La più grande centrale idroelettrica dell’Amazzonia produce milioni di tonnellate di gas serra

La centrale idroelettrica di Belo Monte ad Altamira, nell'Amazzonia brasiliana, rilascia milioni di tonnellate di metano e Co2

Anche le centrali idroelettriche producono notevoli emissioni di gas serra. Da tempo gli scienziati si interrogano sul fatto che questo tipo di energia sia realmente “pulita”. Ora un nuovo studio ha scoperto che la centrale idroelettrica di Belo Monte ad Altamira, nell’Amazzonia brasiliana, rilascia milioni di tonnellate di metano e anidride carbonica. Ed è tra le più grandi del mondo.

Di certo non brucia combustibili fossili ma una centrale idroelettrica non è amica dell’ambiente come si pensava fino a qualche decennio fa.  Quando il ricercatore climatico Dailson Bertassoli dell’Università di San Paolo è andato a misurare le emissioni di gas serra nella centrale di Belo Monte in Brasile, la prima cosa che ha notato sono state le bolle.

Per decenni sono state costruite centinaia di centrali idroelettriche nel bacino amazzonico per sfruttare l’energia “verde” generata dal suo complesso di fiumi. Ma ora i ricercatori del clima sanno che i serbatoi rilasciano milioni di tonnellate di metano e anidride carbonica. Le cosiddette dighe run-of-river (ROR) come Belo Monte lungo il fiume Xingu, nello stato del Parà, hanno bacini idrici e canali più piccoli che consentono un flusso fluviale ridotto. Esse producono emissioni e gli scienziati lo sanno già da tempo. Era stato chiarito che esse dovessero limitare la produzione di metano e Co2 ma il nuovo studio pubblicato su Science Advances ha scoperto che non è stato così.

Il team di Bertassoli ha studiato le emissioni di metano e anidride carbonica durante i primi due anni di attività di Belo Monte e ha confrontato i risultati con i livelli presenti nella stessa area prima che i serbatoi venissero riempiti. Il risultato li ha spiazzati. Hanno riscontrato un triplice aumento delle emissioni di gas serra.

Una volta che si ha l’inondazione della terraferma, la materia organica che era intrappolata nel suolo inizia a degradarsi, ha detto all’AFP il professore di geologia e cambiamento climatico all’Università di San Paolo.

Le piante, la materia organica, presente nelle acque e lì rimasta “intrappolata”, erano proprio all’origine delle bolle che gli scienziati hanno notato in uno dei bacini idrici.

Invece di un fiume naturale, ora abbiamo un reattore che favorisce la produzione di metano, ha aggiunto.

Secondo gli autori dello studio, due sono le questioni che andavano considerate prima di dare il via libera alla costruzione di centrali idroelettriche nella regione. Una riguardava l’impatto ambientale sulle specie acquatiche uniche della zona, l’altra l’impatto sociale per le comunità indigene che vivono lungo il fiume.

Qui, mostriamo che le emissioni di gas serra post-demming (GHG) nell’area di Belo Monte sono di circa 15-55 kg di CO2Eq MWh-1. Poiché le emissioni per area nei bacini amazzonici sono significativamente superiori alle medie globali, ridurre le aree allagate e dare priorità alla densità di potenza delle centrali idroelettriche sembra ridurre efficacemente le loro impronte di carbonio. Tuttavia, le emissioni totali di gas a effetto serra sono sostanziali anche da questa centrale ROR all’avanguardia, si legge nello studio.

La controversa storia di Belo Monte

L’attuale rinascita dell’espansione dell’energia idroelettrica verso le aree tropicali è stata in gran parte basata su dighe run-of-the-river (ROR), che si ritiene abbiano impatti ambientali inferiori a causa dei loro bacini idrici più piccoli. La diga di Belo Monte è stata costruita nell’Amazzonia orientale e detiene la più grande capacità installata tra le centrali ROR in tutto il mondo.

Gruppi indigeni e ambientalisti hanno protestato contro la sua costruzione negli anni ’90, causandone l’abbandono prima di essere nuovamente ripristinata come impianto ROR nel 2011. I gruppi ambientalisti in particolare protestarono contro la perdita della foresta che doveva essere sgomberata per fare posto alla centrale, mentre i gruppi indigeni reindirizzarono il flusso naturale del fiume.

Ancora in costruzione, una volta completata essa avrà una capacità installata di 11.233 megawatt (MW), diventando la seconda diga idroelettrica più grande del Brasile e la terza al mondo, dietro la Diga delle Tre Gole cinese e la brasiliano-paraguaiana diga di Itaipú.

Belo Monte, in nome della produzione di un’energia che non è poi così pulita, sfratterà circa 20mila persone e oltre 200 tribù indigene tra cui i Kayapó, gli Arara, gli Juruna, gli Araweté, gli Xikrin, gli Asurini e i Parakanã, che saranno obbligati a cambiare il loro stile di vita a causa dell’esaurimento delle risorse alimentari. Essa metterà a rischio anche una serie di pesci oggi a rischio estinzione. E ultimo, ma non per importanza, produrrà ingenti quantità di gas serra.

Fonti di riferimento: Phys.org, ScienceAdvance

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