Una guida ai termini fondamentali e alle questioni principali che saranno al centro dei dibattiti, alla 29esima Conferenza delle Parti dell'Unfccc, tra cui il nuovo obiettivo collettivo quantificato (NCQG) e la gestione dei finanziamenti climatici
La COP29 è ufficialmente iniziata l’11 novembre 2024 a Baku, capitale dell’Azerbaijan. Il tema centrale della 29esima conferenza riguarda l’urgente necessità di una cooperazione globale per affrontare la crisi climatica, con un occhio particolare sulla finanza climatica e, nello specifico, sugli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. In un contesto geopolitico delicato, con la rielezione di Donald Trump negli Stati Uniti, la conferenza si preannuncia come un banco di prova fondamentale per il futuro dell’Accordo di Parigi.
Il segretario esecutivo dell’Unfccc, la Convenzione quadro dell’Onu sul clima, Simon Stiell, ha aperto la conferenza con un appello alla cooperazione globale per dimostrare che la lotta contro il cambiamento climatico non è in stallo. Ha esortato i Paesi a lavorare insieme per superare le sfide climatiche, ricordando che la crisi non può essere affrontata senza un impegno condiviso. “È tempo di dimostrare che la cooperazione globale è all’altezza del momento”, ha dichiarato, senza mai menzionare direttamente gli Stati Uniti, ma facendo eco alla preoccupazione globale sulla posizione del Paese dopo la rielezione di Trump.
In tough times, I don’t go in for hopes and dreams.
We need human ingenuity and determination to overcome the global #climate crisis.#COP29 needs to stand and deliver – especially on climate finance.
Now is the time to show that global cooperation is rising to this moment. pic.twitter.com/QUaK2mK6OS
— Simon Stiell (@simonstiell) November 11, 2024
La principale posta in gioco in questa edizione riguarda l’allocazione dei fondi per il clima. I Paesi in via di sviluppo chiedono un impegno ben superiore agli attuali 116 miliardi di dollari annuali, sollevando una discussione accesa con i Paesi sviluppati, che considerano irrealistica una tale richiesta.
Anche se la conferenza ha visto una riduzione del numero di partecipanti rispetto agli scorsi anni, con circa 51.000 delegati, la posta in gioco è altissima. Tra i temi più discussi ci sono anche il loss and damage, la mitigazione e l‘adattamento ai cambiamenti climatici, ma le sfide finanziarie e politiche saranno il fulcro dei negoziati. L’incontro potrebbe segnare un punto di svolta per il futuro dell’Accordo di Parigi, con una forte attenzione alla cooperazione internazionale e all’impegno per l’azione climatica immediata.
Glossario COP29
Per comprendere con maggiore consapevolezza i dibattiti in corso alla COP29, è utile conoscere alcuni dei principali termini legati al cambiamento climatico e agli accordi internazionali. Ecco un glossario che aiuterà a destreggiarsi tra i concetti discussi alla conferenza:
COP (Conference of the Parties): la COP è la conferenza annuale dove i governi si riuniscono per discutere e negoziare misure per combattere il cambiamento climatico. La COP29 è la 29esima edizione di questa conferenza, nata dalla convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), siglata nel 1992.
UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change): la Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è una delle tre convenzioni ambientali multilaterali adottate durante la Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 e ha rappresentato la prima risposta globale alla sfida dei cambiamenti climatici. La Convenzione ha istituito una struttura legalmente vincolante con l’obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra in atmosfera per evitare “dannose interferenze con il sistema climatico”. Entrata in vigore il 21 marzo del 1994, la Convenzione si estende oggi a 196 Parti Contraenti. Pur impegnando i Paesi a limitare l’aumento delle temperature, non specificava dettagli operativi, che sono stati definiti da accordi successivi come il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi.
NCQG (Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato): è il nuovo obiettivo collettivo quantificato per il finanziamento climatico, un tema centrale alla COP29. Esso stabilisce che i Paesi sviluppati debbano fornire fondi ai Paesi in via di sviluppo per aiutare nella riduzione delle emissioni e nella gestione degli impatti del clima. I Paesi ricchi sono chiamati a contribuire con centinaia di miliardi di dollari l’anno, ma rimane un divario tra le necessità e la realtà dei fondi disponibili.
Fondo per le perdite e danni (Loss and Damage): istituito durante la COP27, il fondo per le perdite e danni è destinato a risarcire i paesi vulnerabili che subiscono gli impatti più gravi della crisi climatica, pur essendo meno responsabili delle sue cause. Il meccanismo è stato creato per affrontare le perdite irreversibili dovute a eventi climatici estremi, come uragani e ondate di calore, e a cambiamenti a lungo termine, come l’innalzamento del livello del mare. Il fondo mira a sostenere questi paesi nel far fronte agli impatti, con un focus sulla giustizia climatica. Durante la COP28, sono stati confermati i dettagli operativi, con l’obiettivo di raccogliere finanziamenti da paesi sviluppati e istituzioni internazionali.
Mitigazione: riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra. È fondamentale per contenere il riscaldamento globale entro i limiti stabiliti dall’Accordo di Parigi (entro 1,5° e ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali).
Adattamento: consiste nell’adattare infrastrutture e comunità per far fronte agli impatti climatici inevitabili, come la costruzione di abitazioni resistenti al calore estremo e reti stradali meno vulnerabili alle temperature elevate.
Finanza innovativa: con i finanziamenti tradizionali che si rivelano insufficienti, l’attenzione si è spostata su soluzioni alternative: tasse sulle emissioni di carbonio, imposte sui voli frequenti e tasse sui miliardari sono alcune delle idee in discussione. Anche la ridistribuzione dei sussidi destinati a pratiche agricole dannose e al settore dei combustibili fossili potrebbe giocare un ruolo chiave.
Accordo di Parigi: firmato nel 2015, ha fissato obiettivi globali per mantenere il riscaldamento “ben al di sotto” dei 2°C, con uno sforzo per restare entro 1,5°C. La strategia prevede impegni volontari, i cosiddetti NDCs (Nationally Determined Contributions), che i Paesi devono aggiornare ogni cinque anni per aumentare l’ambizione climatica.
NDCs: sono i piani nazionali con obiettivi di riduzione delle emissioni, aggiornati regolarmente per mantenere allineati gli impegni ai limiti stabiliti dall’Accordo di Parigi.
Net Zero: implica l’abbattimento delle emissioni con compensazioni per quelle irrinunciabili, come quelle derivanti da settori difficili da decarbonizzare (“hard to abate”). Tuttavia, il concetto è criticato quando è usato come pretesto per ritardare azioni concrete.
Gas serra: sono gas presenti nell’atmosfera che contribuiscono al riscaldamento globale intrappolando il calore del sole, un fenomeno noto come effetto serra. Questo processo, che consente alla vita sulla Terra, è stato amplificato dalle attività umane (come agricoltura, industrie, trasporti), aumentando la temperatura media globale. I principali gas serra sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e l’ossido di azoto (N2O), ma anche i gas fluorurati, come gli idrofluorocarburi (HFC) e l’esafluoruro di zolfo (SF6), che, pur essendo meno comuni, sono molto più potenti nell’effetto serra. Le attività umane, come la combustione di combustibili fossili e l’agricoltura, hanno aumentato significativamente la concentrazione di questi gas nell’atmosfera, accelerando il cambiamento climatico.
SLCPs: sono gli inquinanti climatici a vita breve, come il metano che ha un impatto temporaneo ma molto più potente (climalterante) della CO2 sul riscaldamento globale.
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