Gli Yanomami e le tribù indigene dell'Amazzonia brasiliana sono oggetto di un'opera di sistematica eliminazione per interessi economici.
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Nella riserva degli Yanomami, nel nord del Brasile al confine con il Venezuela, lo scorso 10 maggio alcuni minatori d’oro illegali hanno aperto il fuoco con armi automatiche contro alcuni membri della comunità indigena, per spaventarli e distoglierli dal loro tentativo di opporsi alla loro penetrazione all’interno della riserva risalendo il fiume. I minatori vogliono accaparrarsi il prezioso oro presente nell’area.
Quella mattina, gli indigeni Yanomami hanno risposto all’aggressione armata con archi, frecce e fucili, ferendo quattro degli assalitori in uno scontro durato 30 minuti.
Tiroteios com os garimpeiros ilegais na região do Palimiu, veja o vídeo que os Yanomami filmaram. Pedimos ajuda às autoridades urgente! pic.twitter.com/UqlLfq9axn
— Dário Kopenawa Yanomami (@Dario_Kopenawa) May 12, 2021
Gli episodi di violenza ai danni degli indigeni dell’Amazzonia brasiliana sono ormai all’ordine del giorno; tuttavia, negli ultimi mesi il conflitto sta assumendo toni e dimensioni considerevoli e gli Yanomami si stanno opponendo con tutte le loro forze all’invasione di oltre 20.000 minatori d’oro illegali sulle loro terre ancestrali.
Una riserva e un popolo a rischio
La riserva, che si estende per 96.650 chilometri quadrati (una superficie più ampia del Portogallo), è abitata da 26.800 membri della comunità Yanomami.
Gli Yanomami accusano i minatori, tra l’altro, di aver portato la malaria nella riserva; li accusano anche di aver diffuso il COVID-19 che avrebbe ucciso 9 membri della comunità. Sul piano dei danni ambientali, i minatori avrebbero inquinato i fiumi con il mercurio usato per separare l’oro dal minerale.
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Dário Kopenawa, presidente della Hutukara Associação Yanomami, ha presentato rapporto al Funai, l’agenzia governativa per gli affari indigeni, all’esercito brasiliano, ai procuratori federali e alla polizia per denunciare il grave incidente del 10 maggio. Il Funai ha già avviato le indagini per far luce sugli scontri.
Secondo quanto riferito da Kopenawa, figlio del rispettato leader e sciamano Davi Kopenawa, i minatori hanno minacciato di tornare nella riserva per vendicare i loro feriti e ha quindi invitato le autorità brasiliane ad agire in maniera tempestiva e massiccia per proteggere la sua comunità, la cui sopravvivenza è a rischio.
Il piano distruttivo di Bolsonaro
La presidenza Bolsonaro però sembra non voler muovere un dito e non è un puro caso: il governo di destra da lui guidato ha un enorme interesse a sostenere l’estrazione mineraria nelle terre indigene a scopi commerciali e sta incoraggiando una nuova legislazione per legalizzare e regolarizzare i minatori d’oro illegali.
Bolsonaro ha nominato un membro della polizia a dirigere il Funai per indebolirlo, privandolo anche di fondi e, di conseguenza, della capacità di proteggere le comunità indigene del Brasile.
Secondo Survival International, Bolsonaro e i suoi alleati stanno prendendo di mira tutti questi territori, che resteranno vulnerabili fino a quando non saranno stati definitivamente demarcati come terre indigene.
Un senatore vicino a Bolsonaro, ad esempio, sta chiedendo che le dimensioni del territorio di Ituna Itatá vengano drasticamente ridotte, mentre politici statali e federali legati a potenti interessi nei settori del taglio del legno, dell’allevamento e dell’agrobusiness, stanno puntando ad altri territori.
“Il Presidente Bolsonaro è fortemente favorevole a questi letali tentativi di accaparramento di terre, e ha esplicitamente detto di voler aprire tutti i territori indigeni allo sfruttamento”, denuncia l’associazione.
Per questo con un video lanciato oggi le associazioni chiedono al governo brasiliano di rinnovare le ordinanze di protezione territoriale, di sfrattare tutti gli invasori, di proteggere efficacemente queste terre e di fermare il genocidio in Brasile #StopBrazilsGenocide
Fonti: Hutukara Associação Yanomami/Survival International
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