Le industrie petrolifere e del gas hanno 636 rappresentanti alla conferenza in Egitto, un aumento di oltre il 25% rispetto all’anno scorso, superando in numero qualsiasi comunità colpita seriamente dalla crisi climatica
Sono 636 i lobbisti delle industrie petrolifere e del gas registrati per partecipare all’evento delle Nazioni Unite a Sharm el-Sheikh, in Egitto. A Glasgow, l’anno scorso, la cifra era pari a 503 e già allora superava in numero la delegazione di ogni singolo Paese.
Quest’anno l’unico Paese con una delegazione più numerosa sono gli Emirati Arabi Uniti, che l’anno prossimo ospiteranno la COP28, che conta 1.070 delegati registrati, rispetto ai 176 dello scorso anno.
Alla Cop27 l’influenza dei lobbisti dei combustibili fossili è maggiore dei Paesi e delle comunità in prima linea. Le delegazioni dei Paesi africani e delle comunità indigene sono sminuite dai rappresentanti degli interessi aziendali, ha affermato il gruppo Kick Big Polluters out, che si batte contro l’influenza dei lobbisti dei combustibili fossili durante i negoziati sul clima.
Potrebbe essere un dato di fatto, insomma, che la crescente presenza di lobbisti dei combustibili fossili rischi di ostacolare i negoziati in un momento cruciale, quello in cui tutti dovrebbero fare degli sforzi concreti per mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C di riscaldamento
La nostra sensazione? Chel’azione per il clima continuerà a non riuscire ad affrontare in modo significativo la crisi climatica fintanto che agli interessi inquinanti è garantito l’accesso illimitato ai processi decisionali.
Leggi il nostro Speciale COP27.
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Fonte: The Guardian