Gli attivisti di Greenpeace non sono più pirati ma teppisti. Le accuse mosse delle autorità russe a seguito dal blitz pacifico alla piattaforma petrolifera nell'Artico diventano sempre più pesanti. Da ormai un mese, i 30 attivisti sono prigionieri nel carcere sovietivo di Murmansk
Gli attivisti di Greenpeace non sono più pirati ma teppisti. Le accuse mosse delle autorità russe a seguito dal blitz pacifico alla piattaforma petrolifera nell’Artico diventano sempre più pesanti. Da ormai un mese, i 30 attivisti, tra cui l’italiano Christian D’Alessandro sono nel carcere sovietivo di Murmansk.
Dapprima accusati di pirateria, ora di teppismo, i 30 detenuti di Greenpeace non conoscono ancora la loro sorte. Per la precisione, da ieri l’accusa non è più di “pirateria”, ma di “vandalismo” e ciò potrebbe costare loro fino a 7 anni di carcere.
La vicenda degli attivisti prigionieri in attesa di giudizio ha preoccupato anche l’Unione Europea. Il Commissario europeo Janez Potočnik, intervenendo ieri al Parlamento Europeo a Strasburgo, a nome della Commissione Ue, ha detto: “Mentre la nostra immediata preoccupazione va alla detenzione che continua e alle accuse manifestamente sproporzionate rivolte ai detenuti, non dovremmo perdere di vista la questione verso la quale queste persone stavano attirando la nostra attenzione e che dovremmo prendere tutti sul serio: come assicurare che le attività economiche nell’Artico non danneggino il fragile ambiente di questa regione”.
Anche le autorità europee dunque hanno colto il fine ultimo dell’azione di Greenpeace, tutelare l’Artico e scongiurare i rischi legati allo sfruttamento selvaggio del petrolio con nuove piattaforme offshore.
“Il cambiamento climatico sta già avendo un impatto significativo sull’ambiente artico – ha aggiunto Potočnik – e lo sfruttamento delle risorse naturali della regione pone una minaccia aggiuntiva se non avviene in modo sostenibile, con tutte le necessari precauzioni e consultando le popolazioni locali. Non possiamo neanche immaginare l’impatto che avrebbe una fuoriuscita di petrolio nell’Artico e la difficoltà e i costi dell’eventuale bonifica”-
E Vladimir Chuprov di Greenpeace Russia ha aggiunto: “Gli Arctic 30 non sono più teppisti di quanto non fossero pirati”. Secondo Chuprov si tratta di un assalto al principio stesso della protesta pacifica. “Questi uomini e donne coraggiosi si sono recati nell’Artico armati di niente di più del desiderio di far luce su un business spericolato. Noi contesteremo le accuse, inventate, di teppismo così come abbiamo fortemente contestato le accuse di pirateria. Entrambe sono frutto di fantasia, senza alcun rapporto con la realtà. Gli Arctic 30 hanno protestato pacificamente contro la pericolose attività di trivellazione petrolifera di Gazprom e dovrebbe essere liberi”.
Manifestazioni di solidarietà sono giunte da tutto il mondo, raccolte attorno allo striscione e all’hashtag #freethearctic30.
Francesca Mancuso
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