Grazie a uno studio condotto su licheni e arbusti di una zona di Roma, si sono rilevati alti livelli di metalli pesanti e di particolato nell'atmosfera.
Grazie a uno studio condotto su licheni e arbusti di una zona di Roma, si sono rilevati alti livelli di metalli pesanti e di particolato nell’atmosfera.
Esistono vari metodi per controllare l’inquinamento atmosferico alcuni dei quali biologici, basati sull’impiego di organismi viventi che fanno da bioindicatori e da bioaccumulatori, proprio come gli arbusti e i licheni, che sono in grado di assorbire e accumulare vari contaminanti presenti nell’atmosfera, tra cui metalli pesanti, idrocarburi clorurati, radionuclidi.
Ed è in virtù di questa loro caratteristica che sono diventati protagonisti di uno studio condotto dai tecnici dell’INGV, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, e dell’ARPA Lazio, Agenzia regionale per la protezione ambientale della Regione Lazio, pubblicato sulla rivista scientifica “Science of the Total Environment”.
La ricerca, che ha preso in esame un’area di Roma est dove spesso vi sono roghi di rifiuti elettronici ed elettrici, ha permesso, grazie ai licheni, di misurare le concentrazioni di metalli pesanti nelle polveri atmosferiche. E quelle di Roma sono risultate piene di particolato e metalli pesanti come nichel, rame, piombo e cromo.
Ma lo studio ha anche confermato l’importanza dei licheni, specialmente se combinati con altre analisi, nel biomonitoraggio magnetico, dimostrando quanto siano preziosi per monitorare l’inquinamento atmosferico e individuarne le cause.
Le analisi hanno evidenziato infatti che molte delle particelle incorporate nei licheni erano di origine antropica, collegate proprio a fenomeni di combustione, così diffusi nell’area.
Già in Calabria un’indagine aveva evidenziato la presenza nei licheni di diversi metalli come cadmio, rame, mercurio, piombo, zinco, e dell’isotopo radioattivo Cesio-137, come riportato in un articolo pubblicato nel Rapporto Ambiente Snpa edizione 2018.
E a proposito di Cesio-137, i licheni sono ottimi indicatori anche di radionuclidi aerodispersi negli ecosistemi, dato che gran parte dei loro nutrienti li ottengono dall’aria, come riportato dal Sistema Nazionale per la protezione dell’ambiente. Non a caso furono protagonisti di diverse ricerche condotte prima e dopo l’incidente di Chernobyl, in quanto capaci di accumulare radionuclidi in grandi quantità.
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Laura De Rosa
Photo Credit: sciencedirect