Siamo tornati dove Vaia ha colpito: ecco la rinascita delle foreste aggredite dal bostrico vista da vicino

Le foreste del Col di Lana stanno rinascendo grazie a un ambizioso progetto di riforestazione. Un'esperienza nel cuore delle Dolomiti, dove circa 5.400 nuove piante e tecniche innovative di riforestazione stanno ricostruendo l'ecosistema, coinvolgendo comunità locali, imprese e istituzioni

Dove una volta c’era solo devastazione, ora piccoli germogli di speranza si fanno strada tra ceppaie e tronchi abbattuti.

Poco meno di 6 anni fa, la tempesta Vaia, con venti fino a 200 km/h, ha aggredito il Nord-Est, abbattendo 42.000 ettari di foreste in pochi giorni. Il Col di Lana, tra i massicci dolomitici più importanti nel bellunese, è stato uno dei luoghi più colpiti.

Oltre alla perdita del manto forestale, il disastro ha lasciato terreno fertile per la proliferazione del bostrico, un piccolo coleottero che ha infettato e ucciso anche gli abeti rossi non divelti dalla tempesta. “Ci vorrebbero 60 anni per ricostruire il bosco com’era prima di Vaia,” ha spiegato a GreenMe il dottore forestale che ha progettato e diretto i lavori di riforestazione, Orazio Andrich. “Il nostro intervento vuole accelerare un processo che la natura attiverebbe comunque, ma in tempi molto più lunghi”​.

Nonostante l’abbattimento di circa 100.000 metri cubi di alberi colpiti da Vaia, altri 150.000 metri cubi di legname danneggiato giacciono ancora a terra. Nei prossimi anni, si prevedono ulteriori interventi per rimuovere circa 60.000 metri cubi di alberi compromessi, e prevenire la diffusione del bostrico​.

Proprio qui, in uno dei luoghi più feriti dalla tempesta e segnati dall’infestazione del bostrico, ha preso vita un innovativo progetto di riforestazione che sta restituendo vita al paesaggio ferito, segno di una resilienza che tanto appartiene alla natura.

Con l’iniziativa “Ancora Natura per il Col di Lana”, promossa da PEFC Italia, Rete Clima e Coldiretti Belluno, e sostenuta dai fondi dell’8×1000 dell’Istituto Buddista Soka Gakkai, 5.400 nuove piante autoctone vengono messe a dimora per rigenerare questo prezioso patrimonio naturale.

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@silviagerbino

Riforestazione: tecniche innovative e selezione delle specie

Il cuore del progetto “Ancora Natura per il Col di Lana” è la riforestazione attraverso tecniche innovative, tra cui l’utilizzo delle “culle”. Queste strutture, realizzate con il materiale legnoso residuo della tempesta, servono a proteggere le giovani piante dagli ungulati come cervi e caprioli, senza ricorrere a recinzioni artificiali. “Abbiamo scelto di proteggere le piantine sfruttando ciò che la natura ci ha lasciato,” ha spiegato Andrich, durante la visita nei boschi del Col di Lana. “Le culle sono fatte di ceppaie e tronchi schiantati, che formano una sorta di barriera naturale attorno alle piante”​.

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Le specie selezionate per il rimboschimento includono larici, pini cembri e faggi. Il larice, per la sua capacità di crescere rapidamente e resistere ai climi freddi, è stato scelto come specie principale per la ricostruzione dell’alta quota.

Il pino cembro, sebbene più lento a svilupparsi, è particolarmente adatto alle altitudini più elevate per la sua resistenza a freddo e siccità. La messa a dimora si basa su un metodo non convenzionale: le piante vengono disposte a corona intorno alle ceppaie degli alberi abbattuti da Vaia, sfruttando le radici preesistenti per facilitare l’attecchimento​.

“Le ceppaie funzionano come un sostegno naturale,” spiega Andrich. “Le radici delle nuove piante trovano spazio tra quelle vecchie, riducendo la fatica di crescere in un terreno duro e sassoso. Questo aumenta notevolmente le loro possibilità di sopravvivenza”.

Il successo di questa tecnica ha già portato a una rigenerazione promettente: “Le piante stanno attecchendo bene, anche se crescono lentamente. In pochi anni vedremo i primi risultati tangibili”.

Autunno: il momento ideale per la messa a dimora

Uno degli aspetti chiave del progetto è la scelta di riforestare in autunno, piuttosto che in primavera, come spesso avviene. Andrich spiega che questa decisione si basa su un’attenta osservazione delle radici delle piante: “Durante l’autunno, anche se la parte visibile delle piante non cresce, le radici lavorano intensamente. In questo modo, le piante hanno il tempo di adattarsi al terreno prima dell’inverno, aumentando le possibilità di successo”​.

Secondo le osservazioni di Andrich, il tasso di riuscita del rimboschimento autunnale è molto più alto rispetto a quello primaverile, anche se una percentuale fisiologica del 10-20% di piante non sopravvive. “Per un progetto di questo tipo è necessario programmare la produzione delle piante con anni di anticipo,” spiega. “Non si può improvvisare: le fitocelle utilizzate per allevare le piantine vengono preparate almeno due o tre anni prima della messa a dimora”​.

Il legno come risorsa: valorizzazione e sostenibilità

Un altro obiettivo del progetto è valorizzare il legno abbattuto dalla tempesta Vaia. Antonio Brunori, segretario generale di PEFC Italia, ci ha raccontato quanto il legno locale sia una risorsa preziosa, da gestire in modo sostenibile e tracciabile: “Si tratta della materia prima che ci garantisce la stabilità climatica, perché è l’alternativa alla plastica. Stocca la CO2 e, se gestita correttamente – cioè se proviene da boschi certificati per la loro gestione corretta -, può diventare un prodotto di altissimo valore sul mercato”​.

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Il legname recuperato viene quindi destinato a diversi usi, dalla produzione di imballaggi alla carpenteria, attraverso consorzi come quello del Legno Veneto, che ha in seno la Scuola del Legno di Sedico. Qui, gli studenti imparano a lavorare il legno con le regole della certificazione di catena di custodia, seguendo i più alti standard tecnologici e ambientali. “Anche il legno attaccato dal bostrico può essere valorizzato,” spiega Brunori, “ma bisogna lavorarlo rapidamente per evitare che il degrado comprometta la sua qualità”​.

La partecipazione della comunità: un progetto condiviso

Il coinvolgimento delle comunità locali è uno degli aspetti centrali di “Ancora Natura per il Col di Lana”. Le scuole, come l’Istituto Agrario “Antonio Della Lucia” di Feltre, partecipano attivamente al progetto, contribuendo alla realizzazione di pannelli informativi che verranno installati lungo i sentieri riforestati. Questi pannelli, realizzati dagli studenti, guideranno i visitatori alla scoperta del bosco e delle pratiche sostenibili adottate per la sua ricostruzione​.

Anche le aziende agricole locali giocano un ruolo importante, fungendo da “giardinieri dell’ambiente”, monitorando lo sviluppo delle nuove piante e intervenendo per proteggerle dagli animali selvatici. “Lavorare insieme alle comunità è fondamentale per il successo di questo tipo di progetti,” sottolinea Andrich. “Non stiamo solo ripristinando un bosco ma anche ricostituendo un intero ecosistema, che deve essere sostenibile e autosufficiente”.

Un modello replicabile per la riforestazione sostenibile

Il progetto “Ancora Natura per il Col di Lana” non è solo una risposta locale ai danni di Vaia, ma un modello replicabile per altre aree devastate da disastri naturali o infestazioni parassitarie. “È una sinergia tra tanti enti differenti per ricostituire il capitale naturale”, ha raccontato Paolo Viganò, presidente di rete Clima. E proprio la collaborazione tra diversi enti, l’uso di tecniche innovative e il coinvolgimento attivo delle comunità dimostrano che è possibile affrontare le sfide ambientali in modo efficace e sostenibile​.

Grazie a questi interventi, le foreste del Col di Lana non solo torneranno a essere una risorsa per il territorio, ma diventeranno un simbolo di resilienza e rigenerazione di una intera comunità.

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