Cina: case costruite su terreni contaminati da pericolosi agenti inquinanti

Case costruite su terreni contaminati in Cina. Si tratta di quanto portato alla luce attraverso un’inchiesta condotta da parte di Geo Shengke e Wang Kai, che si sono così meritati l’assegnazione del China Environmental Press Award 2013 di The Guardian, che riporta la prima parte di una serie di rapporti sull’argomento.

Case costruite su terreni contaminati in Cina. Si tratta di quanto portato alla luce attraverso un’inchiesta condotta da parte di Geo Shengke e Wang Kai, che si sono così meritati l’assegnazione del China Environmental Press Award 2013 di The Guardian, che riporta la prima parte di una serie di reportage sull’argomento.

Grazie a tali reportage il mondo può venire a conoscenza di quanto accaduto nella località di Guanzhuang, nel corso della realizzazione del progetto relativo a Kangquan New City. Durante la seconda fase dei lavori, è stata scavata una cava della profondità di 20 metri. Dalla terra estratta dalla cava si poteva avvertire il sopraggiungere di un tanfo maleodorante, a detta dei giornalisti. Al momento della stesura del rapporto, pare che solo pochi fossero a conoscenza del segreto nascosto dalla cava e da ciò che da essa era stato estratto.

In precedenza la porzione di terreno in questione era appartenuta ad una fabbrica di proprietà del Ministero delle Ferrovie, all’interno della quale venivano prodotti supporti anticorrosivi per i binari. L’impianto era stato in attività per oltre 30 anni. Ciò aveva portato alla contaminazione tramite agenti inquinanti del terreno superficiale e profondo, oltre che delle acque sotterranee.

Circa sette o otto anni fa la fabbrica era stata ricollocata altrove e nel gennaio 2011 l’amministrazione cittadina aveva deciso di convertire il terreno da essa occupato in una zona residenziale per la costruzione di abitazioni a costi convenienti destinate agli impiegati statali. Il progetto era stato dunque affidato al Civil Servants Residential Centre.

Nel maggio 2011 la Research Academy of Environmental Sciences cinese aveva reso pubblico un dossier di valutazione dell’impatto ambientale, nel quale non si faceva menzione di alcun problema legato all’inquinamento. Non vi era alcuna indicazione riguardante l’utilizzo originario dell’area e la situazione dell’ambiente di partenza.

Era state però individuata la presenza di un secondo dossier, emanato dalla medesima Academy, nel corso del quale veniva identificato un grave problema di inquinamento ad una profondità compresa tra gli 0 ed i 7 metri. Anche alla profondità di 12 metri gli agenti inquinanti avrebbero superato i limiti previsti.

Metalli pesanti, rifiuti elettronici e inquinanti di origine petrolchimica sono tra le sostanze maggiormente individuate e ritenute responsabili della contaminazione dell’area. Non si tratterebbe dell’unico caso simile presente in Cina, date le frequenti ricollocazione industriali avvenute nel corso degli ultimi due decenni. Non è chiara la reale estensione del problema, na si suppone che nel Paese possano essere presenti decine di migliaia di porzioni di terreno contaminate dall’inquinamento industriale, ma soltanto un numero esiguo delle stesse sarebbe stato trattato in maniera adeguate per risolvere la questione

I problemi maggiori riguardano una vera e propria mancanza di trasparenza per quanto concerne i dossier di valutazione ambientale resi pubblici in merito alle aree da riqualificare, in merito alle quali l’iniziativa di costruire nuovi edifici sarebbe stata intrapresa senza ricorrere ad azioni di bonifica dei terreni dagli agenti inquinanti, ed i rischi per la salute a cui la popolazione si troverebbe esposta direttamente ed indirettamente attraverso l’atmosfera e le acque sotterranee e superficiali, con un peggioramento progressivo della situazione che si sarebbe acuito in Cina a partire dalla metà degli anni Novanta. Inquinamento costante ed incalcolabili rischi per la salute, ecco il prezzo da pagare per una crescita economica eccessivamente rapida e apparentemente senza limiti.

Marta Albè

Fonte e foto: guardian.co.uk

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