A Napoli dalle case facevano scendere il panaro con dentro del cibo che i più bisognosi potevano prendere.
Un centro storico insolitamente deserto, strade e vicoli in cui non si incontrava anima viva per decine di metri. Qui, dove pochi mesi prima si sgomitava tra migliaia di turisti, nei giorni del lockdown, silenzioso e spietato, rimanevano solo il ticchettio di qualche passo frugale e le occhiate rapide di chi aveva le tue stesse paure. E anche chi una casa dove ripararsi non l’ha mai avuta.
Napoli, dai Decumani alla periferia, non dimentica in nessuno momento chi è in seria difficoltà.
L’esigenza di fare la spesa ai tempi del coronavirus si amplificò allora di mille brutture: all’impossibilità di uscire di casa si sommarono i mancati guadagni e non solo. La povertà di una intera classe sociale che già prima arrancava si vide costretta a fare i conti con un nemico comune e invisibile.
Ed è proprio per le persone più indigenti che, in quei mesi, sono nate in tante città italiane fantastiche iniziative di solidarietà.
Il “panaro solidale” a Napoli
Tutto è partito da Napoli, città solidale per antonomasia. Qui, il paniere, o’ panaro, trainato giù da un balcone o da una finestra fa parte di un’usanza collettiva e centenaria di una spesa sui generis: la signora chiama il garzone, il garzone risponde mettendo nel cesto ciò che era stato “ordinato”.
Ora, nei mesi del “restiamo tutti in casa”, quel panaro si è vestito di un altro significato, si è aperto agli altri e a chi ne aveva bisogno, in un dare e donare necessario e vitale: a Napoli, nei quartieri popolari, sono spuntati dai balconi giù fino alla strada, come mani tese a seminare provviste.
Dalle case facevano scendere il panaro con dentro del cibo che i più bisognosi avevano la possibilità di prendere e vicino una frase di Giuseppe Moscati, medico, filantropo e santo:
Chi ha metta
chi non ha prenda
C’è tutta la solidarietà, dentro a quel paniere, e l’idea che nessuno è lasciato da solo.
L’idea del paniere solidale è nata dal cuore grande di Pina Andelora e Angelo Picone – Capitano & Perzechella – che ogni giorno e per 50 giorni hanno preparato da mangiare per i senzatetto.
Giù dal loro balcone a via Santa Chiara c’era un panaro in cui ciascuno poteva anche lasciare qualcosa:
Bellissimo,da 10 giorni,per amore e solo per amore,condividiamo con,prima due,poi quattro e oggi sette,quello che…
Posted by Andelora Giuseppina on Saturday, March 28, 2020
Come è andata
Il 10 maggio 2020, dopo 50 giorni, Capitano & Perzechella abbassano nel panaro solidale l’ultimo pasto caldo, un bel Ragù napoletano, decidendo la sospensione di questo esemplare gesto e continuando l’azione solidale, pasti e ospitalità, nelle sedi delle loro Assocazioni. associative.
Quella bellissima frase ispirata al Santo Dottore, Giuseppe Moscati – Chi ha metta, chi non ha prenda – in questi mesi è stata intanto tradotta in tantissime lingue.
Il gesto di Pina e Angelo è stato imitato in tutto il mondo e ha ispirato molte iniziative simili. La ONG Avaaz lo ha inserito nelle 10 cose belle che l’umanità dovrà ricordare di questa terribile pandemia.
E non si ferma qui. Quello che hanno fatto Pina e Angelo è la forma massima di napoletanità, fatta ogni giorno dei caffè sospesi e dei giocattoli regalati ai bambini bisognosi, di un dare incondizionato, del non negarsi mai, per nessuna ragione, a chi ha necessità concreta di un aiuto e di un conforto.
A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana, diceva il compianto Luciano De Crescenzo.
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