Non basta mangiare carne biologica per salvare il Pianeta. Il nuovo studio sulle emissioni degli allevamenti

La carne biologica ha un impatto ambientale simile a quella convenzionale (e per i ricercatori entrambe andrebbero tassate fino al 40%)

Se siete convinti che la produzione e il consumo di carne biologica abbia un minore impatto ambientale rispetto alla carne convenzionale, dovrete ricredervi. Un gruppo di ricercatori ha infatti valutato le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di diversi alimenti concludendo che l’impatto della carne prodotta con metodi biologici è il medesimo della carne non bio. In particolare, rispetto alle carni prodotte in modo convenzionale, quelle di manzo e di agnello bio hanno infatti costi climatici simili, mentre la carne di pollo è leggermente peggiore per il clima e quella di maiale di poco migliore.

L’analisi ha sottolineato anche che la carne con il minor impatto causa comunque un danno maggiore rispetto ai peggiori alimenti di origine vegetale. La carne biologica di maiale, ad esempio, è quella con il minor impatto, che però risulta comunque di otto volte superiore a quello della coltivazione dei semi oleosi, colture con i maggiori costi ambientali in assoluto.

“Ci aspettavamo che l’agricoltura biologica avesse un punteggio migliore per i prodotti di origine animale ma, per le emissioni di gas serra, in realtà non fa molta differenza”, ha dichiarato Maximilian Pieper dell’Università Tecnica di Monaco, che ha guidato la ricerca.

Le emissioni prodotte dall’allevamento provengono da diverse fonti tra cui il letame, la produzione di metano da parte degli animali, la coltivazione di grano e alte colture con cui si producono mangimi, spesso associate alla deforestazione. Il bestiame allevato attraverso metodi biologici non viene nutrito con foraggi importati e viene spesso alimentato con erba: questo diminuisce l’impatto da una parte, ma significa anche che gli animali crescono più lentamente, quindi emettono gas serra per più tempo, dalla nascita alla macellazione, eguagliando di fatto la carne convenzionale in termini di costi ambientali.

La soluzione sarebbe dunque quella di abbandonare il consumo di carne biologica e continuare a nutrirsi di bestiame allevato convenzionalmente? Ovviamente no. La soluzione è quella applicare una tassa sulla vendita della carne così da coprire le esternalità negative e, contemporaneamente, disincentivare il consumo di carne, anche quella biologica. In questo modo i consumatori pagherebbero per l’inquinamento legato alla produzione della carne e, con il denaro raccolto si potrebbero aiutare le persone colpite da inondazioni e siccità e promuovere attività agricole più rispettose dell’ambiente.

In base alle emissioni di C02 e altri gas serra, i ricercatori hanno calcolato un aumento dei prezzi pari al 40% per la carne e gli alimenti di origine animale prodotti in modo convenzionale e del 25% per la carne biologica.

Oltre ai danni ambientali, l’elevato consumo di carne che si verifica nei paesi ricchi sta danneggiando la salute delle persone. Una precedente ricerca aveva calcolato che sarebbe necessaria una tassa del 20% sulla carne rossa per coprire i costi sanitari associati al suo consumo e una tassa del 110% sui prodotti trasformati come salumi, insaccati e carne in scatola, che sono più dannosi.

A conti fatti, meglio cambiare alimentazione, per il bene del Pianeta, degli animali e della nostra salute.

Fonti di riferimento: Nature/PlosOne

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