggi anche: COP28, tutto quello che devi sapere sulla conferenza sul clima di Dubai

Tutto questo, non che ne alteri la gravità, è accaduto online prima che la COP28 avesse inizio, mentre il 30 novembre, giorno di apertura del summit, nel suo discorso il presidente Al Jaber ha chiesto apertamente ai delegati addirittura di includere i petrolieri nel percorso che porta alla transizione energetica. E tutto in netto contrasto con l’esigenza di inserire nei negoziati il phase out e non un phase downriduzione, non eliminazione – dei combustibili.

D’altronde, cosa aspettarsi da una conferenza sul clima organizzata e sponsorizzata dalle compagnie petrolifere. Certo. Non è una novità questa, lo sapevamo da tempo. Estrapolare le affermazioni di Al Jaber dal loro contesto, pur non rendendole meno gravi, è in ogni caso sbagliato e poco costruttivo. E, soprattutto, non fa il bene dei negoziati. Perché, in fondo, noi speriamo (ancora) di leggere e sentire la parola “phase-out” il 12 dicembre.

Da phase out a phase down

Fu la COP26 di Glasgow, infatti, nel 2021, a concludersi con il presidente Alok Sharma in lacrime: nel testo finale, l’espressione “phase out” fu sostituita proprio da “phase down” (riduzione), a causa delle pressioni di due Paesi, India e Cina, che si appellarono al mancato accordo sul Loss&Damage (per il quale quest’anno l’Italia ha stanziato 100 milioni di dollari).

Sharma chiese scusa a tutto il mondo per il fallimento dei negoziati.

Poteva probabilmente la COP28 essere la volta buona (ma già prima della sua nomina a presidente della COP28, il CEO di ADNOC, compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti, aveva chiarito di essere contrario al phase out…), anche perché l’Unione Europea aveva deciso che l’addio alle fossili sarebbe stato uno dei punti del negoziato.

Ma pare che nemmeno quest’anno ci sia la svolta.

Siamo in crisi assoluta che colpisce tutti, donne, bambini, disabili, i più vulnerabili e questo è avvenuto perché non abbiamo messo fine ai combustibili fossili. Questa è l’unica decisione che la COP28 può prendere e siccome lei è il presidente dell’ADNOC, lei può agire ancora con più credibilità, dicendo: io oggi riconosco che dobbiamo uscire dai combustibili fossili con una transizione verso l’energia pulita, rinnovabile, accessibile. Non è una cosa che possiamo rimandare, è urgente. E non ho sentito dire la parola “urgente”, pressa ancora la Robinson in quella intervista di novembre.

E Al-Jaber ha girato la frittata, sostenendo che quello di cui c’è bisogno è un phase out, sì, ma delle emissioni fossili, spostando l’attenzione non sull’eliminazione dei combustibili fossili, ma sulle soluzioni dettate dal modello di business: cattura e stoccaggio della CO2, compensazioni e altre trovate. Rifiuta, in poche parole, di impegnarsi a eliminare gradualmente i combustibili fossili.

Non credo che sarete in grado di aiutare a risolvere il problema climatico puntando il dito o contribuendo alla polarizzazione e alla divisione che si sta già verificando nel mondo. Mostrami le soluzioni. Smettila di puntare il dito. Smettetela, ha detto ancora Al Jaber.

Mentre Guterres ha ribadito venerdì ai delegati della Cop28:

La scienza è chiara: il limite di 1,5°C è possibile solo se alla fine smettiamo di bruciare tutti i combustibili fossili. Non ridurre, non abbattere. Eliminazione graduale, con un calendario chiaro.

L’alleanza con il Brasile, altro scenario

Intanto, il Presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva e il Presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo Sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, hanno annunciato una partnership bilaterale per affrontare congiuntamente le sfide interconnesse del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità.

Un’alleanza che potrebbe portare a poco, ma che ad oggi potrebbe essere in ogni caso un buon segnale all’indomani della presentazione di uno nuovo studio in cui vengono mappate le 918 aree protette minacciate da attuali o futuri progetti di estrazione di combustibili fossili.

Secondo le proiezioni, i 2.337 piani di estrazione di petrolio, gas e carbone comporterebbero almeno 50,8 Gt di emissioni potenziali di CO2 nel corso della loro vita, pari a più di tre volte le emissioni annuali di Stati Uniti e Cina messi insieme.

Seguici su Telegram Instagram | Facebook TikTok Youtube

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook