Giornata mondiale senza sacchetti di plastica: vietarli funziona, ti mostro i dati che lo confermano

In occasione della giornata mondiale senza sacchetti di plastica, un nuovo studio di Ocean Conservancy sottolinea l'urgenza di adottare soluzioni concrete per contrastare il problema dell'inquinamento marino indotto dai nostri rifiuti

Vietare l’utilizzo di sacchetti di plastica ci aiuta a proteggere l’ambiente, contrastando l’inquinamento marino. A sostenerlo sono i risultati di un nuovo studio condotto dagli scienziati dell’organizzazione Ocean Conservancy, pubblicato a ridosso della giornata mondiale senza sacchetti di plastica, che si celebra il 12 settembre.

L’analisi, basata sui dati raccolti dai volontari dell’International Coastal Cleanup (ICC), ha rivelato una riduzione del 29% dei sacchetti di plastica trovati su spiagge e corsi d’acqua a seguito dell’aumento dei divieti statali negli Stati Uniti.

I sacchetti di plastica: una minaccia letale per l’ambiente marino

La ricerca di Ocean Conservancy ha dimostrato che i sacchetti di plastica sono tra le prime cinque cause più compromettenti di inquinamento marino. “I sacchetti di plastica sono una delle forme più letali di inquinamento plastico per la vita marina”, afferma la dottoressa Anja Brandon, direttrice della politica sulle plastiche di Ocean Conservancy. “Spesso vengono scambiati per meduse da tartarughe e altri animali marini, che li ingeriscono con conseguenze fatali”.

Dal 1986, i volontari dell’ICC hanno raccolto quasi 3 milioni di sacchetti di plastica per la spesa solo negli Stati Uniti, una quantità sufficiente a coprire 150 campi da football.

Questo dato non ci deve sorprendere, considerando che i cittadini statunitensi utilizzano circa 100 miliardi di sacchetti di plastica ogni anno, con una vita media di soli 12 minuti.

L’impatto dei divieti statali

Lo studio di Ocean Conservancy ha evidenziato una correlazione diretta tra l’aumento dei divieti statali sui sacchetti di plastica e la diminuzione della loro presenza nell’ambiente. Durante la pandemia di COVID-19, quando il ricorso ai sacchetti di plastica monouso è aumentato e i divieti sono stati temporaneamente sospesi, il numero di sacchetti raccolti per volontario dell’ICC è quasi raddoppiato.

Ma dal 2020, con il raddoppio della percentuale della popolazione statunitense interessata dai divieti statali circa l’uso di buste in plastica (dal 12% al 25%), si è registrata una riduzione del 29% dei sacchetti di plastica raccolti per volontario dell’ICC nel biennio 2022-2023 rispetto ai livelli pre-pandemici (2013-2019). Attualmente, 11 Stati americani hanno implementato divieti sui sacchetti di plastica per la spesa.

La scienza dei cittadini al servizio dell’ambiente

I dati utilizzati per questa analisi sono stati raccolti dai volontari dell’ICC attraverso l’app Clean Swell, contribuendo al database sui rifiuti marini di Ocean Conservancy. Questo prezioso archivio, il più grande al mondo nel suo genere, fornisce informazioni cruciali a scienziati, gruppi ambientalisti, governi e industrie per promuovere politiche di prevenzione dell’inquinamento da plastica.

La situazione italiana

Se guardiamo alla quantità, il mercato italiano dei sacchetti asporto merci dal 2010 al 2022 ha subito una drastica diminuzione, da oltre 179.000 tonnellate a circa 78.000, un significativo taglio del 57%, secondo i dati del IX rapporto annuale di Assiobioplastiche.

Eppure, se guardiano alla qualità delle buste, la realtà italiana è ancora lontana dall’essere virtuosa. Ancora oggi, infatti, circa il 40% delle buste in circolazione sono illegali, ovvero non conformi alla normativa, in quanto non biodegradabili. Questo significa che, su 76.000 tonnellate di shopper immessi sul mercato nel 2021, oltre 30.000 erano fuori legge.

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