Inazione climatica: anche gli ambientalisti italiani fanno causa allo Stato

Il fenomeno delle "climate litigations" arriva anche in Italia: oltre 100 soggetti si sono riuniti per dichiarare causa allo Stato italiano

Il fenomeno delle “climate litigations” arriva anche in Italia: oltre 100 soggetti si sono riuniti sotto la stessa bandiera per dichiarare causa allo Stato italiano

L’attivismo in difesa dell’ambiente fa sentire sempre più forte la sua voce. Associazioni ambientaliste di tutto il mondo stanno intentando cause contro i governi e le industrie per dare voce alla tutela dell’ambiente: sono già più di 1.600 le azioni legali (le cosiddette climate litigations) intentate in più di 40 Paesi. E ora anche in Italia, grazie alla campagna Giudizio Universale, sarà intentata un’azione legale contro lo Stato Italiano per inazione climatica: la prima udienza è fissata per il 14 dicembre. L’azione ha un doppio obiettivo: da una parte spingere le nostre istituzioni a dare qualcosa per contrastare la crisi climatica in atto; dall’altra sensibilizzare ancora di più l’opinione pubblica sui delicati temi della tutela dell’ambiente.

Giudizio Universale è una campagna lanciata nel 2019 dall’associazione A Sud, che nel tempo ha raccolto l’adesione ed il sostegno di oltre 100 fra organizzazioni ambientaliste (fra cui Friday for Future, Fair Coop, Terra!), società scientifiche (come SMI e ISDE) e comitati nati in difesa dell’ambiente. La prima azione climatica promossa contro lo Stato italiano ha preso il via il 5 giugno di quest’anno: il nostro Stato è accusato di inadempienza climatica – ovvero di insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato italiano. La campagna viene sostenuta legalmente da un team di avvocati e docenti riuniti sotto la rete di Legalità per il Clima.

Lo Stato italiano è tenuto ad osservare specifiche obbligazioni climatiche, che derivano da fonti internazionali (accordi internazionali sul clima come la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 1992 e gli Accordi di Parigi del 2015), nazionali (come la Costituzione Italiana e specifici articoli del Codice Civile in materia di tutela ambientale) e regionali – che prevedono un abbattimento drastico delle emissioni di gas serra per il 2030 per contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C a fine secolo. Secondo l’associazione, lo Stato avrebbe tenuto una condotta illecita, non riuscendo a perseguire una politica climatica conforme alle acquisizioni scientifiche più avanzate. Non si tratta di una causa dal valore simbolico o mirata a destare l’interesse dei media: l’obiettivo è quello di ottenere un radicale cambiamento nelle politiche climatiche nazionali, attraverso un deciso aumento delle ambizioni di riduzione e la garanzia di piena tutela dei diritti umani, in ottemperanza alle obbligazioni climatiche che lo Stato è tenuto a osservare.

L’obiettivo dell’iniziativa legale – si legge nella citazione per il tribunale – consiste nel chiedere una pronuncia che imponga l’adozione di decisioni statali di riduzione delle emissioni di gas serra, in grado di rendere definitiva la stabilità climatica e contestualmente garantire la tutela effettiva dei diritti umani per le presenti e future generazioni, in conformità con il dovere costituzionale di solidarietà e con quello internazionale di equità tra gli Stati. Le principali richieste specifiche avanzate dai ricorrenti al giudice sono: dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica; condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Chiunque può partecipare alla lotta e dare il proprio contributo all’azione legale intentata dall’associazione, firmando questa petizione.

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Fonti: Giudizio Universale / Change.org

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