Rifugiati, persone che fuggono dal loro paese spinte dalla disperazione. La guerra in Siria sta provocando un massiccio esodo verso l'Europa. E i cambiamenti climatici sono una delle scintille che ha acceso questa fiammata
Rifugiati, persone che fuggono dal loro paese spinte dalla disperazione. La guerra in Siria sta provocando un massiccio esodo di profughi verso l’Europa. E i cambiamenti climatici sono una delle scintille che ha acceso questa fiammata.
I fatti di cronaca sono sotto gli occhi di tutti, l’ultimo quello del piccolo Alan. Ma cosa c’entra il global warming con il problema dei rifugiati?
Un precedente studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences sosteneva che la siccità in Siria avesse inasprito le tensioni sociali, fino ad arrivare alla rivolta aperta nel 2011. E il riscaldamento globale ha avuto un peso non da poco in questa vicenda, che si è trasformata in una guerra civile.
Lo studio fornisce le prove del fatto che la siccità, tra il 2007 e il 2010, abbia contribuito al conflitto in Siria. Si tratta di uno dei periodi più secchi, con un forte calo della produzione agricola un po’ ovunque nel paese. Da qui è scaturita una migrazione di massa delle famiglie contadine verso i centri urbani.
“Il trend secolare delle precipitazioni, la temperatura e la pressione a livello del mare, sostenuti da risultati dei modelli climatici, suggeriscono fortemente che il forcing antropogenico abbia aumentato la probabilità di siccità gravi e persistenti in questa regione” spiegano gli scienziati secondo i quali “le influenze umane sul sistema climatico sono coinvolte nel conflitto in atto in Siria”.
Secondo Richard Seager, climatologo del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University e coautore dello studio, ciò ha inasprito le tensioni sociali, senza contare che la siccità ha provocato un aumento dei prezzi dei generi alimentari e a una maggiore diffusione della povertà.
Una crisi prevedibile
“Alcuni di voi conoscono la storia di fondo di ciò che ha aperto le porte dell’inferno in Siria” ha detto Al Gore il 9 luglio al Climate Summit di Toronto. “Dal 2006 al 2010, la Siria ha avuto un periodo di siccità legato al clima che ha distrutto il 60 per cento delle aziende e ucciso l’80 per cento del bestiame, spingendo un milione e mezzo di rifugiati climatici nelle città, scontrandosi con un altro milione e mezzo di rifugiati della guerra in Iraq”.
Ed è così che i contadini sono stati ridotti in miseria, mentre gli abitanti delle città hanno lottato per far fronte alla carenza d’acqua, alla disoccupazione, all’aumento del costo della vita e all’oppressione del governo. Già nel 2011, la società siriana era una polveriera pronta a esplodere.
… e prevista
Questo caos – che riguarda non solo la Siria – era stato predetto 12 anni fa dal Pentagono, il quale aveva avvertito che uno scenario caratterizzato da cambiamenti climatici improvvisi avrebbe coinvolto risorse importanti come l’acqua, causando sia inondazioni che siccità.
“Con oltre 400 milioni di persone che vivono nelle regioni subtropicali, spesso troppo popolate e economicamente più povere, il cambiamento climatico e i suoi effetti rappresentano un rischio grave per la stabilità politica, economica e sociale. Nelle regioni meno prospere, in cui i paesi non hanno le risorse e le capacità necessarie per adattarsi rapidamente a condizioni più dure, il problema probabilmente sarà sempre più grave”.
Secondo il dossier, i paesi ricchi avrebbero reagito a questa minaccia con la costruzione di ‘fortezze’ attorno ai loro confini.
Rifugiati climatici, ne sentiremo parlare sempre più spesso.
Francesca Mancuso
Foto: Alarabiya
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