Un parco solare da 40 MW compost da 160 mila pannelli solari appoggiati sulla superficie di un lago riemerso dopo il collasso di una miniera di carbone nella provincia di Anhui: è la dimostrazione dell’impegno della Cina nella transizione energetica, proprio mentre l’altro grande inquinatore, gli Usa, decidono di uscire dall’accordo di Parigi.
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Un parco solare da 40 MW composto da 160 mila pannelli solari appoggiati sulla superficie di un lago riemerso dopo il collasso di una miniera di carbone nella provincia di Anhui: è la dimostrazione dell’impegno della Cina nella transizione energetica, proprio mentre l’altro grande inquinatore, gli Usa, decide di uscire dall’accordo di Parigi.
Clima: con gli Usa fuori dall’accordo di Parigi, la Cina può assumere la leadership
Anche questo progetto fa parte del piano di Pechino per eliminare la dipendenza dalle fossili, che finora ha reso la Cina il più grande inquinatore del mondo, con i 2/3 dell’energia prodotta comunque sempre generata contando su fonti fossili. Il caso ha voluto che il parco solare diventasse operativo proprio a ridosso dell’annuncio di Donald Trump di voler ritirare gli Usa dall’accordo sul clima di Parigi.
Proprio questa mossa ha posto la Cina sotto i riflettori, il mondo intero si è chiesto come si sarebbe comportato il secondo dei grandi inquinatori: la Cina avrebbe preso in mano la situazione per diventare leader nella lotta ai cambiamenti climatici?
A Pechino, sempre nei giorni a ridosso dell’annuncio di Trump, si è svolta una conferenza internazionale proprio sul clima. Coincidenze, appunto, ma sappiamo anche che la Cina produce i 2/3 dei pannelli solari di tutto il mondo e che ha una grande occasione per attirare e moltiplicare gli investimenti in energie rinnovabili.
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Il maggiore inquinatore del mondo è il maggiore investitore in energie pulite
D’altra parte, “con o senza gli Usa, la Cina si muove rapidamente in termini di investimenti”, dicono esperti come Alex Perera, direttore del WRI Energy Program.
Dal 2012 è il più grande investitore del mondo in energie pulite, con 88 mld di dollari spesi per eolico e solare soltanto lo scorso anno (dati Bloomberg) e una potenza solare più che raddoppiata nel 2016. L’obiettivo ufficiale è quello del 20% di energia prodotta da fonti low-emission entro il 2030, utilizzando anche il nucleare. Oggi la percentuale è dell’11%. Il dato di fatto è che cresce il malcontento della popolazione per via dell’aria altamente inquinante che in molte giornate paralizza intere città. In altre parole, Pechino combatte l’inquinamento cronico dell’aria, ma è molto motivata da interessi finanziari, visto che le rinnovabili portano profitti al Paese.
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Segnali forti: Cina e California si stringono la mano
Alla conferenza di Pechino il governatore della California Jerry Brown è stato accolto con molto entusiasmo e con il presidente Xi Jinping ha già siglato un accordo, così come con la provincia di Suchuan. Partnership forse poco concrete per ora, ma grandi segnali di contrapposizione alla decisione di Trump.
“Provo a svegliare le persone perché si muovano contro i cambiamenti climatici”, ha poi dichiarato Brown, consapevole di quanto ogni mossa della Cina sulla scacchiera mondiale possa fare la differenza. L’avevamo detto in occasione del G7 Ambiente: una delle parole chiave è ormai “glocal”. Le alleanze quando si tratta di contrastare i cambiamenti climatici si stringono ormai non solo tra Paesi e leader mondiali, ma anche tra città, Stati, regioni. Ed è su questo campo che si può vincere la partita.
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Anna Tita Gallo