Ormai da oltre due decenni la vita dei 1100 abitanti del villaggio di Piquiá de Baixo, in Brasile, è a rischio a causa degli altissimi livelli di inquinamento provocati dagli stablimenti delle multinazionali del ferro e dell’acciaio. Dopo anni di lotta, gli abitanti sono riusciti a fare valere i propri diritti.
Ormai da oltre due decenni la vita dei 1100 abitanti del villaggio di Piquiá de Baixo, in Brasile, è a rischio a causa degli altissimi livelli di inquinamento provocati dagli stablimenti delle multinazionali del ferro e dell’acciaio. Dopo anni di lotta, gli abitanti sono riusciti a fare valere i propri diritti.
Da almeno trent’anni sognano di trasferirsi in un villaggio dove l’aria sia respirabile e non inquinata dagli impianti a carbone e dalle conseguenze negative della lavorazione del ferro e dell’acciaio.
Alcuni anni fa un gruppo di 21 famiglie ha deciso di fare causa alle aziende siderurgiche responsabili della grave situazione di inquinamento del villaggio. Le famiglie coinvolte non si sono mai date per vinte e ora il tribunale ha riconosciuto il loro diritto di ricevere una somma pari a circa 10 mila dollari per i danni morali.
Da anni gli abitanti di questo villaggio brasiliano sono costretti a vivere in case invase dalla polvere di ferro e a respirare i gas nocivi emessi dalle industrie. Una situazione davvero insopportabile dal punto di vista della salute e dell’ambiente in merito a cui le aziende hanno chiuso gli occhi per decenni continuando nella loro corsa alla crescita della produzione e al profitto continuo.
Il dramma per gli abitanti di questo villaggio brasiliano era iniziato nel 1987 quando l’industria del ferro e dell’acciaio fece il proprio ingresso sul territorio con cinque fabbriche di ghisa e altri impianti industriali della multinazionale Vale, in funzione direttamente nelle vicinanze delle case.
Con la crescita dell’industria del ferro e dell’acciaio, ecco l’inizio dell’impoverimento delle risorse idriche e della diffusione dell’inquinamento a gravi livelli all’interno del villaggio. In breve tempo tra gli abitanti sono aumentati i casi di decesso per malattie respiratorie e a causa del tumore ai polmoni o ad altri organi.
Data la situazione insostenibile, la lotta degli abitanti ha preso finalmente una forma ancora più concreta nel 2008, con la decisione quasi unanime di reinsediare il proprio villaggio in un luogo lontano dall’inquinamento. Sono così iniziate le cause legali che nei primi tempi non avevano portato ai risultati sperati ma che ora stanno cominciando a riconoscere i diritti dei cittadini.
La speranza è che chi lo ha richiesto possa ricevere davvero il rimborso per i danni morali che gli spetta, così le multinazionali responsabili dell’inquinamento e della compromissione della salute dei cittadini inizieranno a pagare per tutto il male che hanno causato, anche se un rimborso in denaro non basterà di certo a cancellare del tutto le loro colpe.
Marta Albè
Fonte foto: Piquia De Baixo
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