Chernobyl 26 anni dopo: un sarcofago da 30mila tonnellate per imprigionare l’inferno

È il 26 aprile 1986, l'orologio segna l'01:23, il reattore numero 4 della centrale di Chernobyl esplode, causando la peggiore catastrofe nucleare che il mondo abbia mai conosciuto. All'esplosione segue un incendio che durerà per 10 giorni, costringendo circa 300.000 persone ad abbandonare le loro case. Nel frattempo, il materiale radioattivo si diffonde in gran parte dell'Europa settentrionale. Oltre ai due lavoratori uccisi dallo scoppio, i numeri sulle vittime sono ancora contrastanti, ma aumenteranno in maniera esponenziale nei giorni, nei mesi e negli anni a seguire.

È il 26 aprile 1986, l’orologio segna l’01:23, il reattore numero 4 della centrale di Chernobyl esplode, causando la peggiore catastrofe nucleare che il mondo abbia mai conosciuto. All’esplosione segue un incendio che durerà per 10 giorni, costringendo circa 300.000 persone ad abbandonare le loro case. Nel frattempo, il materiale radioattivo si diffonde in gran parte dell’Europa settentrionale. Oltre ai due lavoratori uccisi dallo scoppio, i numeri sulle vittime sono ancora contrastanti, ma aumenteranno in maniera esponenziale nei giorni, nei mesi e negli anni a seguire.

Un rapporto redatto da Greenpeace nel 2006 suggerisce che le conseguenze sulla salute del disastro di Chernobyl sarebbero quantificabili in circa 100.000 casi di cancro mortale, mentre l’anno scorso, l’Union of Concerned Scientists ha stabilito il numero dei decessi per cancro a causa delle radiazioni a 25.000, 6 volte superiore ai 4.000 morti citati dal dal Forum per Chernobyl delle Nazioni Unite. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, inoltre, stima 16.000 morti per cancro in Europa sempre per colpa di Chernobyl.

Ora, esattamente 26 anni dopo, il sito della centrale maledetta, dove sono in corso i preparativi per la cerimonia di commemorazione, appare come un vasto cantiere con centinaia di operai ucraini al lavoro per costruire il nuovo sarcofago: dovranno realizzare una gabbia di 30mila tonnellate per imprigionare questo inferno, che sovrasterà la vecchia e pericolante copertura costruita nel 1986. “La costruzione della nuova struttura di protezione è priorità assoluta –spiega Julia Marusich, del Chernobyl International Department- e non sarà un semplice ombrello, ma un complesso impianto tecnologico che consentirà di smantellare la struttura esistente“. Anche perché, nel 2006 il sarcofago presentava all’incirca 100mq di crepe e fessure, dalle quali ogni anno, s’infiltrano 2.200 metri cubi di acqua piovana, cui va ad aggiungersi l’acqua di condensa, stimata in ulteriori 1.650 metri cubi annui.

Il nuovo arco misurerà allora di 105 metri, quanto un palazzo di 30 piani o quanto l’altezza della Statua della Libertà, e avrà una lunghezza di 150 metri, quasi come due campi da calcio, oltre a una campata di 257 metri. Una struttura di metallo, che da sola pesa 29mila tonnellate, pari a tre volte il peso della Torre Eiffel, sarà assemblata ad ovest del reattore, nella zona decontaminata di montaggio e, successivamente, verrà fatta scivolare su rotaie fino al sarcofago esistente. Per la costruzione della nuova struttura di contenimento si dovranno trovare altri 600milioni di Euro, considerato che i costi complessivi sono stati fissati a 1miliardo e 600 milioni di Euro, mentre altri 140 milioni di Euro dovranno essere raccolti per la dismissione e lo stoccaggio del carburante radioattivo dei reattori1 e 3. Se tutto andrà come previsto, la bonifica completa della centrale nucleare di Chernobyl sarà conclusa solamente tra 100 anni.

L’obiettivo principale della nuova struttura è confinare le materie radioattive e proteggere l’attuale sarcofago dalle aggressioni climatiche. Secondo studi effettuati da esperti del settore, si stima che la quantità di materiale radioattivo altamente pericoloso contenuto all’interno dell’attuale sarcofago è di circa 200 tonnellate. All’interno del sarcofago si trova ancora oggi il 95% del materiale radioattivo presente al momento dell’incidente, tutte sostanze sottoposte a un processo di trasformazione spontaneo che genera altri radionuclidi e polveri e che generano un potenziale rischio di rilascio nell’ambiente esterno, soprattutto nel caso di un collasso della struttura di contenimento. Si stima, inoltre, in circa 4 tonnellate la quantità di polveri che potrebbero fuoriuscire.

Intanto il primo ministro Ucraino Mikola Azarov ha annunciato di voler decontaminare e riaprire la zona di esclusione, ma Legambiente non ci sta e, con una nota , esprime la sua profonda preoccupazione per questa proposta “scellerata”. “È assurdo e inconcepibile che dopo 26 anni dall’incidente di Chernobyl – afferma Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente – con la centrale che ancora non è stata messa in sicurezza e i rischi e le conseguenze legate alla contaminazione radioattiva per centinaia di migliaia di persone, si proponga di riaprire le aree più contaminate intorno a Chernobyl”.

Occorre ricordare, allora, che le zone evacuate e, in particolare, la così detta “zona rossa” o “zona morta”, sono state pesantemente contaminate da elementi radioattivi come il Cesio137 i cui tempi di dimezzamento sono di 30,17 anni, lo Stronzio90, che si dimezza in 29 anni, il Plutonio240, con emivita di 24.100 anni. I terreni che saranno eventualmente coltivati, qualora la proposta del primo ministro Ucraino fosse attuata, non faranno che produrre prodotti agricoli ricchi di sostanze radioattive, così come già Legambiente ha avuto modo di certificare attraverso un progetto di monitoraggio effettuato nel 2006 nelle zone contaminate della Bielorussia in collaborazione con l’Arpa Emilia Romagna e le stesse autorità bielorusse. Insomma, al ventiseiesimo anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, è ora di investire in un futuro più sicuro e più pacifico, puntando sulle fonti di energia rinnovabile. È tempo di riconoscere che il nucleare non è una fonte pulita e sicura.

Roberta Ragni

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