Un'analisi retrospettiva sul fenomeno della grandine ci mostra come esso sia cambiato negli ultimi anni, per effetto della crisi climatica
Il clima mediterraneo, un tempo rinomato per essere mite e temperato, negli ultimi anni si sta trasformando rivelando lati estremi finora sconosciuti in questa regione del mondo. Ecco che siccità e temperature record, ma anche temporali di portata inedita (come quelli che hanno provocato la recente alluvione nei territori marchigiani) e grandinate sono ormai all’ordine del giorno e non stupiscono neanche troppo.
È la manifestazione lampante della crisi climatica in atto, dell’ambiente che presenta un conto sempre più salato dopo decenni di emissioni inquinanti e depauperamento degli ecosistemi naturali. Lo sostiene un nuovo studio del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) che ha utilizzato i dati raccolti dai satelliti per studiare il clima nell’area del Mediterraneo negli ultimi 22 anni, con particolare attenzione a un fenomeno meteorologico: la grandine.
Oltre a essere inusuali per il clima mediterraneo a cui siamo abituati, le grandinate sono tra i fenomeni più impattanti sulle infrastrutture e sulle attività umane. A seconda dell’intensità del fenomeno e della grandezza dei chicchi di grandine, possono verificarsi danni all’agricoltura, ma anche alle infrastrutture (strade, binari) e agli edifici.
I fenomeni registrati nel periodo compreso fra il 1999 e il 2021 sono stati suddivisi dai ricercatori in due categorie in base alla severità: grandinate intense (caratterizzate da chicchi con diametro variabile da 2 a 10 cm) e grandinate estreme (associate alla formazione di aggregati ghiacciati con diametro superiore a 10 cm).
Come testimoniato dalle immagini satellitari, negli ultimi anni si è assistito a un importante aumento dell’occorrenza delle grandinate nel bacino mediterraneo, con un aumento del 30% dei fenomeni solo nell’ultimo decennio (2011-2021) in entrambe le categorie di severità.
A differenza dell’Europa centrale, dove questi fenomeni avvengono principalmente in tarda primavera e in estate, nell’Europa meridionale (in particolare nel sud Italia, nella penisola iberica e in Grecia), dove il clima è influenzato dall’elevata insolazione e dalla vicinanza al mar Mediterraneo – spiega Sante Laviola, fra gli autori dello studio – le condizioni ambientali sono le principali responsabili della formazione di forti grandinate durante la fine dell’estate e l’autunno. In questa fase dell’anno si registrano i valori più alti sia per quanto riguarda i fenomeni intensi che per quelli estremi.
Anche se la correlazione fra crisi climatica e aumento dei fenomeni di grandine è ancora tutta da dimostrare, gli autori dello studio non escludono che inquinamento e cambiamento climatico di origine antropica possano avere effettivamente un ruolo sulla frequenza, distribuzione e intensificazione di questi fenomeni – soprattutto all’interno di hot-spot climatici come quello del bacino mediterraneo.
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Fonti: Remote Sensing / CNR
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