Retake Roma: la ribellione della cittadinanza civile. La nostra intervista ad Antonino Battaglia

Ripulire le città raschiando via lo sporco e riportando in superficie la bellezza. Si chiama Retake Roma il movimento che da cinque anni ormai opera nella capitale. Non solo pulizia ma anche arte. Un gruppo di volontari che, quartiere per quartiere, combatte il degrado

Ripulire le città raschiando via lo sporco e riportando in superficie la bellezza. Si chiama Retake Roma il movimento che da cinque anni ormai opera nella capitale. Non solo pulizia ma anche arte. Un gruppo di volontari che, quartiere per quartiere, combatte il degrado, riuscendo a sopperire alle mancanze delle istituzioni e all’inciviltà di una parte dei cittadini.

Retake Roma è formato da persone di tutte le età anche se gran parte dei volontari ha tra i 20 e i 35 anni.

No, non si tratta solo di romani: molti non sono neanche nati nella capitale ma la vivono da tempo e la sentono propria a tal punto da dedicare tre o quattro ore settimanali per “riprendersi” la città.

Come? Staccando le tag dai muri e gli adesivi vari da tutte le superficie. Via anche i manifesti abusivi. Ma non è solo questo. Retake ha fatto in modo che la street art prendesse il posto del degrado, sostituendo al vandalismo l’arte di strada:

“Promuoviamo accordi per la realizzazione di murales (o graffiti) sia su spazi privati che su spazi pubblici in quanto l’arte è la medicina per il degradosi legge sul sito ufficiale.

Chiunque può diventare retaker. Basta cominciare dal proprio piccolo, adottando il proprio civico, poi la strada.

A raccontare a greenMe.it l’esperienza di Retake Roma è stato uno dei responsabili, Antonino Battaglia:

Cos’è esattamente Retake Roma e cosa fa? Com’è nata l’iniziativa di “riappropriarsi” della propria città?

Retake Roma è un movimento nato nel 2009 per opera di Rebecca Spitzmiller, italo-americana che, stanca di vivere una città bellissima deturpata da atti vandalici e abusivismo, ha deciso di rimboccarsi le maniche e “riprendersi” Roma anzi, restituire Roma a ciò che le spetta di diritto: decoro e rispetto. Iniziando dalle mura del suo condominio, continuamente vandalizzate e deturpate con insensati tag, ha poi proseguito il suo scopo “reclutando” altre persone a fare lo stesso; in primo luogo offrendo agli studenti lezioni gratuite d’inglese in cambio di un supporto per riprendersi la propria città dall’incuria e dal degrado. Insieme, con il tempo, e con la collaborazione dei PICS e Ama, si è giunto a ciò che siamo oggi, con la prospettiva di migliorare e cambiare la mentalità dei cittadini di Roma e Roma stessa.

Per tale ragione Retake Roma si presenta come un modo di essere/movimento che parte dai cittadini, no-profit e che mira:

· al miglioramento della qualità e del decoro urbano dell’area di Roma, nell’ambito della tutela dell’ambiente, tramite azioni volte alla riduzione del degrado e all‘innalzamento del senso civico dei cittadini e dei turisti, attraverso l’aiuto di volontari, nel rispetto dell’ordinamento e delle norme di legge, in un percorso di condivisa collaborazione tra cittadini, Comune, Sovrintendenza, Forze dell’ordine e altri soggetti;

· alla promozione della legittima espressione artistica sotto forma di street art incoraggiando artisti di talento a promuovere il loro lavoro in luoghi pubblici come serrande o altri luoghi pubblici e privati, previa autorizzazione;

· alla crescita di una cultura solidaristica e di cittadinanza;

· all’integrazione sociale in zone urbane periferiche ed economicamente svantaggiate in una visione di diffusione di un maggiore senso e orgoglio civico;

Come combattete il degrado con la street art? Ci segnalate qualche esperienza?

A nostro avviso la street art è una delle forme migliori per combattere il degrado, al contempo manifestazione di libertà di pensiero ed espressione artistica. Essa ha la capacità di trasformare luoghi in musei e muri in opere d’arte. Parimenti ha un incredibile potere disincentivante nei confronti dei vandali che più difficilmente deturpano opere di street art. Ciò, però, è necessario che avvenga nel rispetto di tutti, in primis nel rispetto del proprietario del bene su cui si realizza l’opera. Per tali ragione è fondamentale richiedere l’autorizzazione della P.A. nel caso di beni pubblici e del privato nel caso di beni privati.

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Ci sono state diverse esperienze, da ultimo i retro box di piazza San Cosimato, così come la scalinata esterna di un condominio, fino a muri di parchi abbandonati nel Terzo Municipio, o ancora mura di scuole dipinte con l’aiuto dei bambini.

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Quali difficoltà avete incontrato e incontrate?

La diffidenza delle persone è la prima cosa che notiamo, essa è la più radicata. Ad essa si aggiunge lo scoramento di molti determinato da una sfiducia nel vedere volontari che lavorano ed autorità per la maggior parte inerti. In questi contesti cerchiamo sempre di dialogare per diffondere quanta maggiore positività e voglia di agire, cercando di ripristinare nelle persone un senso di appartenenza e comunità. Talvolta, invece, riceviamo offese ma per lo più delle volte pensiamo sia dovuto da un totale fraintendimento di ciò che facciamo. Approcciamo sempre con il dialogo cercando di spiegare il messaggio dietro ciò che facciamo, non limitandoci al semplice “pulire” ma alla volontà di (ri)educare al senso civico.

Cosa può dire a chi vuole portare questa esperienza nella propria città?

Di armarsi di tanta determinazione e volontà perché le cose sono difficili ma la caparbietà per buoni fini premia sempre. L’importante è conoscere bene quello per cui ci si batte. Del fatto che il tutto si basa su senso civico, rispetto e miglioramento. Di come la collaborazione con le istituzioni sia fondamentale per la creazione di un circolo virtuoso. Dove le istituzioni dormono bisogno risvegliarle con il buon esempio dei cittadini.

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Qual è la cosa più bella che avete notato in questi cinque anni di Retake?

La gente sta riacquistando fiducia in se stessa e negli altri. Talvolta, quando scendiamo in strada, ci ritroviamo sconosciuti che si fermano a chiacchierare, che si uniscono o addirittura che ci portano da bere o da mangiare. Lì è quasi come tornare nel passato, quando ogni quartiere di Roma era paese, dove tutti contribuivano a qualcosa e il senso di estraneazione non esisteva.

La voglia di ritornare a vivere in una città migliore, rispettata e amata.

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Francesca Mancuso

Foto: Retake

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