Le proteste degli attivisti alla COP29 di Baku denunciano la lentezza dei negoziati, la mancanza di ambizione degli Stati e l'oppressione di un regime autoritario
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La COP29 di Baku entra nella sua fase finale. Dopo una prima settimana di negoziati tecnici, oggi, lunedì 18 novembre, inizia la seconda e ultima settimana della conferenza ONU sul clima. I ministri dell’Ambiente e dell’Energia arrivano nella capitale azera per cercare di sbloccare i negoziati e raggiungere un accordo ambizioso prima della conclusione, prevista per venerdì 22 novembre. Dopo la pausa domenicale, tocca ai ministri sciogliere i nodi politici.
I temi chiave del negoziato
I temi principali del negoziato sono due: la finanza climatica e il mercato del carbonio.
- Finanza climatica: l’obiettivo è aggiornare il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno di aiuti ai paesi vulnerabili contro il cambiamento climatico, previsto dall’Accordo di Parigi e in scadenza nel 2025. I Paesi in via di sviluppo chiedono almeno 1.300 miliardi di dollari all’anno in aiuti a fondo perduto o prestiti a tasso agevolato, mentre i paesi donatori offrono molto meno e vogliono criteri precisi per scegliere e controllare gli investimenti. La trattativa è ancora in alto mare;
- Mercato del carbonio: si discute anche dell’istituzione di un mercato internazionale delle emissioni di CO2, come l’ETS europeo, per incentivare la riduzione delle emissioni. I negoziati su questo tema sono più avanzati, ma rimangono ancora alcuni punti critici da risolvere.
Proteste silenziose e “negoziate”
Il tradizionale giorno di protesta alla COP29, il sabato, si è svolto in modo insolito. A differenza degli anni precedenti, dove i manifestanti potevano far sentire la propria voce liberamente, quest’anno la sede della conferenza, interamente al chiuso attorno allo stadio di Baku, non lo ha permesso.
Così, dopo un primo momento rumoroso concordato all’interno della plenaria, una sorta di corteo silenzioso si è snodato negli spazi all’ingresso della sala. I manifestanti hanno marciato mormorando, canticchiando a bocca chiusa e schioccando le dita. Alcuni indossavano bavagli, simbolo della censura imposta. “Abbiamo negoziato che saremmo rimasti in silenzio”, ha spiegato un’attivista.
Il silenzio che grida: le proteste degli attivisti alla COP29
Nonostante le restrizioni e la censura, le proteste degli attivisti per il clima alla COP29 di Baku non si sono fermate. Anzi, hanno assunto una forma nuova e ancora più potente: il silenzio. Attraverso azioni creative e di forte impatto simbolico, gli attivisti hanno denunciato l’inazione dei governi, l’influenza delle lobby dei combustibili fossili e la repressione di un regime autoritario.
La balena spiaggiata. Il collettivo belga Captain Boomer ha inscenato una performance con una riproduzione a grandezza naturale di una balena spiaggiata a Baku. La performance ha voluto denunciare la morte degli ecosistemi marini a causa dell’inquinamento e del cambiamento climatico. “Vogliamo che i leader mondiali si sveglino e agiscano prima che sia troppo tardi”, ha dichiarato uno degli attivisti.
Il serpente nero. Il collettivo The Artivist Network ha realizzato un enorme serpente nero di carta e legno, lungo decine di metri, che sabato scorso si è snodato tra i corridoi del centro congressi di Baku. Il serpente, simbolo dei paesi del Nord globale e della loro dipendenza dai combustibili fossili, era accompagnato da cartelli con la scritta “Estirpiamo i serpenti” e “Il fossile uccide”. La protesta ha voluto denunciare l’influenza delle lobby del petrolio e del gas sui negoziati. “Le lobby dei combustibili fossili stanno sabotando la COP29”, ha dichiarato un attivista. “Non possiamo permettere che gli interessi di pochi mettano a rischio il futuro del Pianeta”.
Sit-in delle tribù indigene. Diverse tribù indigene, provenienti da Amazzonia, Africa e Asia, hanno organizzato sit-in silenziosi all’interno del centro congressi. Con i loro abiti tradizionali e i volti dipinti, hanno portato all’attenzione dei delegati le problematiche delle comunità indigene, in prima linea nella lotta al cambiamento climatico. La deforestazione, l’estrazione di risorse naturali e la perdita di biodiversità minacciano la sopravvivenza di queste comunità e la loro cultura millenaria. “Siamo qui per difendere la nostra terra e il nostro futuro”, ha dichiarato un leader indigeno. “I governi devono ascoltare le nostre voci e rispettare i nostri diritti”.
Leader mondiali “affogati” al G20. In concomitanza con l’inizio del G20 di Rio de Janeiro, rappresentanti delle popolazioni indigene del Brasile hanno organizzato una protesta simbolica, sommergendo in acqua ritratti giganti di leader politici come Joe Biden, Xi Jinping e Ursula von der Leyen. L’azione, volta a denunciare la “scarsa leadership” dei Paesi più ricchi nella lotta al cambiamento climatico, ha sottolineato come il riscaldamento globale colpisca in primis le nazioni indigene e più vulnerabili del mondo. “I leader mondiali stanno affogando il pianeta con la loro inazione”, ha dichiarato un attivista. “È tempo che si assumano le loro responsabilità e agiscano con urgenza”.
Il G20 di Rio de Janeiro
Mentre la COP29 di Baku entra nella sua settimana decisiva, l’attenzione si sposta anche sul vertice del G20 a Rio de Janeiro. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha lanciato un appello ai leader delle maggiori economie mondiali, sollecitandoli a dimostrare “leadership” e a sbloccare i negoziati sul clima, ancora in stallo sulla questione cruciale dei finanziamenti ai paesi in via di sviluppo.
Guterres ha sottolineato che un risultato positivo alla COP29 è ancora possibile, ma richiede un impegno concreto da parte dei Paesi del G20, che rappresentano l’80% delle emissioni globali. “I riflettori sono naturalmente puntati sul G20”, ha affermato Guterres, invitando il gruppo a “dare il buon esempio” e a raggiungere un accordo ambizioso sulla finanza per il clima.
L’appello di Guterres è stato raccolto da diversi leader del G20. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ribadito l’impegno degli USA nella lotta al cambiamento climatico, annunciando 11 miliardi di dollari di finanziamenti bilaterali per il clima stanziati quest’anno. Biden ha anche espresso fiducia nel fatto che la “rivoluzione dell’energia pulita” intrapresa dal suo governo non verrà invertita dalla prossima amministrazione.
L’Unione europea, rappresentata dalla presidente Ursula von der Leyen, ha lanciato una campagna congiunta con il Sudafrica per promuovere le energie rinnovabili in Africa. Von der Leyen ha sottolineato l’importanza di triplicare le energie rinnovabili a livello globale entro il 2030, obiettivo che permetterebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 10 miliardi di tonnellate. L’Ue si impegna a incrementare gli investimenti per le infrastrutture per le energie rinnovabili in tutto il mondo, in particolare in Africa, attraverso il programma Global Gateway, il contributo Ue alla riduzione del divario globale degli investimenti
Anche la Cina, il più grande inquinatore del Pianeta, ha risposto all’appello di Guterres. Il presidente Xi Jinping ha chiesto al G20 di intensificare la cooperazione internazionale nella lotta al cambiamento climatico e di fornire maggiore supporto finanziario e tecnologico ai paesi in via di sviluppo.
Il Brasile, che ospita il G20, spera che il vertice possa dare un impulso decisivo ai negoziati della COP29. La ministra dell’Ambiente brasiliana, Marina Silva, ha affermato che è “fondamentale” che i partecipanti al G20 “facciano i compiti” e si assicurino che i negoziati di Baku vadano avanti.
Jochen Flasbarth, segretario tedesco allo sviluppo, ha espresso preoccupazione per la lentezza dei negoziati e ha invitato i Paesi a trovare un accordo questa settimana, senza rimandare le decisioni alla COP30 del prossimo anno. “Abbiamo una crisi crescente nel mondo”, ha dichiarato Flasbarth, “e non possiamo permetterci di perdere altro tempo”.
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