L'Europa sta andando incontro ad un periodo buio fatto di inondazioni sempre più ricorrenti, siccità e carenza di risorse idriche: l'allarme lanciato dall'ultimo report Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU
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La crisi climatica non sta stravolgendo “soltanto” gli equilibri del nostro Pianeta, ma sta andando ad impattare inevitabilmente anche sulle nostre vite, con conseguenze sempre più evidenti. Proprio sulle conseguenze nefaste provocate dal riscaldamento globale si concentra il secondo volume del report dell‘IPCC, l’organismo delle Nazioni Unite monitora i cambiamenti climatici.
Nel rapporto, appena pubblicato, vengono affrontati diversi effetti collaterali del fenomeno, che non possiamo più ignorare, in particolare la siccità che interesserà sempre di più in alcune aree della Terra e l’innalzamento del livello del mare. E l’Europa non è affatto esente da queste conseguenze catastrofiche, anzi i rischi che corrono le popolazioni del Vecchio Continente sono numerosi.
IPCC Press Conference – Climate Change 2022: Impacts, Adaptation & Vulnerability
Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability, the Working Group II contribution to the Sixth Assessment Report.#IPCC#ClimateReport
Posted by IPCC on Tuesday, February 22, 2022
Rispetto alle precedenti edizioni del Rapporto, l’IPCC presenta oggi un maggiore sforzo di integrazione tra le scienze naturali, sociali ed economiche, evidenzia il ruolo della giustizia sociale, delle conoscenze possedute da popolazioni indigene e comunità locali, e offre una
riflessione sul fatto che, per affrontare con successo i rischi posti dall’aumento della temperatura media del Pianeta, sia importante un’azione immediata e urgente. – si legge nel documento – In molte regioni la capacità di adattamento è già notevolmente limitata. Se l’aumento della temperatura rispetto ai valori dell’epoca preindustriale supererà 1,5°C, questa capacità di adattamento risulterà ancora più limitata e avrà un’efficacia ancora più ridotta.
I principali rischi che corre l’Europa
Nel report sono 4 le macro categorie di rischio individuate per l’Europa. Naturalmente il livello di ogni rischio sale con l’aumentare del livello di riscaldamento globale. Dunque tali rischi diventano più gravi con un riscaldamento di 2°C rispetto a un innalzamento della temperatura di 1,5°C.
Ecco quali sono i rischi alle quali va incontro il nostro continente:
● Ondate di calore che mettono a rischio popolazioni e ecosistemi: secondo quanto riportato nel documento, il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore raddoppierà o triplicherà in caso di innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a 1,5°C. Il riscaldamento ridurrà gli habitat adatti agli attuali ecosistemi terrestri e marini e li stravolgerà in modo irreversibile.
Le misure di adattamento allo stress termico della popolazione e il contenimento dei rischi da ondate di calore necessitano di molteplici interventi su edifici e spazi urbani. – spiegano gli esperti – Queste misure devono essere anticipate nell’Europa meridionale, dove il
rischio è maggiore rispetto alle aree più a nord.
● Gravi perdite per l’agricoltura: il team di esperti delle Nazioni Unite prevede nel XXI secolo perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee a causa del caldo e della siccità.
● Risorse idriche sempre più scarse: un altro effetto collaterale da considerare è quello che riguarda la scarsità di risorse idriche. Nell’Europa meridionale il rischio è già molto alto per un livello di riscaldamento globale di 1,5°C e va ad aumentare nel caso
di un innalzamento di 3°C.
In queste regioni, la domanda di risorse idriche eccede già oggi le disponibilità. – si legge nel report – Questo divario sta aumentando a causa dei cambiamenti climatici e degli sviluppi socio-economici. Nel caso di un innalzamento di temperatura di 3°C il rischio di scarsità di risorse idriche diventa alto anche nell’Europa centro-occidentale.
● Inondazioni più frequenti e intense: a causa della crisi climatica e del conseguente innalzamento del livello del mare le inondazioni costiere, fluviali e pluviali saranno sempre più ricorrenti in diverse aree d’Europa.
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Mediterraneo: il pericoloso innalzamento del livello del mare
Una delle zone in cui saranno maggiormente palpabili le conseguenze del riscaldamento globale è il bacino del Mediterraneo. Il livello del nostro mare, infatti, è aumentato già di 1,4mm l’anno nel corso del XX secolo. Un incremento che è andato via via ad accelerare e che continuerà a ritmi sempre più veloci se non riusciremo a contrastare concretamente la crisi climatica.
Ci si attende continui a crescere in futuro a un tasso simile alla media globale, raggiungendo valori potenzialmente prossimi al metro nel 2100 in caso di un alto livello di emissioni. – avverte il report – L’aumento del livello del mare continuerà nei prossimi secoli anche nel caso le concentrazioni di gas serra si stabilizzino. L’innalzamento del livello del mare ha già un impatto sulle coste del Mediterraneo e in futuro aumenterà i rischi di inondazioni costiere, erosione e salinizzazione. Le coste sabbiose strette che sono di grande valore per gli ecosistemi costieri e per il turismo sono a rischio di scomparsa. L’adattamento include opere ingegneristiche (di varia scala) e sistemi soft/ecosistemici, oltre all’arretramento della linea di costa. Le opere ingegneristiche, nonostante la loro efficienza, hanno effetti negativi sugli ecosistemi, sull’attrattività turistica delle coste e sui costi economico-finanziari, che le rendono vantaggiose solo per zone densamente popolate.
Bacino del Mediterraneo sempre più arido
E se da un lato le inondazioni saranno più ricorrenti ni Paesi del Mediterraneo, dall’altro quest’area sarà sempre più arida. Una situazione che avrà gravi ripercussioni sulla biodiversità, sull’agricoltura e di conseguenza sui sistemi alimentari.
Nell’Europa meridionale il numero di giorni con insufficienti risorse idriche (disponibilità inferiore alla richiesta) e siccità aumenta in tutti gli scenari di riscaldamento globale. – chiariscono gli esperti delle Nazioni Unite – Nelle prospettive di un aumento della temperatura globale di 1,5°C e 2°C la scarsità idrica riguarda, rispettivamente, il 18% e il 54% della popolazione. Analogamente, l’aridità del suolo aumenta con l’aumentare del riscaldamento globale: in uno scenario di innalzamento della temperatura di 3°C l’aridità del suolo risulta del 40% superiore rispetto a uno scenario con innalzamento della temperatura a 1,5°C.
Con riscaldamento di 3°C sopra i livelli preindustriali, si stima che 170 milioni di persone saranno colpite dalla siccità estrema. Nel caso in cui il riscaldamento globale rientrasse entro 1,5°C, la popolazione esposta alla siccità scenderebbe a quota 120 milioni.
Che fare per contrastare questo grave fenomeno? Come suggerito nel report, un’idea potrebbe essere quella di puntare sulla riforestazione. Gli alberi, infatti, aiutano a regolare il flusso dell’acqua e le risorse idriche. Inoltre, si potrebbe puntare maggiormente su un’agricoltura
un’agricoltura basata su alimenti che hanno bisogno di un ridotto fabbisogno idrico, ad esempio le patate.
Quello appena arrivato dal nuovo report dell’IPCC è soltanto l’ennesimo documento che ci sbatte in faccia gli effetti nefasti della crisi climatica. Quanti altri rapporti dobbiamo ancora attendere prima di iniziare ad agire per il bene del Pianeta e dei suoi abitanti?
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Fonte: IPCC
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