Inizia oggi la fase di applicazione provvisoria del CETA, l’accordo commerciale di libero scambio tra Unione europea e Canada. Perché Greenpeace e le altre associazioni dicono di no all'accordo.
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Prende il via oggi la fase di applicazione provvisoria del CETA, l’accordo commerciale di libero scambio tra Unione europea e Canada. Prima della ratifica dell’accordo in Senato prevista per il prossimo 26 settembre, nella pratica saranno già applicabili le clausole che riguarderanno le materie di competenza europea, come le misure non tariffarie, e la tutela delle indicazioni geografiche, compresi 41 prodotti italiani.
Un’occasione, il CETA, che per alcuni servirà a dare adito al libero scambio: l’accordo, infatti, prevede, oltre al mutuo riconoscimento della certificazione per una vasta gamma di prodotti, anche l’eliminazione di oltre il 90% dei dazi doganali per quasi tutti i beni e servizi scambiati tra Ue e Canada, e faciliterà la creazione di nuovi mercati nell’ambito dei servizi finanziari, delle telecomunicazioni, dei trasporti e dell’energia.
Un esempio? In Canada si potrà continuare a produrre e a vendere il cosiddetto “Parmesan”, ma con l’obbligo di aggiungere l’indicazione “Made in Canada”. Di contro, nel mercato canadese potrà fare accesso il prosciutto di Parma Dop, che finora era proibito (in Canda il marchio “Parma” è un marchio privato depositato dalla società canadese Maple Leaf): sugli scaffali, dunque, si troveranno sia Parma Dop che Prosciutto di Parma canadese. E in tutti i casi “nuovi prodotti canadesi di imitazione”, tutti dovranno riportare la dicitura “tipo, stile o imitazione”.
Tutt’oro quel che luccica? Quali saranno i rischi che questo nuovo accordo potrà arrecare agli standard europei in fatto di ambiente, benessere degli animali e sicurezza del cibo?
Cos’è il CETA
Il Comprehensive economic and trade agreement (CETA) è, sulla carta, un accordo commerciale stipulato tra Unione europea e Canada: con esso si eliminano i dazi sulla maggior parte dei beni e di molti servizi e ci sarà il mutuo riconoscimento della certificazione per molti prodotti. Verranno tutelate anche 173 indicazioni geografiche europee, di cui 41 italiane.
Al Canada spetterà, inoltre, l’apertura alle imprese europee del mercato degli appalti pubblici federali e municipali (il Canada, di contro, già può accedere al mercato europeo).
Finora a recepire l’accordo sono stati sei Paesi: Malta, Spagna, Lettonia, Danimarca, Repubblica Ceca e Croazia. Mentre si attende l’esito del Parlamento portoghese.
Dal sito della Commissione europea si legge anche che con quest’accordo sarà più facile trasferire temporaneamente personale, consentirà agli architetti, agli ingegneri e agli esperti contabili europei di fornire i loro servizi in Canada, contribuirà ad impedire che le innovazioni, le opere d’arte, i marchi e i prodotti alimentari tradizionali dell’Ue vengano copiati illegalmente in Canada e rafforzerà la cooperazione tra gli organismi di normazione europei e canadesi.
Cosa prevede l’entrata in vigore provvisoria
L’applicazione provvisoria si limita alle materie che rientrano nella competenza dell’Unione europea: dalla liberalizzazione di merci, servizi, appalti pubblici fino alla tutela delle indicazioni geografiche passando per le misure non tariffarie. Le parti dell’accordo per cui è stata definita la competenza a livello nazionale, invece, entreranno in applicazione dopo la procedura di ratifica Ue e dei 28 Stati membri. Sono fuori dall’applicazione provvisoria anche la protezione degli investimenti, l’accesso al mercato per gli investimenti di portafoglio e la risoluzione delle controversie in materia di investimenti tra investitori e Stati, con il sistema delle corti. Infine, restano fuori dall’applicazione provvisoria anche il capitolo sviluppo sostenibile, quello relativo a commercio e lavoro e le misure di difesa commerciale che rispetta la distribuzione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri.
Cosa succederà agli standard Ue per gli alimenti e l’agricoltura?
Il CETA darà alle aziende del Nord America diversi strumenti per indebolire gli standard europei sugli ormoni della crescita, OGM, “lavaggio” della carne con sostanze chimiche e clonazione animale. Sono a rischio anche le regole sull’indicazione del Paese d’origine in etichetta.
È quanto dichiara Greenpeace, che ribatte soprattutto sul tema degli standard europei sulla sicurezza alimentare.
Greenpeace e l’Institute for Agriculture and Trade Policy (IATP) pubblicano per l’occasione tre nuovi briefing che evidenziano le principali preoccupazioni proprio per il settore alimentare e l’agricoltura.
“Il Canada ha standard di sicurezza sul cibo più deboli e un settore agricolo molto più dipendente da sostanze chimiche e OGM rispetto all’Unione europea – dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura sostenibile e Progetti speciali di Greenpeace Italia. Questo accordo dà alle grandi aziende nord americane dell’agro-business nuovi strumenti per attaccare gli standard europei, per questo gli Stati membri devono rigettare il CETA, a cominciare dal nostro Paese che altrimenti agirebbe a tutto svantaggio del nostro tanto invidiato Made in Italy”.
Investimenti e OGM
L’applicazione provvisoria del CETA, inoltre, dice Greenpeace, implica soprattutto l’avvio della cosiddetta “cooperazione normativa” che darà alle multinazionali un corridoio di accesso privilegiato ai decisori politici. I Parlamenti di molti Paesi membri stanno discutendo sulle implicazioni dell’accordo e il Belgio lo scorso 6 settembre ha ufficialmente chiesto alla Corte di Giustizia europea un parere in merito al sistema di risoluzione delle controversie per la protezione degli investimenti (Investment Court System – ICS) previsto dall’accordo.
Se il CETA entrerà in vigore con il proposto sistema ICS di protezione degli investimenti, le grandi corporation del Nord America dell’industria conserviera delle carni potranno denunciare a una corte arbitrale internazionale l’Ue e gli Stati membri per i tentativi di espandere le norme sull’etichettatura di origine dei prodotti. Idem per la pasta e la volontà dell’Italia di introdurre la relativa etichettatura d’origine. Il Canada esporta grandi quantità di frumento in Italia, poi trasformato in pasta. Con l’entrata in vigore del CETA, iniziative come questa potrebbero essere passibili di condanne e pesanti sanzioni.
Stessi problemi potrebbero aversi per quanto riguarda gli OGM: nel 2016 per esempio le autorità canadesi hanno autorizzato il commercio del salmone OGM e circa 4,5 tonnellate di filetti di salmone OGM sono state vendute in Canada senza alcuna etichetta. Il CETA farà aumentare le esportazioni di questo prodotto dal Canada all’Europa, abbassando le tariffe e allargando la quota di mercato. “Considerata l’assenza di un sistema di etichettatura e tracciabilità in Canada, potrebbe diventare davvero complicato evitare l’immissione sul mercato europeo di salmoni OGM”, dichiara l’Associazione.
Made in Italy in pericolo
Anche la Coldiretti parla di “svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare”.
“L’accordo CETA è un regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali. Per la prima volta nella storia l’Unione Europea […] in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan”.
E non solo: peserebbe anche l’impatto di circa 50mila tonnellate di carne di manzo e 75mila tonnellate di carni suine a dazio zero.
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Cosa ci rimane insomma? Dire #StopCETA! Contro la ratifica del trattato con l’iniziativa condivisa con Coldiretti, Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, si chiede di fermare un trattato sbagliato e pericoloso per l’Italia.
Diciamo no a un serio pericolo per gli standard ambientali, di salute pubblica e di lavoro tutto a favore delle multinazionali.
Germana Carillo