Nel 2013, laddove oggi c’è il campo profughi di Minawao, c’era una foresta. Con l’arrivo di 60mila nigeriani fuggiti dalla violenza di Boko Haram, il territorio si è trasformato, ma un progetto mira alla riforestazione.
Nel 2013, laddove oggi c’è il campo profughi di Minawao, c’era una foresta. Con l’arrivo di 60mila nigeriani fuggiti dalla violenza di Boko Haram, il territorio si è trasformato, ma un progetto mira alla riforestazione.
L’obiettivo è quello di ricreare la biodiversità perché un tempo a Minawao, prima della costruzione da parte delle Nazioni Unite di un campo profughi, l’area era circondata da alberi. Purtroppo la violenza di Boko Haram non si arresta e molti nigeriani sono costretti a spostarsi nei campi camerunesi, dove le condizioni di vita sono terribili e dove gli alberi vengono tagliati per necessità.
Secondo la Fast Company, è andato perduto almeno 1 ettaro di foresta all’anno a persona, gli alberi come dicevamo vengono abbattuti per farne legna da ardere o per produrre carbone. Adesso l’UNHCR,l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati insieme alla start-up olandese Land Life Company sta lavorando ad un progetto di riforestazione che coinvolge direttamente i profughi che vivono nella zona.
Da un lato, si sta cercando di costruire una fabbrica nel campo che permetterà ai residenti di trasformare i rifiuti agricoli in fonti combustibili, riducendo così la necessità di abbattere gli alberi, dall’altro si stanno reimpiantando alberi.
Foto:© UNHCR/Xavier Bourgois
La start-up olandese si occupa proprio di quest’aspetto, ovvero di condurre una vera e propria battaglia contro la desertificazione attraverso la piantumazione di alberi. Ma il tutto non è così semplice, perché le condizioni del terreno e quelle climatiche non garantiscono che l’albero piantato sia poi sano, per questo viene usato un metodo innovativo che prevede una ciambella biodegradabile con un bozzolo di cera che permette alla pianta di sopravvivere all’inizio.
Foto:© UNHCR/Xavier Bourgois
In questa sorta di fioriera c’è l’acqua necessaria per alimentare le radici e un guscio protettivo che impedisce agli animali, al vento, alla troppa luce solare di danneggiare l’alberello. Dopo circa un anno, la struttura si decompone e fornisce nutrienti al terreno, il costo è basso e anche la manutenzione.
Ecco come funziona:
Da dicembre 2017 sono stati piantati circa 40mila alberi nel campo e intorno ad esso e nonostante non abbia mai piovuto, grazie a questo metodo, gli alberelli stanno bene. Altri 30mila alberi saranno piantati a maggio e giugno, creando 250 posti di lavoro per le persone nel campo. Saranno alberi da noci e di acacia per il tè.
Oltre al cibo, gli alberi forniscono anche ombra e aiutano a ricostruire l’ecosistema perché il ritorno degli alberi significa il ritorno degli insetti e della fauna selvatica. Alberi come speranza, speranza contro le violenze, le armi e la guerra. Un’ottima iniziativa che sta aiutando l’ambiente e creando anche posti di lavoro. La Land Life Company ha anche prodotto un breve documentario sul progetto chiamato “It Will Be Green Again”:
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Dominella Trunfio
Foto cover: ©UNHCR/Xavier Bourgois