Mio nonno era un’ape. Biologia di una passione

Una scelta radicale quella di Lorenzo, fatta nel 2000 quando giovanissimo, appena ventritrenne, dopo aver provato l'esperienza della città e vissuto per cinque anni a Roma, decide di seguire il richiamo della terra, del biologico, della vita rurale e tornare ad Ascoli Piceno per occuparsi del piccolo podere di famiglia. Lorenzo ama divertirsi, suonare Rock'n Roll e uscire a far baldoria con gli amici, ma ancora di più ama la natura, la vita all'aria aperta, l'odore della terra. Quella terra, scomoda e boschiva del piceno che gli è rimasta nel sangue. Quella terra che decide di trasformare in un'esemplare azienda di apicoltura con la stessa sacralità con la quale suo nonno la coltivava.

Un superorganismo perfetto. Capace di svilupparsi e crescere in base all’abbondanza di risorse disponibili. In grado di favorire l’ambiente alimentando tali risorse per alimentarsi, ma capace anche di ritirarsi quando queste cominciano a scarseggiare, rallentando il proprio metabolismo e riducendo i consumi. Così Lorenzo Paolini, titolare della piccola azienda Casa da Sole in provincia di Ascoli Piceno, definisce la colonia di api che alleva. E con gli stessi termini descrive suo nonno. Ma con le stesse parole potremmo noi definire Lorenzo stesso, che a 34 anni, in un contesto storico totalmente diverso, sta portando avanti, con la medesima passione e filosofia, l’attività di apicoltore.

Mio nonno era un’ape – ci racconta Lorenzo – senza sapere nulla di agricoltura biologica, né tanto meno di biodinamica, riusciva ad applicarne i principi alla perfezione, ottimizzando ogni minima risorsa quasi fosse l’azienda un organismo vivente a tutti gli effetti. I concimi se li produceva con le sue mucche; i semi che gli servivano per il suo orto, dalle varietà di verdure ed alberi da frutto piantati da suo padre, il mio bisnonno. Tutto ciò che veniva prodotto era poi riutilizzato e ogni “scarto” reimpiegato, restituendo così alla terra tutto ciò che le era stato preso. Cenere e lardo di maiale diventavano sapone; i rami potati per fare spazio ad altri giovani rami, recipienti di vimini autocostruiti o legna da ardere per scaldarsi in inverno. Perché così la CO2 prodotta dalla combustione era riassorbita dai nuovi alberi, nati proprio grazie all’opera di potatura”.

Diventare apicoltore: le origini

Una scelta radicale quella di Lorenzo, fatta nel 2000 quando giovanissimo, appena ventitreenne, dopo aver provato l’esperienza della città e vissuto per cinque anni a Roma, decide di seguire il richiamo della terra, del biologico, della vita rurale e tornare ad Ascoli Piceno per occuparsi del piccolo podere di famiglia. Lorenzo ama divertirsi, suonare Rock’n Roll e uscire a far baldoria con gli amici, ma ancora di più ama la natura, la vita all’aria aperta, l’odore della terra. Quella terra, scomoda e boschiva del piceno che gli è rimasta nel sangue. Quella terra che decide di trasformare in un’esemplare azienda di apicoltura con la stessa sacralità con la quale suo nonno la coltivava.

Lorenzo è, infatti, affascinato soprattutto dal mondo delle api, dalla loro capacità di dare e prendere dall’ambiente circostante, ma soprattutto di autogestirsi. E proprio con lo scopo di autogestirsi e concretizzare il suo sogno, si mette alla ricerca di qualcuno in grado di insegnargli il mestiere e di cedergli “qualche sciame”.

Lo trova in Vincenzo, un simpaticissimo settantenne abruzzese che lo accoglie sotto la sua ala protettiva, iniziandolo al mondo dell’apicoltura biologica. Grazie a lui Lorenzo riesce in breve tempo a mettere su il suo primo allevamento: in cambio di potature di olivi e prestazioni agricole varie riceve alveari, arnie e consigli.
Ma sarà la gavetta di 3 anni con un apicoltore professionista di grande competenza a fargli apprendere fino in fondo tutti i segreti del mestiere ed entrare in contatto con un modo diverso di fare apicoltura:

“Con Silvano ho iniziato a comprendere la biologia delle api, il loro modo di vivere, di svilupparsi e di adattarsi ai mutamenti climatici, oltre alle tecniche per ottimizzare gli alveari ai fini della produzione. Ma da lui ho soprattutto appreso quella che può considerarsi la lezione più importante: la certezza che non si può produrre qualità se non si ha una vita di qualità!

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Lorenzo da Silvano impara, quindi, a curare le api nei minimi particolari, ma ancora di più ad aver cura di sé, del proprio stile di vita. Condizione imprescindibile per ottenere dei risultati:

meglio avere 100, 200 alveari sani e produttivi che averne 1000, 2000 mal gestiti con una metà che non producono, mi ripeteva sempre Silvano”.

È con questa unica certezza che Lorenzo, insieme a Cecilia, la ragazza conosciuta a Roma che aveva dapprima continuato a sostenerlo da lontano con lettere e parole di incoraggiamento, per poi abbracciare in toto la sua scelta diventando sua moglie, trasforma il podere del nonno nella più rinomata azienda di apicoltura del piceno. L’obiettivo non è il business, ma la garanzia della qualità della vita, sua e della sua famiglia che nel frattempo si è allargata con la nascita di due bimbe.

Cecilia ha deciso di cambiare vita, cambiare città per condividere il mio stesso sogno. È grazie a lei e alla nascita della piccola Leila che ho deciso di fare l’apicoltore professionista tagliando con tutte le mie vecchie relazioni lavorative che avevo prima. Nonostante qualche legittimo cedimento, è sempre al mio fianco e sa darmi ottimi consigli. Leila ora ha 6 anni e già con la sua tutina viene spesso in apiario con me: sa prendere le api con le mani e le fa volare via quando entrano per sbaglio dentro casa. Qualunque altro bambino strillerebbe cercando di uccidere quell’ “immondo insetto”. Lei e Francesca, che ha compiuto da poco tre anni, inoltre vengono con me e mi aiutano nell’orto, mangiano frutta che raccolgono dagli alberi, ridono quando pestano una cacca di mucca e a fine giornata crollano di stanchezza sporche di fango”.

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Essere apicoltore oggi: le difficoltà

È la stessa attenzione impiegata dalle api nel curare il loro nettare, raccolto da fiore in fiore, o nell’accudire le loro piccole larve quella che Lorenzo mette nella sua attività, scontrandosi giornalmente con non poche difficoltà. Prima fra tutte, la solitudine professionale in cui verte la figura dell’apicoltore, lasciato solo sia sul fronte economico sia su quello medico-scientifico. A partire dalla mancanza di finanziamenti ad hoc o fondi europei a sostegno di quello che rappresenta un settore primario capace di arrecare soltanto benefici all’ambiente, in grado di garantire la biodiversità degli ecosistemi, la produzione alimentare di frutta e verdura – attraverso l’impollinazione – ma anche capace di generare indotto e incentivare particolari comparti industriali come quello dei vasetti di vetro.

Per le patologie delle api, poi – spiega Lorenzo – non esistono veterinari specializzati, ricercatori, università o scuole di apicoltura che aiutino l’allevatore a capire il perché muoiano. Proprio per questo motivo molti lasciano l’attività dopo 4 o 5 anni e diventa sempre più difficile trovare persone, soprattutto coetanee, con cui condividere questa passione”.

Giovani disposti a fare dell’apicoltura il proprio stile di vita sono ormai merce rara, come pure le api stesse che sempre più spesso diventano preda di furti, la maggior parte dei quali organizzati da esperti capaci di far sparire apiari interi. Il diffondersi di un’agricoltura sempre più intensiva, poi, limita il territorio e il raggio di azione: “ho dovuto trasferire tutti i miei alveari in zone boscose e deciso di lavorare solo su fioriture spontanee non controllate dall’uomo come acacia, castagno o tiglio, anche se ciò comporta non produrre mieli tipo girasole, ciliegio o melo per non rischiare di compromettere l’allevamento e la qualità del prodotto finale”.

Un lavoro “a misura d’ape”

Anche i tempi sono scanditi diversamente nella vita di Lorenzo, plasmati non da rigidi orari di ufficio, ma completamente “a misura d’ape”. È la stagionalità a tornare in cattedra e a dettare i ritmi: “D’estate lavoro volentieri anche 12 ore continuate, d’inverno ne dormo volentieri altrettante”.

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Lorenzo ci spiega che non esiste una vera e propria giornata tipo. Ogni giorno è diverso dall’altro, ma soprattutto in ogni stagione si svolgono attività differenti:

a fine primavera ed estate ho la fortuna di vedere il sole che sorge quasi tutti i giorni iniziando molto presto. Alle cinque e mezzo, sei del mattino sono già in apiario, approfittando delle ore più fresche e lavorando fino a mezzogiorno, l’una. Poi, dopo la sacrosanta “pennichella” vado volentieri al mare o al fiume con moglie e figlie”.

D’estate i ritmi di lavoro si intensificano perché inizia la produzione del polline, che va raccolto tutti i giorni, e della pappa reale. In questo periodo Lorenzo non conosce sabati e domenica, ma quando torna l’autunno può cominciare, come le sue api, a rallentare e a dedicarsi al resto del ciclo produttivo. Perché nonostante l’aiuto di Emanuele, che da 5 anni gli fa da assistente, cura con attenzione e personalmente tutte le fasi della produzione, compreso il confezionamento, l’etichettatura e la commercializzazione, partecipando a fiere, mercatini e predisponendo la vendita online.

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Tutta l’organizzazione del lavoro e la cosiddetta logistica delle api in autunno è studiata per arrecare meno disturbo possibile agli insetti, essendo ogni visita agli alveari per loro molto invasiva.

Quando poi a febbraio, marzo, le regine cominciano la deposizione delle uova e iniziano a nascere le nuove api, i ritmi tornano a farsi serrati perché bisogna prepararsi al nuovo ciclo e uniformare gli apiari:

Ad aprile le famiglie sono già ben popolose e con i primi caldi incominciano a costruire cera nuova; a questo punto parte un vero e proprio lavoro di bonifica dei nidi e di sostituzione dei favi

La biologia delle api

C’è un rapporto quasi mistico tra Lorenzo e le sue api:

loro sono le mie colleghe di lavoro e compagne di vita. Il loro stato di salute o di umore influisce sul mio. Così, se le api sono irritate a causa di un vento secco che asciuga i fiori, io sono irascibile e nervoso. Se fa caldo umido e le api raccolgono e si riproducono, io sono sereno”.

Da dieci anni Lorenzo continua ad applicare la filosofia di vita e di allevamento trasmessa dai suoi maestri, che si traduce in un’apicoltura che tiene in considerazione la biologia delle api rendendo l’apicoltore parte integrante di tutto il sistema (regina – operaie- fuchi- apiario – apicoltore – ambiente circostante), di tutto il “superorganismo”. Il suo ruolo è prevalentemente quello di conduttore che gestisce la colonia prevedendo le situazioni critiche e risolvendole ai fini della salubrità dell’allevamento e della produzione.

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Le api sono animali che prosperano e vivono in condizioni ottimali solo quando stanno in ambienti molto nettariferi – ci spiega Lorenzo – perché solo cosi le regine depongono molto,le colonie sono popolose e una colonia popolosa si cura le patologie quasi da sola. Io personalmente dopo 10 anni di attività scelgo di allevare un numero limitato di colonie, spostandole in base alle diverse fioriture in modo da averle sempre popolose, forti e sane”.

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Dopo anni di spostamenti Lorenzo ha raggiunto una discreta cultura del potenziale nettarifero del suo territorio ed è in grado di selezionare i posti dove ottenere produzioni di maggiore qualità allo stesso livello di purezza monofloreale, un parametro questo fondamentale anche per il mercato che, come constata a malincuore Lorenzo, “chiede miele d’acacia sempre più chiaro e castagno sempre più amaro”.

Le api tendono a specializzarsi sulle fioriture più appetibili e nettarifere. Quando fiorisce l’acacia, ad esempio, le api non vanno a perdere tempo su fioriture concomitanti meno redditizie. Raccolgono bene a breve raggio cioè sulla vegetazione circostante all’apiario. È per questo che quando sposto gli alveari faccio in modo di portarle sul raccolto a fioritura già avviata e prevalentemente su piante ad alto fusto tipiche dei boschi spontanei delle nostre colline che non sono controllate dall’uomo”.

Uno dei compiti più importanti che Lorenzo svolge con passione è il monitoraggio costante della salute della sua colonia e in particolare dei livelli di infestazione del pericoloso acaro Varroa che viene contrastato naturalmente, colpendolo nei blocchi di covata invernale, senza il ricorso a sostanze chimiche o fitofarmaci.

Un’apicoltura biologica, quindi, la sua, quasi d’altri tempi, che produce miele biologico al 100% , ma che non può essere venduto come tale per la mancanza della certificazione. Una scelta voluta, questa, dettata anch’essa dalla convinzione che chi vuole produrre biologico lo deve fare per passione.

L’agricoltura biologica nasce negli anni ’70 come circuito alternativo per distinguere quei produttori agricoli che producono con tecniche semplici, tradizionali, poco invasive e rispettose dell’ambiente, spesso su piccoli appezzamenti. Negli ultimi decenni si sta assistendo ad una progressiva industrializzazione del biologico con la creazione di nuovi formulati di tipo “organico” che vanno a sostituire quelli chimici (tipo granulovirus- bacillusturyngentis) e pratiche agronomiche delle più creative, tipo introduzione negli agrosistemi di insetti non autoctoni in ecosistemi produttivi. Inoltre chi vuole produrre bio deve assolvere a compiti burocratici, registri da compilare dove annotare ogni singola operazione colturale e i mezzi tecnici impiegati, che possono far perdere di vista il piacere del tuo lavoro.

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Personalmente mi considero un contadino che produce con metodi tradizionali, che per me significa allevare senza sostanze chimiche o metodi invasivi portando avanti la mia attività attraverso il rapporto personale con i miei clienti o commercianti i quali vogliono i miei prodotti perché ne riconoscono la qualità e riescono a raccontarla. Anche se ciò significa guadagnare meno, non mi interessa instaurare relazioni con la grande distribuzione o le grandi catene di ristorazione. Preferisco vendere a chi comprende la mia filosofia, a chi sa apprezzarla a prescindere dalla certificazione, che, anche se rappresenta una tutela per i consumatori, non è l’unica prerogativa necessaria per riconoscerne la qualità. Il mio miele e, in generale, tutti i miei prodotti sono soggetti ad analisi chimiche che ne attestano la purezza e l’assenza di sostanze nocive.

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E i fatti sembrano proprio dar ragione a Lorenzo che vede aumentare giorno dopo giorno la clientela e che è riuscito con gli anni a far emergere i suoi prodotti, anche al di là dei confini nazionali. Casa da Sole è oggi un marchio che è possibile trovare in diversi negozi specializzati e, insieme a Migliori per le olive e Silvio Meletti per l’anisetta è l’unico presente nella guida Slow Food nella sezione dedicata ai prodotti del territorio di Ascoli. Un riconoscimento questo che sta alimentando la visibilità anche all’estero dell’azienda di Lorenzo che oggi riceve (quasi suo malgrado) richieste anche dalla Germania.

Piccole soddisfazioni che lo stanno ripagando degli sforzi fatti, da lui e dalla sua famiglia. Perché non è facile al giorno d’oggi portare avanti una scelta di vita e di lavoro così radicale e al tempo stesso così romantica. Ci si scontra giornalmente con la stanchezza, le difficoltà economiche, ma soprattutto con la sensazione di essere da soli a credere ancora in una filosofia che si sta perdendo nel tempo, annebbiata dall’industrializzazione e dai profitti.

Perché al di là delle entrate economiche, Lorenzo ha sempre puntato al benessere personale, suo e della sua famiglia: “Quando il tuo lavoro è l’attività che preferisci, la tua vita è praticamente appagata indipendentemente dalle entrate economiche”.

Non nascondo che a volte mi assalgono i dubbi soprattutto nei periodi stagionali più difficili, anche se i momenti di cedimento veri e propri più che altro ce li ha Cecilia: ci sono giorni che maledice me e le mie api. Sposare un apicoltore vuol dire stare ai suoi ritmi e non è sempre facile. Ma ormai le api sono il mio pane quotidiano vivo con loro e mi danno da vivere e non potrebbe essere altrimenti”.

Lorenzo rappresenta l’esempio che un altro modo di vivere, di allevare e di guadagnare è possibile e quando gli chiediamo cosa consiglierebbe a chi volesse seguire la sua strada e dedicare la sua vita alla terra, al biologico e alle api, conclude:

La mia è una scelta di vita che ti deve nascere da dentro se senti che vuoi farlo….FALLO e basta!”.

Per ulteriori informazioni: www.casedasole.it

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