Basta cemento! La creazione di mini stagni e zone umide la vera arma segreta contro siccità ed eventi climatici estremi

L’abbandono del cemento e la creazione di mini zone umide potrebbero aiutare i sistemi idrici a far fronte meglio agli effetti delle condizioni meteorologiche estreme

Quest’anno abbiamo assistito a un vera e propria catastrofe e a una delle estati più secche mai registrate, con la maggior parte di nostri corsi d’acqua ancora ufficialmente in siccità. Come mai? Non ha piovuto per mesi interi e le temperature sono state costantemente al di sopra della media.

A tutto ciò si è aggiunta tutta una serie di cause di cui noi siamo direttamente responsabili, per cui in Italia non si è mai fatto abbastanza per preservare la disponibilità dell’acqua: troppi sprechi a causa di una rete idrica in dissesto, elevati tassi di inquinamento, devastazione delle zone umide e dei fiumi e la gestione inadeguata delle infrastrutture.

La soluzione a tutto questo? Si potrebbe pensare “allagare” letteralmente i propri giardini e creare delle mini paludi per fermare gli effetti della siccità e invertire la perdita di biodiversità.

Si tratta della proposta che arriva da Nature England, ente pubblico del Regno Unito e ramo del Dipartimento per l’ambiente, che suggerisce agli inglesi di rendere i propri giardini, o almeno piccole parti di essi, delle micro zone umide per fermare gli effetti della siccità e frenare la perdita di biodiversità. Lo scopo, cioèò sarebbe quello di aiutare la fauna selvatica e immagazzinare l’acqua.

Rendere il tuo giardino più selvaggio e umido aiuterà la fauna selvatica e svolgerà anche un ruolo importante nel rendere il tuo giardino meno soggetto alla siccità e nel ridurre l’inquinamento nei fiumi locali, dice Ali Morse, responsabile della politica idrica del Wildlife Trusts.

Perché le zone umide?

Perché potrebbero aiutarci a salvare il clima e l’intera umanità. Anche se coprono meno del 4% della superficie terrestre, il 40% di tutte le specie animali vi vive o si riproduce all’interno di esse. Inoltre, un terzo di tutta la materia organica del nostro pianeta è immagazzinata in luoghi come il Pantanal nel Brasile occidentale, la pianura alluvionale del Sud nel Sudan meridionale o la palude di Wasjugan nella Siberia occidentale.

Si pensi che, a livello globale, le torbiere immagazzinano il doppio della CO2 prodotta della biomassa totale di tutte le foreste del mondo messe insieme. Eppure, la costruzione di dighe, l’utilizzo delle acque sotterranee, l’aumento dell’inquinamento idrico e la produzione industriale e agricola hanno ridotto le zone umide in tutto il mondo del 35% dal 1970 soprattutto nell’America Latina.

Il drenaggio delle aree per l’estrazione della torba è doppiamente dannoso per il clima. Non solo la capacità di stoccaggio della CO2 viene distrutta, ma quando si prosciugano queste terre, si rilasciano anche i gas che esse avevano immagazzinato, e in particolare il metano, uno dei principali climalteranti.

Di conseguenza, man mano che le temperature aumentano e le zone umide si prosciugano, possono passare da vaste riserve di gas serra a fonti di gas serra. Al contrario, quando sono presenti e in salute immagazzinano la CO2. La loro scomparsa rilascerebbe la stessa quantità di anidride carbonica che gli Stati Uniti produrrebbero continuando a usare combustibili fossili  all’attuale tasso annuale fino al 2100.

Le zone umide, insomma, possono aiutare a combattere i disastri naturali.

Come trattenere l’acqua nel tuo giardino

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Fonte: Nature England

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