Perforazioni di petrolio a due passi dalla splendida e delicatissima barriera corallina brasiliana. Le autorità hanno frenato gli entusiasmi della BP che aveva in programma di andare a caccia di petrolio vicino alla grande barriera nella foce del Rio delle Amazzoni. Il governo brasiliano infatti ha inferto un duro colpo ai piani mettendo in dubbio la valutazione d'impatto ambientale dell'azienda
Perforazioni di petrolio a due passi dalla splendida e delicatissima barriera corallina brasiliana. Le autorità hanno frenato gli entusiasmi della BP che aveva in programma di andare a caccia di petrolio vicino alla grande barriera nella foce del Rio delle Amazzoni. Il governo brasiliano infatti ha inferto un duro colpo ai piani mettendo in dubbio la valutazione d’impatto ambientale dell’azienda.
Ibama, l’agenzia federale del Brasile per l’ambiente, ha respinto lo studio ambientale del colosso petrolifero britannico, ritardando ulteriormente i piani della compagnia di perforare l’area. La BP, lo ricordiamo, era la responsabile della piattaforma Deepwater Horizon, nel Goldo del Messico, che si rese protagonista di un gravissimo incidente nel 2010.
In una nota tecnica, l’agenzia ha criticato lo studio per la mancanza di dettagli su eventuali sversamenti di petrolio e sull’impatto che le perforazioni potrebbero avere sulla fauna selvatica locale. Per questo ha richiesto alla BP maggiori informazioni prima di consentire alla società di procedere con piani di perforazione.
Secondo i geologi, nell’area del bacino di Foz do Amazonas, la foce del Rio delle Amazzoni, potrebbero esserci ben 14 miliardi di barili di petrolio. Ma la presenza della splendida barriera corallina sta frenando le mire dei colossi che vogliono accapparrarsi l’oro nero.
Da tempo gli scienziati sospettavano che potesse esserci una barriera corallina nell’area, ma le sue dimensioni e profondità non sono state confermate fino a cinque anni fa, proprio mentre il governo brasiliano stava dando il via libera alle licenze di trivellazione. Nel 2013, BP, insieme alla compagnia francese Total e alla brasiliana Petrobras, ha raggiunto cinque blocchi esplorativi. Per poter trivellare però le aziende devono presentare una valutazione di impatto ambientale (VIA) all’Ibama.
Ed è quello che ha fatto BP. L’Ibama dal canto suo sostiene che la metodologia utilizzata nella VIA della compagnia petrolifera britannica per il blocco FZA-M-59 era “molto limitata” e il regolatore ha bisogno di più informazioni su quale potrebbe essere l’impatto di una fuoriuscita di petrolio nella regione.
Per Greenpeace, i rischi che la barriera corallina potrebbe correre sono elevati. Uno studio reso noto all’inizio del 2017 aveva rivelato che caso di fuoriuscita essa avrebbe il 30% di possibilità di esserne coinvolta. All’epoca un portavoce della BP assicurò che le operazioni sarebbero andate avanti solo se completamente autorizzate dalle autorità di regolamentazione brasiliane.
Solo poche settimane dopo, Unearthed trovò un documento secondo cui BP aveva l’intenzione di usare una sostanza chimica nota come Corexit in caso di fuoriuscita di petrolio. Il disperdente chimico è stato ampiamente utilizzato durante il disastro della Deepwater Horizon e tre anni dopo, gli scienziati hanno scoperto che la sostanza chimica ha avuto un impatto negativo sulle larve di corallo nel Golfo del Messico.
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Ma le polemiche non sono finite qui. Un gruppo di politici brasiliani ha chiesto aiuto ai giudici invitandoli a capire se ci sia stata qualche violazione della legge brasiliana nell’assegnazione di blocchi petroliferi offshore a società internazionali, tra cui BP.
Al momento, la barriera corallina brasiliana è salva.
Francesca Mancuso