COP27, così il Governo egiziano azzittisce le proteste e arresta chi manifesta per il clima

Il vertice sul clima in Egitto ha riportato in primo piano la questione dei diritti umani nel Paese e il giro di vite di un sostanziale governo di polizia sugli oppositori. Le ONG affermano che effettivamente il Governo sembra sempre più preoccupato che le proteste possano sfociare in una più ampia dimostrazione di dissenso contro il presidente Abdel Fattah El-Sisi

Telecamere installate sui taxi per monitorare chi sta muovendo per le città e un complesso sistema di registrazione. Che questa COP27 si stia svolgendo in un Paese apertamente liberticida è chiaro a tutti, ma le testimonianze che arrivano da Human Rights Watch, organizzazione no-profit con sede a New York, sono davvero raccapriccianti.

Non è un caso che da più parti si alzi la voce di una bella operazione di greenwashing, quella di ospitare la Conferenza Onu sul clima per ripulire, insomma, l’immagine dell’Egitto di El-Sisi.

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E così, per dirne una, da Human Rights segnalano un complesso sistema di registrazione per ottenere l’accesso a uno spazio di protesta limitato a “zona verde” al di fuori della conferenza principale, come ulteriore indicazione del fatto che le autorità egiziane stiano cercando di limitare la libertà di parola durante il vertice.

E non solo: Sharm El-Sheikh è stata completamente militarizzata, un centinaio di attivisti già arrestati e le ONG egiziane escluse dal dibattito Onu.

Pochi giorni fa, è stata l’Egyptian Commission for Rights and Freedoms a denunciare più di 90 arresti, dopo contini fermi a checkpoint improvvisati per le strade del Cairo con i quali la polizia faceva perquisizioni sostanzialmente illegittime.

Il regime ha così provveduto a chiudere il tradizionale spazio di “dissenso” e partecipazione che negli anni passati ha accompagnato le Conferenze sul clima: vietato manifestare in strada, perché – come dicevamo – il Governo di El-Sisi avrebbe autorizzato solo proteste in “zone speciali” distanti dal luogo del summit, così come è vietato anche prendere parte ai lavori per le tante ONG egiziane che si occupano di giustizia sociale e ambientale.

Le autorità egiziane stanno mandando un chiaro messaggio alle ong egiziane – ha detto a Equal Times Azza Soliman, direttrice dell’ONG Cewla. Ovvero che quello che accade in Egitto deve essere tenuto nascosto al mondo. Ong da tutto il pianeta potranno partecipazione ma quelle egiziane non sono le benvenute.

https://www.facebook.com/HumanRightsWatch/photos/a.391286429353/10160252600279354/?type=3

Divieto di proteste e ipocrisia ambientale

Le manifestazioni non sono dunque consentite alla COP27. In un Paese in cui sono vietati gli assembramenti pubblici di più di dieci persone e l’esibizione di messaggi politici, era fortemente probabile che gli attivisti egiziani e le ONG fossero messi al bando.

C’è una legge contro le manifestazioni in Egitto e molte persone sono ancora in carcere per aver osato alzare un cartello per strada e, oltre alla sua situazione sui diritti umani, il Governo egiziano sta anche cercando anche di nascondere la sua drammatica situazione ambientale ai partecipanti internazionali alla COP27.

Un video che promuove la città di Sharm el-Sheikh prima della COP27 mostra giovani che camminano liberamente per la città. Bevono da bicchieri riciclati, che vengono poi riutilizzati per produrre compost per i giardini della città. Il video sembra implicare che, quando si tratta di ambiente, l’Egitto prende sul serio ogni dettaglio. La realtà sul campo, tuttavia, somiglia poco a questa rappresentazione.

In un Paese sostanzialmente sempre più povero, dalle evidenti diseguaglianze strutturali e in preda a desertificazione e siccità, è un paradosso che accada tutto questo e la domanda sorge spontanea: che valenza hanno queste Conferenze annuali?

Leggi il nostro Speciale COP27.

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