Clima: Inghilterra, Francia e Germania tornano a chiedere una riduzione delle emissioni del 30%, ma l’Italia non ci sta

Fare in modo che tutti i Paesi dell’UE riducano ulteriormente, dal 20 al 30%, le loro emissioni di CO2. Questa la proposta di Inghilterra, Francia e Germania, che propongono ulteriori tagli alle emissioni inquinanti, per poter competere a livello mondiale con Cina, Giappone e Stati Uniti, Paesi che si stanno sempre più adoperando per adottare tecnologie verdi ed alternative.

Fare in modo che tutti i Paesi dell’UE riducano ulteriormente, dal 20 al 30%, le loro emissioni di CO2. Questa la proposta di Inghilterra, Francia e Germania, che propongono ulteriori tagli alle emissioni inquinanti, per poter competere a livello mondiale con Cina, Giappone e Stati Uniti, Paesi che si stanno sempre più adoperando per adottare tecnologie verdi ed alternative.

Secondo quanto riportato dal Financial Times infatti, a Bruxelles, il ministro britannico dell’Energia Chris Huhne, quello tedesco dell’Ambiente Norbert Roettgen e il francese Jean-Louis Borloo, ministro dell’Ecologia, hanno invitato l’unione europea a ridurre del 30% (quindi non più solo del 20) le emissioni di gas inquinanti entro il 2020.

Se ci atteniamo a un taglio del 20%, L’Europa probabilmente perderà la gara per competere nel mondo a bassa emissione di carbonio con paesi come la Cina, il Giappone o gli Usa, che stanno cercando di creare condizioni che attraggano maggiori investimenti ‘low-carbon‘”, hanno evidenziato i ministri.

Ad oggi infatti i Paesi europei si sono impegnati a ridurre del 20% le loro emissioni, ma poiché – fanno notare i tre ministri – la recessione ha ridotto del 30% i costi necessari per raggiungere l’obiettivo, è possibile alzarlo, soprattutto perché rinunciare oggi significa sostenere ulteriori costi in futuro. In sostanza quindi, bisogna ridurre le emissioni oggi per non doverlo fare domani ad un prezzo più caro, sostenendo così “una politica per l’occupazione e la crescita, la sicurezza energetica e il rischio climatico”.

Ostile l’atteggiamento dell’Italia, dove il presidente dell’Authority per l’energia e il gas, Alessandro Ortis, ha scoraggiato la diffusione degli incentivi per le rinnovabili (uno degli strumenti più efficaci per ridurre le emissioni di CO2) affermando che se si vuole evitare l’aumento delle bollette elettriche italiane bisogna effettuare “una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico e alla correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi”. Un passo indietro dunque.

Duro naturalmente il commento di Legambiente e del WWF: “Porre un tetto alle emissioni di anidride carbonica è essenziale per attuare delle politiche energetiche e industriali che diano impulso all’innovazione industriale. – ha commentato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – Lo hanno capito tre Paesi Europei di peso (Francia, Germania e Regno Unito), guidati da conservatori, che proprio oggi hanno chiesto l’innalzamento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni a -30% entro il 2020. Ci pare che il presidente dell’Autorità per l’Energia, Alessandro Ortis, sia andato oltre i propri compiti istituzionali, proponendo una visione vecchia e confondendo una delle possibili misure attuative (il contenuto di CO2 per prodotto) con l’obiettivo. Tutto ciò nel solito balletto di responsabilità tra il settore energetico e quelli manifatturieri, e nell’illusione che colpire i prodotti provenienti da altri paesi non riguardi l’industria italiana globalizzata, quando è chiaro che nel mondo decarbonizzato del futuro le misure dovranno riguardare tutti i settori, a partire certamente da quello che direttamente brucia combustibili fossili, quello energetico”.

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