Il voto sul CETA al Senato è slittato al 27 giugno. Intanto, tra le tante preoccupazioni legate all’accordo commerciale Ue-Canada spunta anche un blocco di quasi 250 denominazioni Made in Italy del tutto escluse da forme di tutela.
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Il voto sul CETA al Senato è slittato al 27 giugno. Intanto, tra le tante preoccupazioni legate all’accordo commerciale Ue-Canada spunta anche un blocco di quasi 250 denominazioni Made in Italy del tutto escluse da forme di tutela. E i prodotti del Sud tutelati sono soltanto 5.
Completamente assenti DOP e IGP del Sud Italia
A sollevare il problema è Colomba Mongiello, vice presidente della commissione inchiesta sulla contraffazione, prima firmataria dell’interpellanza urgente in cui si chiede al ministro delle politiche Agricole Martina di sanare l’anomalia. Con Il Ceta andrebbero in fumo tutti i percorsi di lotta alla contraffazione e all’italian sounding messi in atto finora. D’altra parte, nei mesi scorsi, da più parti si era levato un coro di protesta, purtroppo mentre il Ceta approdava in Parlamento senza il dovuto clamore. Una riflessione è d’obbligo, adesso anche alla luce di questa discriminazione verso una serie di prodotti italiani che vanno dal pistacchio di Bronte al pomodoro San Marzano.
“Ogni anno entrano in Italia prodotti alimentari ‘clandestini’ e ‘pericolosi’ per oltre 2 miliardi di euro, pari al 5% della produzione agricola nazionale. Di qui le trattative tra UE e Canada per proteggere da imitazioni anche i prodotti made in Italy, prospettando vantaggi commerciali reciproci e una maggiore sensibilizzazione dei consumatori ai prodotti di qualità. Il Ceta, approvato a Bruxelles, in attesa della ratifica dei Parlamenti nazionali, prevede la tutela di 69 DOP e IGP, sulle 367 registrate in Italia. Di queste appena 5 sono quelle meridionali: 3 siciliane, 1 a testa per campane e pugliesi, nessuna della Basilicata e della Calabria”, spiega Mongiello.
Anche se trascurassimo la “questione meridionale”, resta il fatto che soltanto 69 prodotti vengono tutelati dal Ceta, nemmeno la metà di quelli tutelati in Italia. E comunque l’accordo alimenterebbe disparità tra Nord e Sud, tra prodotti e aree produttive che non possiamo permetterci.
E l’accordo con la Cina? I prodotti italiani non hanno tutele
La stessa Mongiello fa un paragone con un altro accordo commerciale, quello bilaterale con la Cina, che prevede la selezione di 100 indicazioni geografiche per area a cui garantire protezione. Ebbene, dovrebbe essere tutelata una sola DOP del Sud, la mozzarella di bufala campana. L’elenco delle indicazioni geografiche da tutelare è stato reso noto, sono 100 Ue e 100 cinesi, e l’accordo dovrà essere perfezionato entro fine anno.
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Lo spettro del glifosato
Il Ceta è stato oggetto di una protesta molto aspra da parte dell’opinione pubblica, seppur poco mediatica. Mentre spuntano questioni come quella appena citata del pericolo per i prodotti del Sud, nell’aria si aggira sempre lo spettro del glifosato: con l’accordo infatti dovremmo temere le imitazioni canadesi dei nostri prodotti tipici, ma anche l‘invasione di grano duro trattato in preraccolta con il glifosato, nel nostro Paese vietato, e di carne a dazio zero per circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine, spiega Mongiello.
L’allarme è stato lanciato, tra gli altri, dal vicepresidente dell’associazione Ettore Prandini durante un’audizione al Senato:
“Un impatto devastante sulla coltivazione di grano in Italia con il rischio desertificazione di intere aree del Paese e una concorrenza sleale nei confronti degli allevatori italiani, ma anche un rischio per i consumatori ed un precedente pericoloso nei negoziati internazionali. È necessaria quindi una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi, che grava sul trattato”.
Anna Tita Gallo